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martedì 30 aprile 2013

Lettera pastorale di Giovanni X, patriarca greco-ortodosso



     Amati figli!
 
     Vi rivolgo la parola oggi, quando sta per finire la santa Quaresima e ci prepariamo ad entrare nella Settimana santa, e i motivi di dolore ci circondano da tutte le parti. In tutte le regioni antiochene i rischi minacciano le nostre case, nel momento in cui gli eventi politici attaccano come una tempesta le nostre patrie. Tutto ciò rende l’uomo delle nostre terre minacciato nel suo pane, nella sua casa e nella sua vita. Siamo passati al vaglio ogni giorno con l’uccisione e con il rapimento; l’ultima tragedia subita è il rapimento dei nostri fratelli, il metropolita Paolo, arcivescovo greco-ortodosso di Aleppo e Alessandretta e delle loro dipendenze, e il metropolita Giovanni Ibrahim, arcivescovo siro-ortodosso di Aleppo, e l’assassinio del diacono che li accompagnava.

      Condivido con voi il dolore, dolore sentito anche da tanti fedeli della nostra chiesa, dolore causato dalle difficoltà subite, e lavoro con i miei fratelli, i membri del Santo Sinodo, per diminuire gli effetti di tali circostanze su di loro e sugli altri cittadini; e ciò fa parte del nostro messaggio. Tuttavia, noi non siamo pronti ad accettare ciò che l’uomo di oggi affronta. Lavoriamo oggi affinché il nostro rifiuto di tale realtà divenga una riflessione della nostra fede. Noi rifiutiamo tale realtà e la condanniamo; e, tuttavia, noi non abbiamo paura di colui che adotta la violenza, poiché siamo figli della resurrezione. Il fatto di essere vittima di uccisione, di rapimento, il fatto che le nostre istituzioni vengono distrutte, non diminuisce la nostra volontà di conservare la nostra cittadinanza comune, la convivenza, l’adesione alle nostre patrie e la richiesta della verità e della giustizia per le nostre terre. Perciò ciascuno di noi, sia nel territorio antiocheno sia fuori, è invitato ad esprimere la sua preoccupazione e il suo rifiuto di ciò che accade, lontano da ogni allineamento politico. La questione principale del cristianesimo è la questione dell’uomo, poiché nostro Signore si è incarnato per salvarlo.

      Colgo l’opportunità per fare, nel nostro nome, sia in patria sia fuori, un appello alla società internazionale per stimolarla a fare ciò che può per liberare i rapiti la cui assenza è causa di dolore; affrettarsi a porre fine a questa tragedia è oltremodo essenziale per evitare tutti i rischi che potrebbero risultare dalle probabili conseguenze. Questo nostro appello include pure un fervente invito a trovare una veloce soluzione alla situazione nel nostro amato paese, la Siria; e ciò in segno di pietà per questo popolo testimone di una cultura che gli proviene da una presenza umana di altissima qualità, da migliaia anni, e per evitare conseguenze che possono avere ripercussioni su tutta la regione.
 
     Entrando nel tempo delle passioni e della resurrezione, vi invito a rendere tale tempo un tempo propizio per proclamare la nostra unità di chiesa i cui membri sono radunati dall’ardente tensione verso la verità. Rendiamo questo periodo piu intenso del consueto di preghiere e suppliche. Così, come nostro Signore non ebbe paura della via della croce, anche noi siamo invitati a percorrere la stessa via, percependo che tramite la croce otteniamo la vittoria, poiché il nostro Signore è risorto dai morti e ci innalzerà con lui. Rendiamo più frequenti le nostre suppliche, affinché siano una testimonianza viva attraverso la quale preghiamo Dio di togliere per tutti l’ingiustizia, di donare il ritorno dei rapiti ai loro amati, la consolazione a quanti sono nella tristezza per la perdita dei loro cari e di ispirare i duri di cuore, perché smettano di danneggiare l’uomo, il proprio prossimo.

      Detto questo, invito tutti, fedeli e pastori, ad avvicinarsi alla domenica delle Palme con uno spirito nuovo, in modo che ricordino tutti gli eventi che la riguardano e li leggano nella luce di ciò che viviamo oggi. Invitiamo allora alla resurrezione dell’uomo, nel cuore, in queste patrie, così come il Signore risuscitò Lazzaro dai morti. Invitiamo a lavorare anche affinché il Signore entri nel cuore del mondo tramite il nostro servizio alla sua persona, come un tempo entrò vincitore a Gerusalemme […].

      Rivolgo un invito a pregare, in questa Settimana santa, con uno spirito umiliato e con  la coscienza che, tentati nelle difficoltà, troviamo in Dio il rifugio e che Dio non abbandona il piccolo gregge. L’amore, il servizio e il coraggio siano un ingresso nella gioia della resurrezione, gioia che non ci sarà mai rubata.
 
Giovanni X
patriarca greco-ortodosso
di Antiochia e di tutto l’Oriente


COMUNICATO
rilasciato dal Patriarcato Greco-Ortodosso di Antiochia e dal Patriarcato Siro-Ortodosso di Antiochia
martedì 23 aprile 2013


Lunedì 22 aprile 2013 ci ha assalito di sorpresa la notizia del rapimento dei nostri confratelli, il metropolita Paolo Yazigi, Arcivescovo di Aleppo e Alessandretta per i Greco-Ortodossi e il metropolita Giovanni Ibrahim, Arcivescovo di Aleppo per i Siro-Ortodossi, che erano diretti ad Aleppo, di ritorno da un incarico filantropico. Noi, addolorati per questo rapimento come anche per altri eventi simili che toccano i cittadini qualunque sia la loro appartenenza, desideriamo sottoporre le seguenti considerazioni all’opinione pubblica locale e internazionale:

1- I cristiani di queste terre sono una parte essenziale della composizione demografica dei popoli ai quali appartengono. Consoffrono con ogni persona che è nella sofferenza e lavorano come operatori di bene per impedire l’ingiustizia contro coloro che subiscono maltrattamenti. Essi seguono l’insegnamento del Vangelo, che afferma che l’amore è il fondamento e il principio assoluto dell’azione tra gli uomini. I comportamenti e le azioni ufficiali, in questo senso, delle Autorità spirituali delle Chiese mettono in evidenza tutto ciò, e l’incarico affidato ai due vescovi rapiti è in questa linea e in questo contesto.
2- I Cristiani di questo Oriente sono profondamente addolorati per tutta questa violenza che i loro paesi affrontano: violenza che crea fossati di distanza fra i membri di uno stesso popolo e causa rischi per la vita dei cittadini che conducono la loro esistenza nella pace. Il rapimento è un aspetto veramente terribile e da condannarsi senza esitazione di tale violenza, poiché disprezza la vita di singoli inermi. Noi, chiedendo ai rapitori di rispettare la vita dei rapiti, invitiamo tutti ad abbandonare tutto ciò che permetta o favorisca il conflitto confessionale e di parte tra gli appartenenti ad una stessa patria.
3- Noi comprendiamo la preoccupazione dei cristiani in conseguenza di tale evento. Li invitiamo ad essere pazienti, a conservare la loro fede, appoggiandosi su Dio la cui forza esiste anche nelle nostre debolezze. Riteniamo che il rimanere nelle nostre patrie e il fare il possibile affinché siano una terra di pace e convivenza, sia un grande ed efficace strumento per difenderle. Ci rendiamo pure conto che ci sono anche altri cittadini colpiti da eventi simili: preghiamo Dio affinché dia loro forza, li consoli, e insieme con loro innalziamo le nostre voci per rifiutare ogni tipo di violenza che accoltella la nostra patria e copre di sangue i nostri cuori.
4- Di fronte a questo evento di così grande dolore, invitiamo tutto il mondo a lavorare per porre fine a questa tragedia al cuore della Siria amata, affinché essa ritorni un paradiso di amore, sicurezza e convivenza pacifica, cosicché i problemi politici non trovino la loro soluzione a discapito degli uomini di questa regione.
5- Invitiamo tutte le Chiese sulla terra a custodire un atteggiamento fermo, atteggiamento che attesti la loro convinzione di ciò che l’amore possa fare nel mondo, sì da percorrere passi concreti che possano manifestare praticamente il loro rifiuto della violenza quale subisce l’uomo di questo Oriente oggi.
6- Cogliamo l’opportunità per invitare i nostri concittadini, di tutte le confessioni islamiche, a lavorare insieme, gli uni con gli altri, in modo da dimostrare che ci rifiutiamo di considerare l’uomo come un prodotto da acquistare o vendere, uno scudo utile nelle guerre, o una merce politica o finanziaria.
7- Ci rivolgiamo ai rapitori dicendo che i rapiti sono messaggeri di amore nel mondo, come attesta la loro missione religiosa, sociale e per la patria. Perciò invitiamo i rapitori a comportarsi in questo evento doloroso astenendosi da ogni violenza che non è utile se non ai nemici della nostra patria.
Infine, supplichiamo Dio in queste feste benedette, affinché ponga fine a questa tragedia, in modo che domini la pace negli animi di tutti e le nostre patrie ottengano la pace e la prosperità che meritano.

Il Patriarca Mar Zakka I (Iwas) e il Patriarca Giovanni X (Yazigi)