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venerdì 17 aprile 2015

La Passione della Siria continua: gli ultimi sviluppi e le prospettive per il futuro.


Lo schema con cui i media mainstream seguono alcune vicende internazionali si ripete con inesorabile monotonia. Inizialmente i mezzi di “informazione” sostengono -con grande dispiego di mezzi- la versione politically correct voluta dai cosiddetti poteri forti, successivamente, se le cose non vanno nel senso sperato da questi ultimi, fanno calare un silenzio tombale sull'argomento. E' quanto si è verificato anche per la tragedia siriana: a partire da marzo 2011 la realtà presentata dai media è stata quella di un popolo che lottava (inizialmente con mezzi pacifici e poi, per pura necessità, con le armi) contro un tiranno sanguinario, il Presidente Assad, i cui giorni erano però, si assicurava, contati. Qualche mese ed un piccolo aiuto delle potenze occidentali ed anche il “tiranno” di Damasco avrebbe fatto la fine di Gheddafi e di Saddam Hussein. Le cose però non sono andate così: in primo luogo l'esercito siriano, contrariamente ai desiderata di certe potenze occidentali, non si è dissolto dividendosi per linee confessionali, ma ha continuato a difendere compatto il Paese, per cui il sogno di una marcia trionfale su Damasco, che sembrava a portata di mano nel 2012, non si è realizzato. In secondo luogo i cosiddetti “ribelli” anti Assad si sono lasciati andare ad un tal numero di efferatezze, di stragi, di atti di pura barbarie che è diventato difficile, anche per una stampa mediamente priva di dignità come la nostra, continuare a presentarli come degli indomiti combattenti per la libertà e la democrazia. Infine la Russia si è messa di traverso ad un eventuale intervento delle potenze occidentali e non in senso metaforico, ma materiale, schierando le proprie navi tra le coste della Siria e le flotte dei paesi Nato nel momento in cui sembrava certo l'inizio dei bombardamenti.

La reazione dei media a queste “sfavorevoli circostanze” è stata quella consueta: far calare il silenzio sulla tragedia siriana.

Alcuni rovesci subiti dall'esercito di Damasco nelle ultime settimane hanno però risvegliato la speranza di una rapida caduta del “tiranno” ed ecco allora nuovamente i media occuparsi della vicenda, salvo ovviamente ignorare o deformare l'orrendo episodio dei missili su Aleppo nel giorno della Pasqua ortodossa.  

 Ma cosa sta succedendo veramente in Siria?, l'esercito regolare ed i suoi alleati (Hezbollah libanesi e milizie locali) sono realmente a rischio di essere travolti?, l'ISIL è effettivamente alle porte di Damasco?


Per poter tentare di dare una risposta è necessario sapere che, attualmente, in Siria sono attivi ben ottantadue fronti di guerra distribuiti praticamente su tutto il territorio siriano. Nei primi mesi del 2015, su molti di questi fronti l'iniziativa militare è stata nelle mani dell'esercito regolare che ha conseguito alcuni significativi anche se limitati successi. In particolare l'esercito siriano ha continuato il repulisti di tutta la regione frontaliera con il Libano (purtroppo creando problemi a quest'ultimo perchè gli islamisti in difficoltà in Siria passano il confine e vanno ad ingrossare le file di quelli libanesi). In questo settore è proprio di questi giorni la riconquista quasi totale della strategica area di Zabadani. Progressi sono stati registrati anche sul fronte di Deir Ezzor dove i paracadutisti del Generale druso Issam Zahreddine, aiutati da alcune milizie tribali sunnite, sono riusciti a riconquistare un'isola al centro della città ed alcuni villaggi del circondario, Al Kahanamat e Al Mahala, allontanando per ora la minaccia sull'aeroporto. Anche nei dintorni della città orientale di Hasaka diversi villaggi sono stati abbandonati dall'ISIL sotto la pressione delle truppe regolari siriane appoggiate, in questa zona, da milizie cristiane assire.




La situazione è invece molto delicata sul fronte nord, lungo il confine con la Turchia. Qui le varie sigle della galassia islamista possono contare su due fattori strategici a loro favore. In primo luogo l'appoggio logistico di ampi settori della sicurezza e delle forze armate turche che permettono il continuo passaggio di rinforzi e rifornimenti per le organizzazioni guerrigliere e che, secondo alcune fonti, talvolta intervengono direttamente negli scontri. In secondo luogo il fatto che nella regione le organizzazioni islamiste godono di diffuse simpatie presso alcuni settori della comunità sunnita. In altri termini in questa zona possono contare su un relativo appoggio popolare che manca loro, per fare un esempio, nella città di Damasco. A febbraio vi è stata comunque un'offensiva dell'esercito siriano anche a nord di Aleppo con la riconquista di numerose posizioni e la “quasi” liberazione di due villaggi sciiti assediati da due anni. Nelle settimane successive però, grazie a massicci aiuti arrivati attraverso il confine turco, le milizie islamiste sono riuscite a recuperare le posizioni perdute.


Complessa anche la situazione nel fronte sud, al confine con la Giordania e Israele. Anche in questo settore gli aiuti che arrivano da oltreconfine, permettono ai guerriglieri di resistere alle azioni dell'esercito regolare e di passare sovente al contrattacco.



Tre avvenimenti recenti sono stati indicati come significativi delle difficoltà in cui si troverebbe attualmente l'esercito di Damasco:la caduta delle città di Idleb al confine con la Turchia e di Boshra sul fronte sud e la conquista del campo profughi palestinese di Yarmuk, alle porte di Damasco, da parte dell'ISIL. 
Come valutare queste sconfitte? Devo premettere che, secondo me, l'esercito siriano non potrà mai sconfiggere completamente le milizie islamiste nè conseguire il controllo di tutto il territorio. Lo impediscono due fattori: la natura delle forze armate di Damasco, concepite più per grandi battaglie campali che per una azione di controguerriglia che richiede autonomia di decisione anche nei piccoli reparti e rapidità di azione, ma soprattutto il massiccio afflusso di aiuti e rinforzi che arriva ai guerriglieri attraverso i confini turco e giordano. Una guerriglia che dispone di “santuari” così importanti nei paesi confinanti e che viene dagli stessi continuamente alimentata non è eliminabile. Basti pensare che, dall'inizio della guerra ad oggi, si calcolano in molte decine di migliaia i guerriglieri eliminati, senza che questo abbia influito più di tanto sulla capacità operativa delle milizie islamiste. Segno che queste ricevono dall'estero un continuo flusso di nuovi combattenti, volontari o mercenari che siano.


Questo però non vuole dire che l'esercito siriano sia sul punto di crollare e che quindi agli islamisti stiano per spalancarsi le porte per l'agognata cavalcata su Damasco. Le strutture militari sono tuttora ben salde ed ancora recentemente l'ambasciatore di Russia in Siria ha assicurato che il suo paese fornirà a Damasco le armi di cui ha necessità per la sua difesa. Anche l'appoggio popolare al regime di Assad è ancora consistente. Damasco è una città di tre milioni di abitanti, in stragrande maggioranza favorevoli al regime baathista. Analogo discorso per Latakia e la regione costiera. Difficile credere che queste realtà siano disponibili a consegnarsi a persone che hanno dimostrato di trattare i loro nemici (o presunti tali) con spaventosa crudeltà. Le immagine di persone torturate, bruciate vive, decapitate, crocefisse sono ben presenti a tutti quei siriani che, in qualche modo, per appartenenza politica o credo religioso, ritengono di poter essere nel mirino degli islamisti. Anche i recenti vantati successi della guerriglia non sembrano poi essere così decisivi: Idleb è stata abbandonata dall'esercito a causa della sua inferiorità numerica al momento dell'attacco nemico. Attualmente però le forze armate di Damasco, dopo aver ricevuto rinforzi, sono attestate tutto intorno alla città e stanno cercando di tagliare le linee di approvvigionamento dei guerriglieri con la Turchia anche se, per il momento, non sembrano intenzionate a tentare la riconquista del centro urbano. Yarmuk era già, da almeno due anni, quasi interamente controllato da fazioni palestinesi legate ad Hamas e contrarie ad Assad. La novità consiste solo nel fatto che queste fazioni hanno stretto un'alleanza con l'ISIL che ha potuto così entrare nel campo dove, peraltro, non sono presenti truppe siriane. Boshra infine è una cittadina la cui perdita – peraltro non confermata – starebbe solo a dimostrare l'incapacità dell'esercito siriano a controllare contemporaneamente tutto il territorio coinvolto dalle operazioni belliche.


E quindi? Se la guerriglia -così massicciamente appoggiata dall'esterno- non può essere definitivamente sconfitta, ma il governo baathista ha ancora sufficienti forze per resistere quale potrà essere il futuro prossimo della Siria? Purtroppo solo la prosecuzione della guerra, con nuovi lutti, nuove distruzioni, nuovi sanguinari atti di crudeltà e fanatismo, nuove sofferenze. Spegnere questo incendio, le cui fiamme già hanno avvolto il vicino Iraq e stanno lambendo il Libano, è una decisione che potrebbe essere presa solo dalla comunità internazionale. Duecentocinquantamila morti e la quasi totale distruzione del Paese non sono state sufficienti a spingere verso questa scelta. Evidentemente qualcuno, da qualche parte, ha deciso che, per l'umanità è giunta l'ora di spalancare le porte del Caos...

M. Villani per 'Appunti'