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venerdì 26 luglio 2019

Assad, c’è posta per te


Tra le diverse, e di segno opposto, presentazioni della 'lettera di papa Francesco al presidente Assad' 
(di cui non è stato reso pubblico l'originale), 
riceviamo e volentieri pubblichiamo la garbata  sintesi dell'amico Giovanni Maria Lazzaretti.

La settimana scorsa descrivevo la facilità con la quale il sistema mediatico può creare realtà che non esistono e celare verità che esistono. E’ tutta una questione di soldi, in fondo: l’invio di reporter in giro per il mondo costa troppo, e quindi ci si accontenta. Al massimo fai parlare Lucia Goracci da Istanbul (quando parla di Siria sta quindi a 1500 km da Damasco), per il resto prendi i rilanci di agenzia, ti fidi, li rielabori e li trasformi in servizio televisivo.

Nel 2011 qualche pensatoio internazionale creò la “cornice Siria”, che prevedeva tre concetti: (1) «il dittatore sanguinario Bashar al Assad» (2) «i ribelli moderati» (3) «la guerra civile siriana». Sono “buoni giornalisti” coloro che parlano e scrivono rispettando la cornice; chi esce dalla cornice, è tagliato fuori.
Fonti uniche d’informazione: le emittenti televisive Al Arabiya e Al Jazeera, l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani, i Caschi Bianchi.
Al Arabiya è controllata dall’Arabia Saudita, paese coinvolto nel conflitto. Al Jazeera è controllata dal Qatar, altro paese finanziatore dei “ribelli moderati”. L’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani è costituito da un’unica persona, Rami Abdel Rahman, che vive in Inghilterra, a Coventry, e che non va in Siria dal 2000. Dice di avere una rete di 200 informatori, ovviamente “coperti”.
I Caschi Bianchi in apparenza sono volontari che assistono le vittime di guerra (nei territori controllati da Al Nusra, filiale siriana di Al Qaeda). Ma sono stati fondati a Istanbul da un ufficiale britannico in pensione, James Le Mesurier, con esperienza nel mondo delle società di sicurezza private, di concerto con l’ambiente dei “ribelli moderati”. E’ quindi un’organizzazione che “fa parte dell’ingranaggio” e agisce perfettamente inserita nella “cornice Siria” descritta prima.
Dopo Afghanistan, Iraq, Libia, la “cornice Siria” è l’ennesima balla planetaria. La realtà è che Bashar al Assad è il Presidente legittimo di uno Stato multietnico, multireligioso, multiculturale. L’occidente lo elogiava fino a un attimo prima della guerra. Uso le parole di Napolitano a Damasco nel 2010: «Difficile non rimanere colpiti dalla bellezza del Paese e dall’ospitalità del suo popolo. Esprimo apprezzamento per l’esempio di laicità e apertura che la Siria offre in Medioriente e per la tutela della libertà assicurate alle antiche comunità cristiane qui residenti».
Il giovane Assad, vocazione da oculista e Presidente per necessità, con una modesta dose di ingiustizia teneva a bada, da uomo forte, la più grande forma di ingiustizia: il caos. I ribelli moderati semplicemente non esistono: è esistita all’inizio una forma pacifica di protesta, nella quale si sono infiltrati gruppi armati preparati da anni, finanziati dall’occidente e dai loro alleati della penisola arabica.
Non c’è quindi una guerra civile siriana, ma semplicemente l’azione del governo legittimo per ripulire la Siria dalle forze che vogliono smembrarla. Il piano Feltman-Bandar, piano USA-Saudita, mira a creare zona alawita, zona sciita, zona sunnita e zona curda, miscelando i territori di Iraq e Siria. La caduta di Assad è la condizione necessaria. E tanti saluti ai cristiani, che Assad protegge.
La “cornice Siria” continua a resistere mediaticamente. Ma sul campo c’è la possibilità che le forze dell’Esercito Arabo Siriano e dei suoi alleati riescano a vincere, restituendo alla Siria la sua unità e la sua dignità. Mancano alcune sacche di resistenza residua dell’ISIS, ci sarà da ragionare sulla zona curda, e poi c’è Idlib.
In maggio Assad e alleati hanno iniziato l’offensiva contro Idlib, l’unica zona ancora in mano ai ribelli e da tempo controllata da gruppi radicali e jihadisti. Offensiva ovvia: chi mai vorrebbe essere governato da gruppi radicali e jihadisti? Un Presidente ha la responsabilità del suo popolo, non può lasciarlo in mano ai jihadisti. Sarà un’offensiva dolorosissima, visto che Idlib è piena di sfollati di guerra e di milizie sloggiate da altre aree.
In questo contesto arriva ad Assad una lettera di Papa Francesco, recapitata dal cardinale Turkson. Il testo esatto della lettera non lo conosciamo, ma i commenti fanno cadere le braccia.
Titolo: «Il Papa scrive ad Assad per chiedere la fine delle violenze del regime». Questa è buffa. Liberare Idlib da gruppi radicali e jihadisti sarebbe “violenza di regime”?
Titolo: «Il Papa ha perso la pazienza con Assad». Eh, anche Assad ha perso la pazienza con l’occidente che finanzia la guerra jihadista, oltre a imporre assurde sanzioni al popolo siriano.
Il cardinale Parolin ha commentato: «Papa Francesco rinnova il suo appello perché venga protetta la vita dei civili e siano preservate scuole, ospedali e strutture sanitarie. Quello che sta accadendo è disumano e non si può accettare. Il Santo Padre chiede al Presidente di fare tutto il possibile per fermare questa catastrofe umanitaria, per la salvaguardia della popolazione inerme. Proprio oggi Unicef ha denunciato la distruzione di 8 impianti idrici che portavano acqua potabile a 250mila persone nella zona di Idlib, governatorato situato vicino al confine con la Turchia».
Dimentica di accennare che la colpa di tutto viene dall’occidente e dagli alleati della penisola arabica che hanno finanziato i terroristi e pianificato la distruzione della Siria. E che la maniera migliore per fermare la catastrofe umanitaria è cessare le sanzioni, e consentire una rapida vittoria dell’Esercito Arabo Siriano. I civili patiranno cose indicibili, non c’è dubbio. I cristiani le patiscono già adesso, sotto la cappa plumbea dei jihadisti di Idlib.
Parolin mi rattrista: le sue parole sono corrette, ma non risuonano come una potente alternativa cristiana; suonano come voce insipida inquadrata nella “cornice Siria” imposta dal sistema mediatico.
L’unica forma che consente alle minoranze di sussistere all’interno dell’Islam è la presenza di un uomo forte di impostazione laica. Non pretendo che la Santa Sede faccia l’elogio di Assad. Ma almeno non ostacoli la sua vittoria. 
Giovanni Lazzaretti

venerdì 4 maggio 2018

Democrazia e Islam

L'amico Giovanni Lazzaretti risponde ad osservazioni che ha ricevuto a seguito del precedente articolo "San Charbel salvi la Siria" . 

Damasco - Domenica, 6 maggio 2001  PELLEGRINAGGIO GIUBILARE DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II 


«Buongiorno Lazzaretti. Ho letto i suoi articoli sulla Siria e vedo molte semplificazioni. Bisognerebbe almeno tenere conto che…». Eccetera.
E’ un’obiezione classica, e la risposta è univoca: «Caro amico, un articolo di giornale non è un trattato. L’articolo deve trasmettere una “idea-forza”, semplificando all’osso la situazione descritta. Dietro l’idea-forza ci devono essere, ovviamente, le pezze giustificative che la confermano. Quindi il problema chiave è: l’articolo, necessariamente sintetico, dirige il lettore verso la verità o verso i luoghi comuni?» 


E con la Siria? Le sintesi riportate dai media ci portano verso la verità o verso i luoghi comuni?

Leggo da Wikipedia che «le iniziali proteste (del 2011) avevano l'obiettivo di spingere alle dimissioni il presidente Assad ed eliminare la struttura istituzionale monopartitica del Partito Ba’th».
Interessante. Ma la struttura monopartitica con che cosa potrebbe essere sostituita in un paese a maggioranza islamica? Ci sono tre possibilità.

Prima possibilità: si vuole sostituire il monopartitismo di Assad con un monopartitismo di tipo diverso. E qui basta ricordare «chi lascia la strada vecchia per la nuova…». Il monopartitismo di Assad garantiva pace, benessere, convivenza tra le minoranze; possibilità di mangiare, curarsi, lavorare, studiare, viaggiare, pregare; nessuna necessità di emigrare; nessun debito pubblico. Non è scritto da nessuna parte che un altro monopartitismo potrebbe fare di meglio; e soprattutto non si può usare la violenza per sostituire un bene certo con una speranza vaga.

Seconda possibilità, quella indicata da Wikipedia: «col radicalizzarsi degli scontri si aggiunge con sempre maggiore forza una componente estremista salafita che, anche grazie agli aiuti di alcune nazioni sunnite del Golfo Persico, si pensa possa aver raggiunto il 75% della totalità dei combattenti. Tali gruppi fondamentalisti hanno come principale obiettivo l'instaurazione della Shari’a in Siria». L’introduzione della Shari’a in Siria è certamente peggiorativa rispetto al monopartitismo di un presidente laico. Eppure USA + Gran Bretagna + Francia, che si fregiano dell’etichetta di democratici, detestano Assad e sostengono le milizie violente e fondamentaliste che vogliono la Shari’a.

Terza possibilità: introdurre una democrazia occidentalizzata in Siria. E qui viene da ridere. Solo chi non sa più cos’è la democrazia può pensare che la si possa introdurre in un paese a maggioranza islamica.

La democrazia funziona così.
(1) Esiste la legge naturale universale. Precede le leggi degli Stati, le guida, le giudica.
(2) La democrazia è superiore rispetto ad altre forme di gestione dello Stato solo se è fondata sulla legge naturale universale. Altrimenti diventa solo un formalismo democratico – elettorale.
(3) L’Islam per sua natura è incompatibile con la democrazia, avendo nel suo DNA diverse violazioni della legge naturale universale (quanto meno la disparità tra uomo e donna, tra mussulmano e non mussulmano).
(4) L’Islam non può quindi aderire alla vera democrazia, ma solo al formalismo democratico - elettorale.
(5) Il formalismo democratico nell’Islam lo si può imporre, ma si constaterà subito che non funziona: o vincono le elezioni i fondamentalisti, e ricadiamo quindi in un’altra forma di regime; oppure chi vince non è in grado di controllare il territorio, vedi Iraq, Libia e, a breve, Tunisia (ha iniziato a «portare avanti le riforme strutturali richieste dal Fondo Monetario Internazionale», ossia tagli e tasse: vedrete che a breve riesplode).

Nell’Islam vediamo storicamente 4 macro-forme di governo: dittature che non lasciano spazio alle minoranze (Arabia), regimi collettivi fondamentalisti (ayatollah in Iran, talebani in Afghanistan), presidente forte e laico (Saddam, Assad, Gheddafi, Mubarak), formalismo democratico (l’attuale Libia, l’attuale Tunisia, l’Egitto per qualche mese). Non vediamo, né mai potremo vedere, la democrazia vera fondata sulla legge naturale universale.

Possiamo quindi affermare che i media ci portano verso i luoghi comuni: «Assad è un dittatore e i dittatori devono cadere».
Lavorano invece per la verità i pochi giornalisti che sostengono Assad come uomo chiave per consentire alle minoranze di sussistere all’interno della Siria.

Resta da capire come mai la triade democratica USA + Gran Bretagna + Francia ami tanto le dittature fondamentaliste tipo l’Arabia Saudita, e detesti i presidenti forti e laici come Assad. Io credo che amino l’Arabia Saudita perché in fondo si assomigliano: il formalismo democratico senza la legge naturale universale diventa infatti “dittatura della maggioranza”. O addirittura “dittatura della minoranza”, se guardiamo il caso di Macron in Francia.
Mettete insieme “finanza + negazione della legge naturale”, e vedrete che USA + Gran Bretagna + Francia + Arabia Saudita stanno proprio bene insieme.

Giovanni Lazzaretti
Taglio Laser, la Voce di Reggio, 28 aprile 2018

sabato 14 aprile 2018

San Charbel ( e Padre Bottegal) salvi la Siria


Nessun testo alternativo automatico disponibile.


Prendo una notizia da Repubblica. Potrei riprenderla da qualunque giornale, tanto tutti gli articoli sono in fotocopia: dipendono da rilanci d’agenzie, mica hanno una squadra di giornalisti sul posto.
«Un nuovo attacco aereo a Douma con armi chimiche provoca almeno 100 morti e mille feriti. Continua una guerra diplomatica Usa-Russia, con Washington che chiede ai russi di abbandonare Assad e Trump denuncia “l'insensato attacco chimico” con un tweet in cui punta il dito contro il presidente Putin: “La Russia e l'Iran sono responsabili per il sostegno all'Animale Assad. Ci sarà un alto prezzo da pagare”. Una fonte dell'amministrazione fa sapere che la Casa Bianca non esclude la rappresaglia contro Assad: un raid missilistico contro obiettivi del regime siriano. “Non escluderei” alcuna opzione, ha affermato alla Abc Thomas Bossert, consigliere di Trump per la sicurezza nazionale e l'antiterrorismo, in contatto con Trump da sabato sera per valutare una risposta. “Quelle foto sono orribili - ha aggiunto -, in questo momento stiamo esaminando l'attacco”».

Che pena. Già il dire “quelle foto sono orribili” indicano che Bossert si fida delle foto. Di quelle foto, ovviamente, non sappiamo (1) quando sono state scattate (2) dove sono state scattate (3) da chi sono state scattate (4) perché sono state scattate.

Ad esempio, avete già visto la povera bimba che chiude gli occhi alla sua bambola per non vedere gli orrori della guerra? Ce l’hanno già propinata come bimba di Gaza anno 2014, bimba siriana anno 2016, bimba siriana anno 2018. Pare che sia semplicemente una bimba turca 2007 che sta giocando, ma anche questo non ha importanza. L’unica cosa certa è che una foto non è nulla e da una foto non si può dedurre nulla.

Per sapere (1) SE sono state usate armi chimiche (2) QUALI armi chimiche sono state usate (3) DA CHI sono state usate (4) PERCHE’ sono state usate, occorre ovviamente una lunga inchiesta indipendente e realizzata sul posto. Quanto può durare un’inchiesta simile? Diversi mesi, sicuramente. Se gli Stati Uniti partono in tromba per bombardare, significa solo che volevano bombardare, punto e basta; e le armi chimiche sono il solito pretesto.
Si accoda Macron, ovviamente: «Il presidente Macron ha detto che la Francia deciderà nei prossimi giorni con gli alleati Usa e Gb come rispondere al regime siriano sul presunto attacco con armi chimiche nella Ghouta. Eventuali raid degli aerei francesi avrebbero come obiettivo le “capacità chimiche” del regime siriano». Rispondere a un “presunto” attacco. Che pena.

Naturalmente si accodano anche i politici locali (Trump è brutto sporco cattivo; ma diventa un bravo ragazzo se si mette a bombardare Assad). Il neo-capogruppo PD al Senato Andrea Marcucci ha detto che «ciò che sta accadendo in Siria è inaccettabile. L'utilizzo delle armi chimiche va condannato, così come gli autori e mandanti di tale scellerati azioni. Nessuna attenuante per tale cieca violenza che ci ricorda le stragi nazifasciste della fine della seconda guerra mondiale». Anche Marcucci, ovviamente, per fare queste affermazioni perentorie, non sa niente di più di quello che sa Trump. Ossia nulla.

Vi ricordate la “madre di tutte le fake news” siriane? Si cominciò con il rapimento della bella Amina, la ragazza lesbica di Damasco che “combatteva” il regime di Assad. In realtà la bella Amina era Tom McMaster, un americano che scriveva da Edimburgo. Ma se andate a rivedervi l’articolo di Repubblica del 9 giugno 2011 troverete non solo la inesistente Amina «fermata da tre agenti in borghese armati e costretta a entrare nella loro auto nei pressi della piazza degli Abbasidi della capitale siriana», ma troverete addirittura «la sua partner Sandra Bagaria, intervistata in Canada dal New York Times».

E’ una noia, ormai. Mentre la verità è così semplice: l’occidente vuole distruggere la Siria dopo aver distrutto Afghanistan, Iraq e Libia. E prima di distruggere l’Iran.
Come è stato distrutto l’Afghanistan? Imputando ai Talebani la copertura di Osama Bin Laden, autore dell’attacco alle Torri Gemelli. I Talebani hanno sempre negato di c’entrare qualcosa con la vicenda dell’11 settembre. Ma i media li detengono gli USA, non i Talebani.
Come è stato distrutto l’Iraq? Imputando a Saddam le inesistenti “armi di distruzione di massa”.
Come è stato distrutta la Libia? Accusando Gheddafi di “bombardare il suo popolo”. Il suo popolo: il popolo più ricco dell’Africa, con il massimo livello ISU (Indice di Sviluppo Umano), senza debito, senza emigrazione, senza disoccupazione.
Come distruggono la Siria? Imputando ad Assad la “repressione di un movimento pacifico”, movimento che in realtà è stato da subito una guerra civile finanziata dall’esterno, dove più dell’80% dei “ribelli” sono miliziani non siriani.

La realtà della Siria era questa.
(1) Un paese senza debito. E si sa che “un paese senza debito fa rabbia agli usurai”. Assad aveva portato una grande prosperità in Siria; e paradossalmente le sanzioni avevano costretto la Siria a fare da sé i prodotti di consumo, finendo addirittura per esportarli.
(2) Un presidente amato. La gente ha la vaga idea che la Siria sia uno stato musulmano. In realtà è uno stato laico, dove tutte le religioni sono rispettate, compresa la minoranza cristiana. Era un paese “democratico”? Assad rispose una volta «Dipende con chi mi confrontate. La Francia è più democratica di noi. Ma noi siamo certamente più democratici dei vostri alleati della Penisola Arabica.» Assad è l’uomo giusto per imporre il pugno di ferro sull’islamismo radicale.
(3) Un paese dove tutti i “fondamentali” erano garantiti. Pace, benessere, convivenza tra le minoranze, possibilità di mangiare, curarsi, lavorare, studiare, viaggiare, pregare. Nessuna necessità di emigrare.

Ogni volta che i media iniziano a parlare di armi chimiche, significa una sola cosa: che l'esercito siriano ha appena ottenuto una vittoria importante. Assad vince a Ghouta, liberandola dai miliziani invasori (e Ghouta è la porta di Damasco) e prontamente gli USA e i loro media tirano fuori la notizia delle armi chimiche per aver la scusa di bombardare.

Scrivevo il 27 aprile 2017 un articolo sulla Siria intitolato “Gli sceneggiatori sono stanchi”. Oggi sono ancora più stanchi, perché la Hollywood della guerra ripropone sempre la solita solfa e la solita conclusione: Assad è cattivo e arrivano i missili USA a esportare democrazia. Trump in Siria come Obama in Libia. E io, con quest’articolo, vado a ripetere le stesse cose di un anno fa.

Ad rivum eundem lupus et agnus venerant, siti compulsi.
«Cur - inquit - turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?»
«Qui possum facere quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor.»
«Ante hos sex menses male - ait - dixisti mihi».
«Equidem natus non eram!»
«Pater, hercle, tuus male dixit mihi!»
Atque ita correptum lacerat iniusta nece.
Come dite? Che paragonare Assad a un agnello è eccessivo? Niente di eccessivo. Chi non ha accesso ai media è sempre e comunque l’agnello. Verrà divorato dal lupo nell’applauso generale: l’Aquila americana colpisce il dittatore! Ma non c’è dittatore peggiore di chi usa i media per i propri scopi. Chi ci ha mentito su Afghanistan, Iraq, Libia, potrà mai dirci la verità sulla Siria?

Di fronte a questa situazione c’è ormai una sola possibilità: invocare San Charbel Makhluf, santo libanese, santo del Medio Oriente, di fermare gli americani e di salvare Assad e la Siria. Se potete condire la preghiera con un po’ di digiuno, viene meglio.

Giovanni Lazzaretti
Taglio Laser, la Voce di Reggio, 14 aprile 2018

mercoledì 26 aprile 2017

Gli sceneggiatori sono stanchi


7 giugno 2011: «Arrestata in Siria la blogger di “A gay girl in Damascus”». «Era la voce della libertà in un Paese in cui ogni diritto è calpestato. Era una donna, era lesbica. Amina Abdallah Arraf cercava di gridare al mondo il disagio e i soprusi che le persone ogni giorno vivono in Siria. Lunedì un'auto dei servizi segreti l'ha prelevata e di lei si è persa ogni traccia». Pochi giorni dopo si scopre che Amina, che da mesi teneva banco col suo blog, era Tom McMaster, un americano che scriveva da Edimburgo.
Quando si parla di “fake news” teniamo in mente questa vicenda: un isolato come Tom McMaster ha imbrogliato l’intero sistema mediatico. E quindi chi davvero gestisce l’informazione non ha difficoltà a creare notizie false.
I vaccini contro le fake news sono tre: un ampio archivio di notizie certe, una memoria viva e allenata, un uso continuo della logica. E poi ci sono alcune linee guida:
  1. Un video o una foto non sono mai una notizia; chi li usa vuole spesso trasmetterci una notizia falsa.
  2. Dipendere solo da rilanci d’agenzia equivale a non avere informazioni o ad avere informazioni false.
  3. Quando un’informazione scatena una reazione immediata, le probabilità che sia falsa sono alte. Perché? Perché una persona con un minimo di cervello verifica prima di agire. E per verificare occorrono giorni o mesi. Se reagisce subito, significa che vuole cavalcare l’onda emotiva, per cui è probabile che la notizia sia stata costruita ad arte.
  4. Sono preziose le informazioni fornite in tempi non sospetti e riguardanti altri scenari. Ad esempio all’attacco chimico di Halabja del 1988 Wikipedia attribuisce l’uccisione di 5000 curdi.
Seguendo queste linee è possibile costruire una “macro notizia” attendibile sulla Siria.

C’era una volta la Siria, paese che godeva di una relativa pace, di un relativo benessere, di una ragionevole convivenza tra minoranze. Mangiare, curarsi, muoversi, lavorare, studiare, viaggiare, era la norma. Il paese era senza debiti e senza emigrazione. Il tutto grazie anche a Bashar al-Assad, che aveva imposto il pugno di ferro sull’islamismo radicale.
Oggi la Siria è un paese distrutto e affamato, con 400.000 morti e milioni di sfollati.
In mezzo cosa c’è stato? Una guerra di ribellione dell’islamismo radicale contro l’ordine e il benessere. Nel remoto inizio ci furono manifestazioni di piazza per avere “più democrazia” (come se uno Stato a maggioranza islamica potesse davvero avere democrazia), ma la regìa occidentale (quel mix dove USA Francia e Gran Bretagna lavorano insieme a paesi dittatoriali della Penisola Arabica) aveva già predisposto l’apparizione dei “ribelli moderati” in armi. Moderati per i media, islamisti radicali nella realtà.

In Siria gli stanchi sceneggiatori ci ripropongono lo stesso copione libico: il dittatore contro il suo popolo, i bombardamenti di ospedali, gli orrori generici attribuiti ad Assad. E quando la popolazione festeggia la liberazione di Aleppo, non sanno più cosa dire. Ci propinano allora la bambina senza famiglia che corre tra le macerie, hashtag #Save_Aleppo: poco importa che l’immagine sia tratta da un videoclip del 2014 di una cantante libanese.

Arriva poi l’attacco“chimico” da 70 morti, ridicolo sia rispetto ai morti totali della guerra di Siria sia rispetto alla realtà di un vero attacco chimico. Ma la responsabilità di Assad è “certa” e Trump tira i missili.
Solerte si accoda il nostro ministro Alfano, dicendo che la reazione è “proporzionata”. Naturalmente anche Alfano dipende solo da rilanci d’agenzia, avendo rinunciato a usare la logica. L’unica cosa assodata è che “Assad se ne deve andare”. Perché mai? Forse la Siria creata da Assad era peggiore della Siria creata da questo orrendo conglomerato di occidentalismo e islamismo?
Nel 2011 un ministro libico commentava: «Una commissione ONU che fosse venuta a verificare cosa stava davvero accadendo il Libia vi sarebbe costata meno del lancio di un solo missile». In Siria non sarebbe stato diverso. Ma perché muoversi e indagare? E’ tanto comodo dipendere da rilanci d’agenzia e ripetere le cose che gli stanchi sceneggiatori hollywoodiani ci dicono di credere.

«Un paese che non si indebita fa rabbia agli usurai». La finanza internazionale vuole sempre degli “Stati mendicanti”, bisognosi dei loro soldi. Uno Stato che riesce a farcela da solo prima o poi finisce male. Non so se è una regola generale, di certo vale per la Libia e la Siria.
    Giovanni Maria Lazzaretti  
    Taglio Laser, Vita Nuova, 21 aprile 2017

mercoledì 10 settembre 2014

Di cosa c'è bisogno in Siria? : 'Riconciliarsi e farli fuori'

MAALOULA:  MARTIRI DELLA FEDE




Video di Samaan Daoud: testimonianze sul martirio di Antonio, Michail e Sarkis , uccisi per Cristo a Maaloula 



 7 settembre 2014, San Giovanni da Lodi

Caro Direttore,

in Siria “c’è bisogno di perdono, di riconciliazione, di ricostruire il tessuto sociale” e al contempo “c’è bisogno di farli fuori”.

E’ insolito sentire dalla stessa voce due affermazioni che sembrano in contraddizione. Ci sono conferenzieri che spingono sul perdono e la riconciliazione in Siria. Altri che incitano allo sterminio dei jihadisti. Il siriano Samaan Daoud ha parlato mercoledì 3 settembre nel salone parrocchiale di San Martino in Rio (strapieno) ed ha affermato entrambe le cose, senza timore di entrare in contraddizione.
“Damasceno di nascita, siriano di cittadinanza, cattolico di fede” Samaan vive la guerra in diretta, aiutando quei giornalisti seri ai quali “è rinato il desiderio di vedere a occhi aperti”: mostra loro la verità della guerra, della Siria, di Assad ultimo baluardo di sicurezza. Come cattolico che vive in Siria ha sperimentato per decenni la possibilità di vivere la fede all’interno di un contesto islamico: sa quindi che, se il perdono va rivolto a tutti, la riconciliazione e la ricostruzione del tessuto sociale non possono raggiungere tutti.
C’è un confine, aldilà del quale occorre agire e fermare i regimi criminali.

Chi ha letto “I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo” di Vladimir Solov’ev ricorderà la discussione tra il vecchio generale russo e il Principe, fautore dell’Amore universale. Il generale rivendicava il titolo di “esercito cristiano” per la sua armata, in particolare quando sterminò un reparto di basci-buzuk, volontari irregolari dell’impero ottomano.
Finito il massacro, il generale dovette tenere a bada i suoi cosacchi, ai quali “prudevano le mani per andare a frugare nelle tasche dei morti”, col rischio di prendersi chissà quali pestilenze.
IL PRINCIPE: “Ecco com’è il vostro esercito cristiano!”
IL GENERALE: “Intendete parlare dei cosacchi!? Ma quelli sono dei veri briganti! Lo sono sempre stati.”
IL PRINCIPE: “Io mi domando in quale modo la guerra può essere «un’impresa grande, onorevole e santa» quando dalle vostre parole salta fuori che essa è una lotta di briganti contro altri briganti?”
IL GENERALE: “«Una lotta di briganti contro altri briganti». Però, vedete, negli altri c’è qualcosa di completamente diverso. O non penserete in realtà che compiere qualche spoliazione sia la stessa cosa che arrostire un bimbetto sui carboni ardenti sotto gli occhi della madre?” (Pratica eseguita dai basci-buzuk in un villaggio armeno, NdR) “Vi dirò una cosa. In tutta questa faccenda mi sento la coscienza così pulita che anche ora alle volte rimpiango con tutta l’anima di non essere morto dopo di aver dato il comando per l’ultima salva di mitraglia. E non ho il minimo dubbio che se fossi morto allora, mi sarei presentato direttamente all’Altissimo coi miei trentasette cosacchi caduti sul campo e avremmo certo occupato il nostro posto in paradiso accanto al buon ladrone evangelico”.
La discussione prosegue poi a lungo, sulla guerra e sull’amore evangelico. Credo però di aver estratto un punto essenziale: c’è una gradualità del male, c’è un’area nella quale è possibile riconciliarsi e ricucire i rapporti, e c’è un’area nella quale la “rigenerazione morale” del nemico colpevole risulta impossibile.
Occorre fermarli. Come? Con la guerra, visto che i basci-buzuk dei nostri tempi hanno creato uno Stato. E la guerra normale si svolge come invasione di una terra da parte di truppe, che mettono i nemici in condizioni di non nuocere. Nemici morti, come accade spesso nelle guerre. Nemici prigionieri, se capita.

Chi dovrà fare questo lavoro? Qui Samaan ha richiamato un proverbio : «Chi ha portato l'asino sul minareto sa come farlo scendere». Chi ha portato l’asino sul minareto? Ossia, chi ha consentito la fondazione del Califfato? Gli Stati Uniti con armi e finanziamenti (nonché con la distruzione dell’Iraq), vari stati occidentalisti (mi rifiuto ormai di chiamarli “occidentali”) in particolare quelli che hanno distrutto la Libia, trasformando il paese più prospero dell’Africa in un campo di addestramento per jihadisti, l’Arabia, gli Emirati del Golfo, la Turchia con la sua frontiera “spugnosa”: tutti questi hanno creato le condizioni per la nascita di quel particolare “islam politico” che gestisce il Califfato.

Chi ha creato questo orrore riconosca le sue colpe, chiuda frontiere, commerci sporchi e finanziamenti. E proceda in fretta per “farli fuori”.
 I poveri siriani, i poveri iracheni, non si salvano con l’ignavia.

Giovanni Lazzaretti

mercoledì 1 agosto 2012

In Siria «rinforzi» sunniti dall'estero


In Siria, tra gli oppositori del regime di Bashar Al Assad, sta combattendo un numero crescente di militanti stranieri del Jihad islamico.

Terrasanta.net | 1 agosto 2012

Guerriglieri fondamentalisti che provengono dalla Libia, dal Kuwait, dall’Arabia Saudita; ma anche dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dagli Stati Uniti. Alcuni di loro possono vantare un curriculum da «professionisti» delle rivolte islamiche, essendo giunti in Siria dopo aver combattuto in Libia. Per tutti la motivazione religiosa è fondamentale; e la loro presenza sul campo, carica il conflitto siriano dei toni cupi della «guerra di religione», essendo i jihadisti sunniti ferocemente opposti agli alawiti di Assad.
L’allarme era stato lanciato nelle scorse settimane dall’Onu e dal governo iracheno che spiegava di come cellule di al Qaeda fossero penetrate in Siria dal confine con l’Iraq. Oggi documenta una storia simile un reportage ripreso a diversi quotidiani mediorientali, tra cui il Jordan Times di Amman.
L’autore del reportage, Suleiman Al Khalidi dell’agenzia Reuters, racconta di aver incontrato al confine con la Turchia, due giovani, Abdullah Ben Shamar, studente saudita di 22 anni, e il suo amico libico Salloum, in procinto di entrare illegalmente in Siria per combattere. «È nostro dovere andare in Siria e difenderla dai tiranni alawiti che stanno massacrando il suo popolo», spiega Abdullah. Secondo lo studente, lui e il suo amico starebbero seguendo le orme dei loro antenati, che combatterono in schiere inviate dal profeta Maometto, all’alba dell’era musulmana, per liberare la grande Siria da quelli che consideravano come barbari bizantini. I barbari del Ventunesimo secolo, sostengono Abdullah e il suo amico, sono Assad e le sue coorti, espressione del governo della setta minoritaria degli alawiti. Gli estremisti sunniti, come i combattenti stranieri che in questo periodo si stanno recando in Siria, provano un odio viscerale per gli alawiti di Assad, che considerano alla stregua di infedeli, esattamente come gli sciiti dell’Iran che sostengono Assad.

«Finalmente la popolazione musulmana della Siria si è levata in piedi – dice Shamar – dopo che Assad e gli alawiti hanno saccheggiato il Paese con l’aiuto di hezbollah. I musulmani di tutto il mondo non possono rimanere senza far nulla per aiutare la rivolta». Abdullah e Salloum si sarebbero conosciuti in Gran Bretagna, ormai diversi anni fa, nella città di Brighton, dove si erano recati per frequentare un corso di lingua inglese.
Salloum, 24 anni, è uno studente dell’università di Tripoli, facoltà di Chimica, e ha combattuto in Libia, nella battaglia di Zawiya, vicino alla capitale, prima la caduta di Muammar Gheddafi. Essere in Siria rappresenta per lui un dovere religioso. «I nostri fratelli siriani hanno bisogno di tutto l’aiuto possibile – ha spiegato –, poiché a differenza della Libia, la comunità internazionale li ha abbandonati». Salloum, che desidererebbe unirsi alla Brigata Ahar Al Sham (la brigata «per la liberazione di Damasco», composta in gran parte da stranieri) sostiene che è una delle massime aspirazioni di un musulmano quella di partecipare al jihad.
Suleiman Al Khalidi, il giornalista autore del reportage, che è cittadino giordano, fu stato arrestato dalle forze di sicurezza siriane nel maggio 2011, mentre seguiva gli eventi della rivolta in atto nel Paese. Una volta liberato ha pubblicato la sua esperienza di prigioniero e le torture di cui è stato testimone.
Diversi comandanti del Libero esercito siriano in attività del Nord Ovest della Siria confermano che negli ultimi mesi molti militanti stranieri si sono uniti alle loro forze: vengono da Libia, Kuwait, Arabia Saudita; ma anche dalla Gran Bretagna, dal Belgio e dagli Stati Uniti. Diversi di loro sarebbero figli di siriani emigrati in Occidente perché oppositori della famiglia Assad. La maggioranza di questi combattenti stranieri si sarebbero concentrati nella provincia di Hama, nella Siria centrale, dove alcuni jihadisti più esperti, ex combattenti in Afghanistan, li starebbero formando alla guerriglia e all’uso delle armi. Se ad Hama - il maggior centro della rivolta contro Assad - i jihadisti sono centinaia, se ne trovano alcuni anche a Damasco, ma in numero troppo limitato per mettere in scacco l’esercito regolare.
http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=4132&wi_codseq=SI001 &language=it


PERCHE' PREGO PER LA SALVEZZA DI ASSAD 

di Giovanni Lazzaretti

Caro Direttore,
è possibile la democrazia in un paese islamico? La risposta sarebbe stata banale, fino a qualche decennio fa; oggi non più. Bisogna infatti fare un passo indietro e chiedersi: cos’è la democrazia?
La democrazia secondo i nostri Padri Costituenti era più o meno: legge naturale universale + Costituzione che cerca di tradurre la legge naturale universale + rappresentanza parlamentare che cerca di legiferare secondo Costituzione e secondo legge naturale universale. Questo schema, pur con molte sbavature, definiva il “mondo occidentale”.
Da qualche decennio però sono apparsi gli “occidentalisti”. Gente che crede nella “democrazia procedurale”, dove la rappresentanza parlamentare genera le maggioranze, e le maggioranze decidono ciò che vogliono, anche contro la Costituzione e contro la legge naturale.
Torniamo quindi all’inizio. E’ possibile la democrazia in un paese islamico? Poiché l’islam non conosce la legge naturale universale, è ovvio che la democrazia del primo tipo non può esistere. Può esistere solo la democrazia procedurale. Quindi: elezioni, affermazione di una maggioranza islamica, introduzione della Shari’a più o meno mascherata. Democrazia procedurale che si trasforma in democrazia totalitaria, come direbbe Giovanni Paolo II.
ismSmettiamola quindi di parlare di “occidentali”: parliamo invece di “occidentali” (ossia “quelli della legge naturale”) e di “occidentalisti” (ossia “quelli della democrazia procedurale”). Questi ultimi si trovano benissimo con gli stati di matrice islamica, e meglio ancora con le monarchie assolute islamiche: condividono infatti con loro la negazione della legge naturale.
E così perché stupirsi se Arabia Saudita, Qatar e occidentalisti di varia matrice hanno lavorato assieme per distruggere le dittature laiche dell’Iraq e della Libia, e adesso lavorano per la distruzione della Siria?
Saddam e Gheddafi erano dittatori? Certamente. Assad è un dittatore? Certamente. Ma chi altri, se non un dittatore laico, può convincere un paese a maggioranza islamica a rinunciare alla Shari’a e a trattare con un certo rispetto la minoranza cristiana?
“Abbattere un dittatore” è una frase che ci riempie la bocca. Ma abbattere un dittatore attraverso ribelli infiltrati da ogni dove, estranei al paese “da liberare”, e posti sotto l’egida delle monarchie assolute della penisola arabica è una cosa che a un occidentale dovrebbe far venire il voltastomaco. Non agli “occidentalisti”, però.
Abbiamo già la Libia sulla coscienza, Libia dove alle recenti elezioni si poteva scegliere tra le tre correnti dei Fratelli Mussulmani, dei salafiti che vogliono un islam più puro, e degli islamo-affaristi, aperti alla Shari’a e ai buoni traffici. La liberazione delle donne attuata da Gheddafi, a breve diventerà un sogno: la Shari’a regnerà sovrana.
In Siria non sarà diverso. Salvo che in Siria i cristiani sono il 10% e le loro sofferenze sono e saranno immani con l’avanzata del “libero esercito” di matrice arabo-qatariota.
Per quali motivi una democrazia occidentale dovrebbe essere alleata delle monarchie assolute dell’Arabia Saudita, del Qatar e degli Emirati nel loro intento di ridisegnare la carta del Nord Africa e del Medio Oriente? Non c’è alcun motivo valido.
Da occidentale mi permetto quindi di avversare le monarchie assolute arabiche, di avversare gli occidentalisti che le appoggiano, e di pregare per la salvezza di Assad. Dittatore. Mussulmano. Ma non islamista.
Cordiali saluti
Giovanni Lazzaretti
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