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martedì 25 giugno 2013

“La nostra missione è di essere dei pazzi di Dio che continuano a portare la speranza a tutti coloro che pensano che non c’è più un futuro, che non c’è più né speranza né carità.”

Le Monache Trappiste : non ce ne andremo anche se gli islamici uccidono i monaci


"Sappiamo che il Signore non abbandona la Siria: chiedete tanta preghiera perché le logiche umane sono quelle che sono": a dire così è Suor Marta, una delle monache trappiste che vive in un monastero al confine tra Siria e Libano.
"Chiedete tanta preghiera ma anche un dialogo politico perché con le armi non si arriva a nulla". Contattata da ilsussidiario.net subito dopo la notizia che un monaco è stato ucciso nelle ultime ore nel convento francescano di Sant'Antonio da Padova a Ghassanieh, in Siria, Suor Marta esprime bene con le sue parole la situazione di caos sanguinario in cui ormai è sprofondata completamente la Siria. Un gruppi di ribelli islamisti ha attaccato il convento, penetrando al suo interno e rubando tutto ciò che potevano rubare. Nel fare questo hanno ucciso padre Francois Mourad, un monaco eremita che da qualche mese viveva ospite nel convento francescano. 

Suor Marta, voi conoscevate questo monastero? E' lontano da dove siete voi? 
Sì, in passato abbiamo avuto occasione di visitarlo. Si trova fuori Aleppo, in direzione nord ovest a un'ora e mezzo circa dalla città in direzione della montagna, in una zona abitata prevalentemente da cristiani e naturalmente dai padri francescani del convento di Sant'Antonio.

Come avete appreso la notizia dell'attacco? 
Al momento abbiamo ancora notizie frammentarie. Tra l'altro padre Francois, il monaco che è stato ucciso, lo avevamo anche conosciuto. Era un monaco che stava cercando di mettere su un monastero di eremiti, aveva qualche giovane con sé che lo stava aiutando nell'impresa.

 La zona di Aleppo era una zona a maggioranza cristiana, ma da quello che ci risulta molti cristiani sono fuggiti negli ultimi tempi.
 Sì, purtroppo sono fuggiti quasi tutti, sono rimasti giusto i padri francescani e qualche famiglia.

Invece nella zona dove è il vostro monastero come è la situazione? Temete anche voi degli attacchi? 
Fortunatamente la nostra zona è abbastanza tranquilla, anche se ovviamente anche qui ci sono combattimenti continui, tra gli abitanti dei villaggi sunniti e di quelli alauiti. Noi siamo vicini al confine con il Libano, è una zona di passaggio di armi e guerriglieri che poi si dirigono a Oms a combattere. Di notte si sente il rumore di scontri dove ci sono i posti di polizia. Ci sono combattimenti tra guerriglieri ed esercito, qualche colpo è caduto anche vicino al nostro monastero, ma niente direttamente contro i cristiani.

L'attacco al monastero francescano invece ci dimostra che il resto della Siria ormai è senza controllo. 
Ormai è così, ce lo hanno detto anche i nostri amici di Aleppo: l'esercito libero, quello che combatte Assad, ormai è quasi del tutto in mano ai fondamentalisti islamici. E' una vera guerra tra due eserciti, sono tantissime le armi di tutti i tipi: è guerra totale.

E i fondamentalisti islamici sono protagonisti di attacchi indiscriminati.
 Ormai è chiaro chi vuole questo tipo di violenza, è una parte chiara quella che esercita la violenza. Anche i sunniti che desideravano un cambiamento democratico della Siria sono ormai vittime come i cristiani della violenza fondamentalista. Fortunatamente adesso anche la stampa comincia a denunciare questa situazione dopo due anni di silenzio, ma la Siria è ormai sprofondata nella guerra totale.

La morte di questo monaco ha il sapore del martirio, quello che stanno vivendo tanti cristiani della Siria: dove trovate la forza di resistere? Potreste andarvene via in qualunque momento per non rischiare la vita.
La cosa che ci tiene qui è la coscienza di essere nelle mani di Dio, questa coscienza è una cosa reale. Questa dimensione è ancora presente nella vita dei cristiani della Siria. Nessuno vuole esser un eroe, ma la vita si vive in Dio: si riceve da Lui nel bene e nel male. E' questo quello che stiamo imparando dai siriani e noi cerchiamo di viverlo con loro.

Dunque non ve ne andrete, anche se gli islamici hanno cominciato ad attaccare i monasteri.
E' comprensibile che vada via chi ha famiglia, ma noi religiosi non possiamo farlo. Questa è diventata la nostra vita, questo è il nostro popolo. Per noi monaci poi la stabilità è una cosa importante nella logica dell'Incarnazione.
Grazie a Dio la nostra comunità in Italia ci sostiene in questo. Non vorremmo neanche andarcene: stiamo con la gente di qui e per provvidenza siamo in una situazione migliore che in altre parti della Siria. 
Voi in Europa e in Italia dite tante preghiere per noi, le logiche umane sono quelle che sono, ma sappiamo che il Signore non abbandona la Siria. Chiediamo tanta preghiera e un dialogo politico, perché con le armi non si arriva a nulla.

(Paolo Vites)
© Riproduzione Riservata.  


Custode di Terra Santa: P. Franҫois Mourad, ucciso dai ribelli islamisti a Ghassanieh



(AsiaNews) -  "L'uccisione di p. Franҫois Mourad è un triste fatto e un duro colpo per tutti i frati della Custodia di Terra Santa".
È quanto afferma ad AsiaNews padre Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, in occasione della morte del religioso siriano ucciso lo scorso 23 giugno a Ghassanieh, villaggio a maggioranza cristiana nel distretto di Jisr al-Shughur nella provincia di Idlib. I suoi funerali si sono stati celebrati ieri nel piccolo villaggio di Kanaieh a pochi chilometri da Ghassanieh.
Fino a ieri vi erano due versioni sulle dinamiche dell'omicidio, la prima parlava di un proiettile vagante, la seconda di un vero e proprio assalto compiuto da ribelli islamisti contro il convento di Sant'Antonio a Ghassanieh.
"La versione più attendibile - spiega p. Pizzaballa - è la seconda. Dalle foto e dalle testimonianze di nostri religiosi, nelle scorse settimane i ribelli hanno attaccato il villaggio, costringendo la maggioranza della popolazione a fuggire. L'unica zona tranquilla era proprio quella del convento di Sant'Antonio, che ospitava insieme a p. Franҫois alcuni frati francescani, quattro suore e dieci cristiani. Ma il 23 giugno i ribelli, che fanno parte di una frangia estremista islamica, hanno invaso anche quella".
Secondo il Custode di Terra Santa, gli islamisti hanno fatto irruzione nel convento, saccheggiando e distruggendo tutto. Quando p. Franҫois ha cercato di opporre resistenza per difendere le suore e le altre persone, i guerriglieri gli hanno sparato, uccidendolo.
"Al momento - aggiunge p. Pizzaballa - il villaggio è ormai completamente deserto. I ribelli si sono trasferiti lì con le loro famiglie e hanno occupato le abitazioni ancora in piedi". "Preghiamo - conclude - perché questa guerra assurda e vergognosa finisca presto e che la gente di Siria possa tornare presto alla normalità".
http://www.asianews.it/notizie-it/Custode-di-Terra-Santa:-P.-Franҫois-Mourad,-ucciso-dai-ribelli-islamisti-a-Ghassanieh-28294.html



La morte di padre François, un lutto per la presenza francescana in questa terra

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La presenza della Custodia in Siria è plurisecolare; i frati hanno sempre esercitato la loro missione di servizio alle popolazioni e continuano a farlo in questi tempi difficili senza distinzioni religiose o sociali o politiche.
Qualche settimana fa, le riviste Terra Santa della Custodia avevano informato che la Custodia, nella regione dell’Oronte, accoglie un “centinaio di persone, cristiani e musulmani sunniti e alauiti. Riescono a vivere insieme perché il sacerdote ha categoricamente proibito a tutti di parlare di politica nel monastero. Ma mancano di tutto: pane, acqua, elettricità. I frati e le religiose francescane fanno tutto quanto è loro possibile per procurare medicine e prodotti di prima necessità.”
La Custodia, nella misura del possibile, cerca di sostenere i suoi frati presenti in Siria, adoperandosi a far loro pervenire ciò di cui hanno bisogno. Ma i rischi che si affrontano per l’invio di viveri sono grandi. I frati, facendo valere il carattere religioso della loro azione, hanno stipulato degli accordi con i partiti per garantire i propri spostamenti. Ma in la situazione così imprevedibile e per il fatto che i gruppi estremisti infieriscono duramente, nessun spostamento può essere ritenuto sicuro anche per i religiosi. Il rapimento dei due vescovi, di cui si è senza notizie da ormai due mesi, ne è la prova.
Pertanto, nonostante tutti i rischi, i frati si prodigano senza sosta in soccorso della popolazione. Oltre alle cure che possono offrire nei loro dispensari, dove le Religiose francescane e le Suore del Rosario collaborano con loro, i frati accolgono i rifugiati in alcuni conventi che sono diventati dei veri e propri “dormitori”; distribuiscono viveri ai profughi e a tutti coloro che si presentano alle porte dei conventi; partecipano finanziariamente al restauro delle case distrutte appartenenti alle famiglie dei loro parrocchiani; aiutano i più poveri e, a volte, fanno da intermediari in caso di rapimento dei loro parrocchiani.
Il fatto di accogliere tutti, può causare ai frati della Custodia delle rappresaglie da parte dell’una o dell’altra fazione in lotta. Nel dicembre scorso, un convento è stato bombardato e da allora è deserto.

La morte di padre François è un colpo duro per tutti i frati. Tuttavia essi continuano ad essere di grande sostegno spirituale per le popolazione che servono. “La guerra ha ovunque e in tutto un impatto negativo, ma ha anche condotto i cristiani dei vari riti ad avvicinarsi gli uni agli altri, ad aiutarsi reciprocamente e a pregare insieme.” In alcuni villaggi dell’Oronte, i francescani sono i soli ad essere rimasti e celebrano i sacramenti per tutti i riti. Altrove, organizzano dei momenti di preghiera, dove tutti sono presenti.
“La nostra missione - dice un frate residente nell’Oronte - è di essere dei pazzi di Dio che continuano a portare la speranza a tutti coloro che pensano che non c’è più un futuro, che non c’è più né speranza né carità.”
La tragica situazione della Siria ci invita e di spinge a pregare perché la guerra finisca il più presto possibile. Soprattutto perché il conflitto sembra trascinare il vicino Libano verso un ritorno della violenza, così come porta a rendere fragile la situazione interna della Giordania, sommersa dall’affluenza dei rifugiati.

La Custodia lancia un appello alla comunità internazionale perché si cerchino concretamente vie di dialogo con tutte le forze militari presenti, perché venga istaurata prontamente una tregua e si operi per una conciliazione delle parti in conflitto. Nessuna delle misure adottate finora, e che sono solo servite ad aumentare la violenza e il numero dei morti, è stata capace di dare alla Siria ciò di cui ha bisogno: creare delle condizioni perché la pace possa ritornare al più presto.
Nella festa di san Giovanni Battista, che ha preparato la strada al Signore, possa la nostra preghiera ottenere da Dio il sostegno di cui i nostri fratelli in Siria hanno bisogno e guidare questa regione a ritrovare il cammino di una pace giusta e durevole. 
http://it.custodia.org/default.asp?id=4&id_n=23564




“L’ennesimo episodio di violenza, sempre ingiustificata, risvegli la coscienza dei Responsabili delle parti in conflitto e della comunità internazionale, perché, come più volte ripetuto dal Santo Padre Francesco, tacciano le armi e si apra finalmente la stagione della giusta riconciliazione per un futuro di pace”

L’affermazione è contenuta nel messaggio nel quale il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, assieme ai superiori e ai collaboratori del dicastero esprime dolore per la “barbara uccisione”avvenuta ieri in Siria di padre Francois Mourad. Il messaggio è stato indirizzato, al patriarca siro-cattolico, Youssif Ignace III Younan, e alla Custodia di Terra Santa. 
Padre Mourad, sottolinea ancora il messaggio, “è stato ricordato, insieme alle innumerevoli altre vittime, come pure ai vescovi, sacerdoti e laici rapiti, nella consueta preghiera che ha dato inizio alla nuova settimana di lavoro, nella cappella del dicastero. Come spesso affermava padre Murad – conclude il testo – “il desiderio dei cristiani in Siria e in tutto il Medio Oriente, è quello di poter rimanere nei luoghi in cui è risuonato il primo annuncio della salvezza, ‘mostrando nella quotidianità dei piccoli gesti il volto di Cristo’

Radio Vaticana ha raccolto la testimonianza di un religioso francescano in Siria, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza:

R. – Quello che so è che questo prete, questo monaco viveva lì, fra di noi, e aveva istituito anche un centro suo, vicino a Ghassanieh. Veniva spesso dai frati, si salutavano… A un certo punto, ho sentito che era stato ucciso a sangue freddo: l’hanno prelevato dal suo convento – hanno detto – l’hanno portato fino al nostro convento e davanti alla porta lo hanno ammazzato a colpi d’arma da fuoco. Poi sono entrati nel convento – sia nel convento nostro, sia dalla parte delle suore – e hanno rubato tutto quello che potevano rubare. E questa non è stata la prima volta che sono venuti: c’erano quindi dei precedenti. Questa notizia, quando l’ho sentita, mi ha colpito. Secondo me, questo modo di agire non è del popolo siriano. E’ il modo di gente che viene da fuori, di estremisti che vengono qui, da queste parti, per stroncare tutto quello che non è musulmano. E per questo ripeto che non sono siriani, ma persone che vengono da fuori, perché i siriano – sia cristiani sia musulmani – hanno vissuto insieme per secoli e non credo che in un tempo così limitato si possa cancellare così velocemente tutta questa storia di convivenza!

D. – Lei ha detto che l’Occidente, nell’appoggiare i ribelli…
R. – Sì, l’Occidente appoggia la rivoluzione. Aiutando però la rivoluzione senza distinzione, nessuno potrà garantire che tutte le armi dall’Occidente non vadano ancora nelle mani di questa gente. Non si può garantire che quello che diamo a un gruppo non passi ad un altro gruppo. Anzi, si può affermare il contrario: che non solo non stanno facendo cadere il governo, ma che invece stanno facendo cadere tutti i principi umani e della cultura umana

D. – Lei ha delle testimonianze che dicono che questi gruppi arrivano in una casa religiosa e intimano: avete 24 ore per andarvene…
R. – Sono andati in un altro convento di suore che sta vicino ad Aleppo e hanno dato loro 24-48 ore per lasciare tutto il complesso, perché Aleppo con i suoi dintorni è stata dichiarata un principato musulmano, e se è un principato musulmano ciò significa che nessuno che non sia musulmano potrà vivere in questo principato. Per questo, anche le suore devono lasciare il loro lavoro, perché il convento diventerà un centro di educazione e istruzione musulmana.

D. – Quindi, non si tratta di un caso isolato?
R. – No, no: non è un caso isolato. Anche se altri rivoluzionari, che sono un po’ più moderati, hanno detto che non risponde nemmeno al principio musulmano il fatto di cacciare via i cristiani. E’ questo che io dico e sostengo: e cioè, che musulmani e cristiani possono vivere insieme, a condizione che non vengano questi estremisti, in particolare dall’esterno del Paese.

D. – Cioè, da quali Paesi?
R. – Dai Paesi di tendenze religiose estremiste, come l’Afghanistan, la Cecenia… Sono stati trovati anche estremisti libici, tra questi rivoluzionari in Siria…

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/25/siria,_sacerdote_ucciso._il_card._sandri:_si_apra_presto_la_stagione/it1-704697
del sito Radio Vaticana


Il card. Sandri: tacciano le armi in Siria, pace per tutto il Medio Oriente

Con l’udienza da Papa Francesco si è conclusa la 86.ma Assemblea della Roaco, la Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, incentrata su “La situazione dei cristiani e delle Chiese in Egitto, in Iraq, Siria e in Terra Santa. Proprio su questi scenari si sofferma il comunicato finale della Roaco nel quale si ripercorrono le testimonianze dei delegati presenti evidenziando in particolare le difficoltà vissute da tanti cristiani in quelle aree ma anche il contributo offerto per la riconciliazione ed il bene comune. Ampio dibattito per il dramma dei profughi siriani e per la difficile situazione a Gaza. Romilda Ferrauto ha intervistato il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali e presidente della Roaco.

R. – La Siria è come un leitmotiv e così tutto il Medio Oriente. Il Papa ha invocato la cessazione immediata delle ostilità, delle armi – “Che tacciano le armi” – e che si possa così cominciare un cammino di pace, che sia di bene per tutto il Medio Oriente, soprattutto per quei Paesi che sono vicini, e per l’Iraq, il Libano, la Giordania e così via. Oggi il Papa ha confermato queste sue preoccupazioni nelle parole che ci ha rivolto e noi abbiamo avuto occasione di presentargli i tre testimoni che hanno parlato alla Roaco, insieme al nunzio apostolico, mons. Zenari, descrivendo la situazione che vivono: un gesuita di Homs, una suora di Damasco e un altro padre francescano del Nord della Siria, vicino ad Antiochia. Testimonianze che portano quasi, persino, a piangere nel vedere e nel sentire tutto quello che devono vivere ogni giorno, a contatto sia con le forze del governo che dei ribelli, e come devono stare accanto alla popolazione che è vittima di queste aggressioni degli uni verso gli altri. Sono vittime impotenti. La Santa Sede, quindi, è preoccupata; il Papa è preoccupato; e tutti noi vorremmo che al più presto inizi una trattativa, in modo tale che cessata la voce delle armi, si possa parlare per giungere ad una soluzione che salvaguardi, non dico solo gli innocenti e le vittime, ma che salvaguardi la dignità umana come tale, di tutti gli abitanti della Siria.

D. – Preghiere, solidarietà, appelli, c’è altro che la Chiesa può fare per fermare questo bagno di sangue interminabile?

R. – C‘è, senz’altro, un’azione da parte della diplomazia della Santa Sede, che come si sa è un’azione che si fa quasi sempre nella più grande riserva e prudenza, ma che cerca giustamente di insinuare questi principi. E attraverso questi valori, che sempre la Santa Sede e i Papi hanno proclamato, si cerca attraverso incontri con le autorità, attraverso i nunzi apostolici, attraverso gli ambasciatori, che sono qui presso la Santa Sede, di portare a questo convincimento, ossia che l’unica soluzione che possa portare alla pace sia la negoziazione e il confronto politico.

D. – Nella sua omelia, martedì mattina, lei stesso, durante la Messa per i cristiani in Medio Oriente, ha chiesto che si preghi anche perché i cristiani orientali non rispondano all’odio con l’odio. C’è una preoccupazione riguardo a questo: che i cristiani possano essere tentati di ricorrere a metodi non tanto cristiani, non tanto evangelici?

R. – C’è questo pericolo. Grazie a Dio finora non si è verificato. Non è male, però, ricordare questi appelli a rispondere al male con il bene e non al male con il male, in modo tale che i cristiani proseguano sempre, e tutti si prosegua, la via delle beatitudini, la via dell’umiltà, la via, a volte, dell’affronto, e si sappia offrire l’altra guancia se per caso si è perseguitati. 

D. – Non ignoriamo che qualche voce autorevole nelle Chiese locali pensa che a volte le dittature siano un male minore, rispetto al caos attuale. Lei vuole rispondere a questo?

R. – Sì, certamente questa convinzione di alcuni è parziale, perché forse non tengono conto di altri aspetti, che possono essere anche criticabili. L’obiettivo finale è sempre il rispetto dei diritti della persona umana e quindi che ci sia anche una democratizzazione, cui tutti possano prendere parte, e si costruisca una società, una nuova cultura della partecipazione di tutti i cittadini – cristiani o di altri religioni, anche quelle maggioritarie – al bene del Paese. Per cui, il desiderio ultimo sarebbe una costituzione, frutto certo di larghe intese tra tutti quelli che vivono nel Paese, ma intese attraverso il dialogo, non attraverso le armi, perché nella costituzione risulti la parità di tutti i cittadini di fronte alla legge, appartengano alla religione che appartengano, per contribuire tutti al bene della loro patria.

D. – Rimane, per terminare, anche il desiderio di mantenere i cristiani nel loro Paese?

R. – Noi vogliamo che i cristiani restino, perché quei Paesi non si possono capire, senza la presenza cristiana. Sono, però, tentati molto fortemente, per l’insicurezza, per la mancanza di lavoro, per la ricerca di un futuro per i figli, di lasciare questo Paese. E non dobbiamo cedere alla tentazione di conformarci a questo e dire: “Va bene, vadano via tutti i cristiani”. Al contrario, anche se ne restano pochi, che siano veramente il seme di un nuovo futuro dei valori che sono insiti nella coscienza cristiana.

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/06/20/plenaria_roaco._il_card._sandri:_tacciano_le_armi_in_siria,_pace_pe/it1-703206
del sito Radio Vaticana