In un resoconto inviato al Pontificio Consiglio per la famiglia, i giovani riferiscono la loro esperienza. “Tutti gli anziani – raccontano in una lettera – erano molto meravigliati della nostra visita perché, per via dei bombardamenti, da tempo nessuno li andava a trovare: si tratta infatti di una zona della città molto pericolosa. Dopo averli salutati ci hanno raccontato le loro storie. Ci hanno detto che, per via della guerra, tanti dei loro figli sono emigrati e tanti di loro hanno la casa distrutta. Abbiamo ascoltato con molta attenzione e aiutato alcuni anziani impossibilitati a muoversi a scendere in giardino perché, non essendoci elettricità, nelle stanze faceva parecchio caldo. Abbiamo cantato e danzato con loro, abbiamo fatto di tutto per farli sentire amati nonostante si sentano abbandonati. L’esperienza vissuta con noi – concludono i giovani di Aleppo – pensiamo proprio abbia fatto sperimentare a queste persone la speranza nella vita e la fiducia nell’amore di Gesù”. 
  Nella lettera i giovani raccontano anche delle difficoltà in cui vivono le loro famiglie, a causa della guerra, ma anche della generosità di tanti di loro, come quella ragazza che “ci ha chiamati per dirci che voleva mettere a disposizione parte del suo stipendio per aiutare gli anziani. Piano piano poi, seguendo il suo esempio, altri giovani hanno fatto lo stesso gesto, e cosi la Provvidenza si è rivelata abbondante. Una mamma ha chiesto al suo bimbo se voleva dare qualcosa prelevandola dai suoi soldini. Alla sua domanda, a cosa servivano questi soldi, la mamma ha risposto: ‘per comprare cibo per gli anziani del ricovero’. Il bambino ha quindi subito rotto il suo salvadanaio contribuendo con gioia”. “Nonostante tutto il dolore e l’assurdità della guerra – conclude la lettera – dal nostro incontro al ricovero abbiamo sentito nascere in noi e in questi anziani una nuova speranza per un mondo governato dalla pace”.