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mercoledì 8 maggio 2013

Dall'Europa, e anche dall'Italia, giovani combattenti tra gli insorti siriani


da Terrasanta.net

di Carlo Giorgi | 1 maggio 2013


 Tra gli stranieri che combattono in Siria al fianco dei ribelli, cresce il numero dei giovani europei convertiti all’Islam o degli immigrati residenti da anni nei Paesi europei.
 Un fenomeno che riguarda, pur marginalmente, anche l’Italia.

Secondo uno studio pubblicato dal Centro internazionale di studi sul fondamentalismo, istituzione costituita da università di molti Paesi (Israele, Pakistan e Giordania compresi), i giovani europei partiti dal 2011 per combattere in Siria potrebbero essere tra i 140 e i 600, ovvero tra il 7 e l’11 per cento del totale dei combattenti stranieri. Olanda, Belgio, Inghilterra e Francia i Paesi da cui parte il maggior numero di ragazzi.
Gilles de Kerchove, responsabile dell’antiterrorismo per l’Unione Europea, ha recentemente confermato alla Bbc che il numero potrebbe aggirarsi intorno ai 500. «Chi parte non sempre è un fondamentalista – spiega de Kerchove -. Molti lo diventano a causa della formazione che ricevono in loco. E questa loro trasformazione potrebbe crearci seri problemi quando torneranno in Europa».
Un reportage dell’Associated Press, ripreso ieri anche dal giornale degli Emirati Al Arabiya, racconta delle preoccupazioni di alcuni sindaci del Belgio testimoni della partenza di giovani concittadini per la guerra in Siria. Secondo Ap, alcuni giorni fa diverse abitazioni di Mechelen (o Malines), città di 80 mila abitanti e un’alta percentuale di immigrati musulmani, sono state perquisite dalla polizia, assieme a dozzine di altre case in tutto il Belgio, nel tentativo di «prevenire» l’arruolamento dei giovani tra i ribelli siriani. L’operazione è terminata con sei arresti.
Nel quartiere di Schaarbeek, a Bruxelles, il sindaco ha impedito una distribuzione di cibo per i poveri da parte di un ente benefico musulmano, per timore che potesse trattarsi di un’occasione di «reclutamento» dei giovani. Il divieto è stato imposto dal sindaco come conseguenza della sparizione di due studenti musulmani, probabilmente partiti per la Siria, studenti che avevano contatti con l’ente benefico in questione. Mohammed El Tamamy, sceicco della moschea di Bruxelles, nella preghiera del venerdì cerca di scoraggiare i giovani a partire: «Alcuni di loro pensano che partire dal Belgio e dell’Olanda per la Siria sia un modo per realizzare il jihad – ha spiegato el Tamamy -. Ma non è così: il jihad (inteso come guerra santa), nell’Islam, ha regole e condizioni. Per farlo devi venire autorizzato dalle autorità».

Il fenomeno delle partenze per la Siria riguarda marginalmente anche l’Italia. Fonti della comunità musulmana presente nella Penisola affermano che diversi giovani immigrati, di origine siriana o provenienti da altri Paesi arabi, hanno abbandonato gli studi o il lavoro per andare a combattere. «Conosco personalmente un siriano che dall’Italia è tornato in patria – racconta una nostra fonte –. Ne seguo le vicende perché posta le sue foto da combattente sulla sua pagina Facebook. Lui è potuto rimanere a combattere là perché è siriano; ma, da quel che ne so, diversi altri giovani non siriani, partiti dall’Italia con il desiderio di combattere, vengono rimandati a casa: o sei un soldato, o laggiù sei inutile. Anzi sei d’impaccio agli altri…».
«Non ho mai sentito di musulmani che dall’Italia siano tornati in Siria a combattere – racconta Asfa Mahmoud, direttore del centro islamico di via Padova, a Milano -. La comunità siriana di Milano è molto prudente. Si rende conto che anche l’opposizione, divisa com’è oggi, se prendesse il potere difficilmente riuscirebbe a governare. Per questo, credo, i siriani di Milano tendono a non farsi coinvolgere; al punto che, pur essendoci diversi medici tra loro, nessuno ha pensato di andare ad aiutare nei campi profughi in Turchia o Giordania».
Tra i musulmani d’Italia che partono per la Siria, ma in un modo pacifico ci sono, invece, i volontari dell’Islamic Relief, ong musulmana che porta aiuto nei campi profughi sul confine e all’interno del Paese.