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venerdì 6 settembre 2013

Adonis , il calcolo dei cinici e i cristiani di Maloula che scrivono al Congresso


Impossibile negare l’orrore dinanzi a quelle immagini strazianti di corpi ammucchiati: donne, uomini e bambini uccisi silenziosamente dai gas. Come sempre davanti a ogni morte violenta, a ogni strage, vi è un moto di ribellione e un senso di impotenza. Ma la realtà della politica internazionale è molto più cinica e complicata dei sentimenti immediati; l’orrore per la strage chimica nei pressi di Damasco – sulla quale ancora non si sono pronunciati gli ispettori dell’Onu – fa velo a considerazioni più prosaiche e meno nobili.

Perché la sorte dei milioni di civili e dei profughi intrappolati fra le opposte violenze sembra meno rilevante nelle cancellerie internazionali rispetto alla vera posta in gioco: che non è solo l’abbattimento o la difesa di Assad, ma la frantumazione dell’asse geopolitico iraniano e l’indebolimento dell’arco sciita, cresciuto come visibilità e potere negli ultimi decenni. Questo è l’obiettivo in Siria dei Paesi a maggioranza sunnita, in particolare quelli del Golfo: isolare l’Iran, evitare la stabilizzazione dell’Iraq a guida sciita, far crollare il principale alleato di Teheran, ossia la Siria, e indebolire la libanese Hezbollah. Da parte iraniana, vi è la volontà di resistere all’attacco, incuneandosi fra le divisioni politiche dei sunniti, indeboliti dal disastro della transizione politica post primavera araba.

È uno scontro sistemico che prescinde dalla realtà del singolo Paese e che rischia di durare molto a lungo, trascinando nel gorgo dell’instabilità tutto l’assetto del Medio Oriente post-1918. Come avvenuto per le guerre di religione europee, alla fine del conflitto geopolitico fra sciismo e sunnismo, l’intero panorama politico regionale potrà mutare fortemente.

Non vi è molto che la comunità internazionale possa fare per bloccare questa deriva di polarizzazione interna all’islam. E molto poco possono fare anche gli Stati Uniti, la cui perdita di prestigio e di influenza nella regione è avvenuta con una rapidità impressionante. Ma certamente, un attacco limitato e abborracciato come quello che si propone Washington non porterà alcun miglioramento. Il sospetto è che ci si stia orientando a "tirare un colpo" contro la forza militare di Assad perché le cose sul campo non vanno affatto bene per gli insorti. Dopo due anni di guerra civile, infatti, il regime bathista di Damasco non solo non è crollato, ma ha ripreso l’iniziativa militare.

Un attacco contro le sue basi aeree servirebbe a "ribilanciare le forze sul terreno". E, con tutta probabilità, a rendere ancora più devastante e brutale il conflitto. Del resto, diversi analisti americani e israeliani lo hanno detto senza giri di parole che nascondessero il loro feroce cinismo: più a lungo in Siria si scontrano senza prevalere Assad, l’Iran e Hezbollah, da una parte, e i fanatici islamisti e qaedisti, dall’altra, tanto meglio sarà per noi. Certo, non meglio per la popolazione siriana, né per quella libanese – il cui fragile Stato rischia sempre più di essere trascinato nel gorgo del conflitto – o per tutti gli abitanti della regione, seduti sull’orlo del vulcano.

Ma il preannunciato bombardamento franco-statunitense rischia di fare un’altra "vittima collaterale": la speranza di una ripresa dei negoziati sul nucleare con l’Iran. Il neo-presidente Rohani si sta muovendo con prudenza per superare i tanti ostacoli interni che impediscono un compromesso con l’Occidente sul programma atomico. Sono già partiti i segnali sotto traccia di questa disponibilità; ma un bombardamento Usa della Siria spazzerebbe via ogni canale di dialogo. E forse, a qualcuno, interessa soprattutto questo.
Dinanzi a questo scenario, allora, l’unica via sensata e possibile è quella di una ripresa dell’iniziativa politica internazionale. E l’avvio di negoziati sulla Siria che includano tutti gli attori. Senza preclusioni. Ciò aiuterebbe molto di più la popolazione siriana di quanto non possano fare i missili "intelligenti" – ma privi di ogni credibile strategia politica – che Washington promette di lanciare.

http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/siria-il-calcolo-dei-cinici.aspx


Lettera degli abitanti di Maloula: «I terroristi esigono che ci convertiamo all’Islam»

Gli abitanti di Maloula, villaggio a prevalenza cristiano conquistato ieri dalle forze ribelli, scrivono al Congresso Usa: «Quello che attende i cristiani delle nostre città nelle mani di terroristi come al-Nusra è terrificante»



TEMPI, 6 settembre 2013




Signore e signori,

permetteteci di farvi sapere quanto avvenuto oggi nella nostra città di Maloula, prima di ricordarvi dell’importanza di questa città. Alle quattro del mattino, ora di Damasco, i gruppi armati del cosiddetto “Esercito siriano libero”, i terroristi di Jabhat al-Nusra e gli assassini dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante hanno attaccato la nostra città, pacificamente situata nella provincia di Qalamoun. Poi hanno saccheggiato monasteri, chiese, trafugando le loro icone storiche, prima di esigere da tutti gli abitanti di convertirsi all’islam.

Sì, ecco cosa è successo all’alba di questo giorno nella nostra piccola città di Maloula. I gruppi armati si sono diffusi dappertutto, esponendo tutta la loro artiglieria in piazza dopo aver bloccato tutti gli accessi ai luoghi santi.


Questi atti criminali, questi saccheggi sistematici delle città cristiane, questo terrorismo che colpisce gli abitanti fa parte di un piano globale che ha lo scopo di cacciare i cristiani dalle loro terre d’origine. Ecco cosa stiamo vivendo ora che lo Stato è ancora forte. Cosa succederà quando non sarà più così, una volta che l’esercito degli Stati Uniti ci avrà bombardato?

Quello che attende i cristiani delle nostre città e villaggi, nelle mani di organizzazioni terroriste come Jabhat al-Nusra, è semplicemente terrificante. Possiamo forse sperare che tutte le terribili aggressioni subite dai monasteri e dalle chiese dalla cristianità – come a Ghassanieh, a San Simeone, a Homs – finiranno per risvegliare la coscienza del mondo perché riconosca il crimine terrorista commesso ai danni della Siria?
Noi non elencheremo neanche i massacri perpetrati in tutte le città e i villaggi dove abitano quelle che voi chiamate “minoranze”, perché li conoscete già nei dettagli!
Signore e signori, permettete che vi ricordiamo la storia di Maloula, che risale a migliaia di anni fa: all’epoca armena, quando dipendeva dal regno di Homs, all’epoca romana, quando si chiamava Celeokoboles, all’epoca bizantina, quando a partire dal IV secolo è diventata il centro di un episcopato di prima importanza durato fino al XVII secolo.
Permetteteci di parlarvi del Monastero di San Sergio , costruito nel VI secolo d.C. secondo la semplice architettura dell’epoca dei primi martiri. San Sergio era uno dei cavalieri di origine siriana giustiziato sotto il regno di re Maximanus nell’anno 297 d.C. Questo è una monastero che è rimasto intatto fino ad oggi!

Permetteteci di parlarvi del Monastero di Santa Tecla, dove sono conservati i resti della santa, figlia di un principe seleucide e cresciuta da san Paolo. Un luogo ben visibile da tutta la piccola città e dove l’acqua sarà per sempre “acqua benedetta”. Un luogo sorto davanti alla caverna dove lei si è rifugiata dopo essere sfuggita alla persecuzione dei romani. Un luogo che da allora è rimasto un simbolo della spiritualità e una testimonianza della vita dei santi. Qui i religiosi si prendono anche cura di tutti i pellegrini che vengono da ogni parte del mondo. Da lì si possono contemplare i rifugi rudimentali dove i primi cristiani hanno digiunato, meditato e pregato. Questo a riprova che Maloula è una città monastica dove si prega Dio il giorno come la notte.
Tutto questo è Maloula. Un luogo celebre meta di pellegrinaggi, dove una spaccatura nella montagna si riempie e si svuota dell’acqua in funzione delle stagioni, e dove i pellegrini sono venuti a cercare la benedizione, la guarigione e la purezza fin dalla notte dei tempi.

Gli abitanti di Maloula


http://www.tempi.it/siria-lettera-maloula-terroristi-islam
testo originale : Al-tayyar



Rinnoviamo l’invito a firmare l’appello per fermare l’intervento.