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martedì 28 marzo 2017

Incontri nella Siria dei 6 anni di guerra: (3) Mons. Abu Khazen. Il cuore del padre

In occasione della celebrazione per i 12 anni della presenza in Siria delle Monache Trappiste , ci raggiunge Mons. GEORGES ABOU KHAZEN, VESCOVO DI ALEPPO E DEI LATINI DI SIRIA. 
Gli chiedo quali sono le preoccupazioni del suo cuore di pastore.


"I timori sono parecchi: abbiamo molta paura per l'avvenire della Siria, su come andrà a finire, perché non è per niente chiaro; e poi soprattutto per il futuro della Chiesa, con questa emigrazione costante dei giovani e delle giovani famiglie, per cui si rischia di rimanere non solo in pochi, ma anche solamente persone di età avanzata, mentre il futuro della Chiesa sono i ragazzi e i giovani. Però nell'Antico Testamento abbiamo l'esempio del piccolo resto che il Signore ha salvato, ed era gente che dal punto di vista umano non valeva niente, non era niente, e quindi il Signore è capace veramente di tutto.

Tuttavia, anche il mezzo a tutto il buio che ci circonda e alle cose non chiare, abbiamo pure tanti punti luminosi che ci danno sicuramente speranza: abbiamo molti cristiani che sono molto più impegnati cristianamente, molti che sono tornati ai valori genuinamente cristiani tra cui, molto importante è il punto del perdono: atteggiamento che assolutamente non è facile... eppure vediamo persone che soffrono veramente e pregano per i loro persecutori. Questa è una cosa commovente e credo che il Padre Celeste non dimenticherà questi gesti.
  Abbiamo anche molta più condivisione! E' vero che sono tutti nella necessità, ma qui abbiamo parecchi fedeli che danno tutto quello che hanno, come la vedova della parabola del Vangelo: ad esempio, quando manca l'acqua e non c'è elettricità, parecchi portano l'acqua con i bidoni e se trovano un vicino di casa che abita al quarto o quinto piano, un anziano, un'anziana o un malato gliela portano su con una gioia e un amore veramente cristiano. Così pure con la luce: noi dobbiamo fare l'abbonamento ai generatori di elettricità, ma talvolta ci sono persone che non hanno di che pagare; allora molti tra noi cristiani, vedendo queste estreme necessità, cercano di aiutare, condividendo con chi non può, collegando il loro impianto elettrico con un cavo, in modo che possano almeno vedere la televisione.
 La nostra preoccupazione, la nostra paura, oltre che sul futuro della Chiesa, è anche per il futuro della patria, perché quelli che se ne sono andati sono le persone più preparate, quelli in grado in futuro di prendersi delle responsabilità, e questo ci dà veramente da pensare e ci mette un po' in ansia per il futuro.
 Ma io ho anche una grande fede, perchè il cristianesimo è nato proprio qui ad Antiochia: dalla Siria dopo Gerusalemme sono partiti in tutto il mondo, qua i discepoli sono stati chiamati per la prima volta cristiani e qui è avvenuta la conversione di San Paolo: quindi so che il Signore sa utilizzare le persone al momento giusto. Perciò io credo che la nostra presenza qui in Oriente non sia una presenza qualsiasi ma credo che per noi sia una vocazione e una missione da adempiere.
 Non importa forse nemmeno il nostro numero o la nostra influenza sociale, ma quello che più conta per noi è di essere obbedienti alla parola di Dio, fare quello che vuole Lui. Per questo io chiedo anche a voi di pregare per noi, affinché possiamo discernere cosa vuole lo Spirito da noi in questi avvenimenti e per il nostro futuro.

 E' proprio questa la nostra quaresima: seguire il cammino di Gesù anche senza vedere dove ci conduce. Saliamo con Gesù fino a Gerusalemme, certi che dopo la croce c'è la resurrezione."