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sabato 25 aprile 2020

A sette anni dalla scomparsa dei due vescovi di Aleppo.


Di seguito riportiamo l'intero comunicato stampa dei Patriarchi Ortodossi, pubblicato il 22 aprile, anniversario del loro rapimento.
  Trad. Gb.P. per OraproSiria


Amati fratelli e figli spirituali,
Cristo è risorto! In verità, è risorto!

Fratelli miei, vi inviamo il saluto di Pasqua, condividendo le vostre preghiere nelle vostre case piegando con voi le ginocchia del cuore davanti a Cristo, che è stato crocifisso per noi, che è risorto dai morti e ci ha portato alla vita con la sua luce divina, asciugando la polvere dei tempi amari, le ceneri della desolazione e della disperazione delle nostre anime.

Tuttavia, la luminosità della Pasqua rimane imperfetta a causa in particolare della scomparsa dei nostri due fratelli, i vescovi di Aleppo, il metropolita Paul Yazigi e Youhanna Ibrahim, rapiti il 22 aprile 2013. Oggi ci stiamo rivolgendo a voi con tutto il cuore e al mondo intero, per dirvi che i cristiani di questo Medio Oriente, così come di altre comunità, continuano a pagare il pedaggio del terrorismo e della violenza con le loro vite e le loro persone: sfollamenti, rapimenti, omicidi e molte altre avversità. Nonostante tutto ciò, rimangono fedeli alla loro promessa d'amore per Gesù Cristo, come il Signore che li ha redenti sulla Croce e li ha stabiliti in questa regione dell'Est duemila anni fa, al fine di trasmettere la luce del suo Vangelo.
Dal loro rapimento fino ad oggi, le migliaia di tentativi e gli innumerevoli sforzi fatti per ottenere informazioni sul destino dei due vescovi sono stati vani. Tutto questo in mezzo a masse di dati, indizi, analisi e sondaggi che spesso complicano e scompigliano tutte le prospettive.

Da allora sono trascorsi 2.557 giorni e non abbiamo risparmiato alcuno sforzo per portare a buon fine la questione e, in definitiva, raggiungere la tanto desiderata liberazione dei due vescovi, che speriamo possano essere presto di nuovo tra noi. Non abbiamo risparmiato percorsi locali, regionali o addirittura internazionali per chiedere a governi, organizzazioni, figure influenti e poteri politici di portare all'attenzione questa vicenda su più forum globali. Questo, tra gli altri sforzi. Ringraziamo sinceramente tutti coloro che hanno dato il loro aiuto e contribuito a livello umanitario, mediatico, diplomatico, di sicurezza o politico, sia ufficiale che personale. Queste persone hanno portato una luce di speranza in questa notte buia e dolorosa quando la negligenza e il silenzio della comunità internazionale hanno affossato questa importante ed essenziale causa umanitaria, minando ogni tentativo di trovare soluzioni.

Oggi, dopo aver posto davanti ai nostri occhi l'immagine dei due vescovi, i nostri fratelli che sono in costante preghiera per tutti noi, chiediamo a tutti i fedeli, ovunque si trovino, di pregare per loro in questa settimana speciale. Chiediamo loro di pregare per i due vescovi e per ogni persona rapita, scomparsa e sfollata, per chiunque sia stato intrappolato in una situazione drammatica, ma che ha trovato speranza e consolazione nella Croce di Cristo, ed è stato fortificato dalla sua Risurrezione gloriosa e vittoriosa.

Il valore dell'essere umano in questo Oriente non è inferiore a quello degli altri umani. Questa pandemia che sta devastando il mondo - possa Dio preservarci da essa - è una chiara prova che in tutte le circostanze, al di là di ogni considerazione di razza, religione o nazione, siamo tutti fratelli nell'umanità, tutti sulla stessa barca in questo Oriente e nel mondo intero.
Se solo gli uomini potessero esserne consapevoli! Se solo i politici e coloro che si occupano di affari mondiali potessero rendersi conto che gli esseri umani sono della stessa natura e condividono la stessa dignità, indipendentemente dalle loro differenze di Paese, di patria, di lingua, di civiltà e di religione! Nonostante la sua amarezza, l'epidemia è arrivata a dirci che condividiamo un'esistenza comune e la stessa fraternità umana in questo vasto mondo. Se solo fosse chiaro agli occhi e alla coscienza di coloro che violano la dignità del loro fratello, senza sapere che questa follia si ribellerà contro di loro e che alla fine la loro stessa dignità sarà sminuita! Soprattutto, dobbiamo tutti difendere la vera dignità umana; dobbiamo essere consapevoli che la dignità, la vita e l'esistenza dei nostri simili fanno parte del nostro cuore, della nostra stessa esistenza e del nostro essere.

Come cristiani del Levante, siamo profondamente radicati qui fin dai tempi antichi. Le nostre radici non appassiranno mai. Da queste radici scaturisce la vasta oasi che è la presenza cristiana di Antiochia in Oriente e in tutto il mondo, un'oasi fiorente profumata dalla testimonianza della fede cristiana verso il glorioso Signore Gesù Cristo e dall'amore per il prossimo proveniente da ogni punto dell'orizzonte. La storia ha insegnato a tutti noi che non abbiamo bisogno della protezione di nessuno e che non cerchiamo la protezione di nessuno. Siamo una componente essenziale di questo Oriente con tutti i suoi meandri e ramificazioni. Dato il nostro ruolo, la logica della minoranza in opposizione alla maggioranza scompare e viene sostituita dalla logica dell'incontro e del dialogo, nonché dal ruolo pionieristico guidato da cristiani e da altri. Non siamo e non saremo mai una carta da giocare per gli scopi di nessuno. Piuttosto, costituiamo una testimonianza di esistenza e autenticità, un ponte di dialogo e incontro tra Oriente e Occidente, tra il Cristianesimo e altre religioni.

Preghiamo oggi per i nostri due fratelli vescovi e per tutti coloro che sono stati rapiti, ricordando che non risparmieremo alcuno sforzo per difendere questa causa e condurla al risultato desiderato, tanto atteso da tutte le anime cristiane, da tutto il popolo del Levante e da tutte le persone di buona volontà. Dicendo questo, attestiamo che la Via Crucis si è conclusa con un'alba di Risurrezione.

Oggi preghiamo Gesù Cristo, il Signore della Risurrezione e il sovrano della vita, che rotoli la pietra tombale con la sua Croce e faccia gioire i nostri occhi della luce della Risurrezione. Preghiamo per la pace nel mondo che sta soffrendo l'epidemia. Preghiamo per questo Oriente che in tutti i suoi territori cerca l'alba della risurrezione dal Golgota e dalla Croce. Preghiamo per i nostri figli di Aleppo, ai quali in particolare trasmettiamo la pace di Pasqua, chiedendo al Signore della Resurrezione di far rinascere la speranza nei loro cuori e nei nostri.

Con voi, fratelli, le nostre anime si inchinano in preghiera, i nostri cuori sono accesi come tante lampade ad olio negli angoli delle nostre case davanti al Signore Gesù Cristo che è risorto dalla tomba. Preghiamo per la pace nel mondo e per il ritorno di tutti gli ostaggi, mentre illuminiamo i nostri cuori e le nostre anime con la speranza pasquale, cantando: "Cristo è risorto dai morti, con la morte Egli ha fatto cadere la morte, a quelli che sono nelle tombe Egli ha dato la vita ”.

Damasco, 22 aprile 2020

Sua Santità Mor Ignatius Aphrem II°, Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente e Capo supremo della Chiesa siro-ortodossa

Sua Beatitudine Giovanni X°, Patriarca di Antiochia e dell'intero Oriente della Chiesa greco-ortodossa


https://orthodoxie.com/sept-annees-se-sont-ecoulees-depuis-la-disparition-des-deux-eveques-dalep/

Testimonianza di S.B. Ignace Youssef III Younan , Patriarca siro-cattolico di Antiochia dei Siria 
trasmessa in streaming lunedì 20 aprile durante la recita mensile del Rosario per i Cristiani Perseguitati promossa dal Comitato Nazarat

sabato 18 giugno 2016

Assad riceve il Patriarca e sei Vescovi siro cattolici: “una nuova Costituzione del tutto laica”


Agenzia Fides 17/6/2016


 Il Presidente siriano Bashar Assad ha in programma una riforma della Costituzione per la nazione da lui guidata, e immagina un testo costituzionale dove dovrebbero venir meno i riferimenti alla Sharia come fonte principale della legislazione, così da eliminare ogni pretesto legale alle discriminazioni, anche striscianti, verso le minoranze religiose. Sono questi alcuni dei progetti per il futuro confidati dallo stesso Assad a una delegazione della Chiesa siro cattolica, composta dal Patriarca Ignace Youssif III accompagnato da sei Vescovi, ricevuti dal Presidente siriano a Damasco lunedì 13 giugno. 

Durante l'incontro, durato un'ora e mezza, Assad ha manifestato l'intenzione di togliere dalla nuova Costituzione, pienamente laica, anche la disposizione che vincola il Capo dello Stato siriano a professare la religione musulmana. 
Il leader siriano – riporta all'Agenzia Fides chi era presente all'incontro – si è anche mostrato convinto che in pochi giorni la situazione di conflitto riesplosa ad Aleppo – e adesso congelata con una tregua di due giorni – sarà completamente risolta, con la creazione di un blocco militare intorno alla città che impedisca il rifornimento di armi ai sobborghi periferici in mano alle forze antagoniste, in gran parte di matrice islamista, ma senza attacchi contro i quartieri, per evitare nuove sofferenze ai civili.
“Il Presidente Assad ha definito anche loro come 'nostri figli”, e ha molto insistito sulla matrice internazionale e non nazionale del conflitto siriano, sottolineando che adesso a parole tutti vogliono combattere i jihadisti dello Stato Islamico (Daesh), ma ancora distinguono nettamente tra costoro e i gruppi qaidisti come Jabhat al Nusra” riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, alla guida della diocesi siro cattolica di di Hassakè-Nisibi, presente all'incontro.

Nella conversazione tra il Presidente e i membri della delegazione ecclesiale, ci sono stati anche accenni alla voci di una possibile spartizione della Siria su base etnico-settaria, con la creazione di uno Stato curdo indipendente e di uno islamista, scenari che Assad ha sempre respinto come irricevibili. Nell'incontro con il Patriarca e con i Vescovi siro cattolici, il Presidente siriano non ha fatto alcun cenno diretto al Papa o alla Santa Sede, e ha invece invitato i suoi interlocutori a intensificare contatti e condividere giudizi e iniziative rispetto alla tragica situazione mediorientale con la Chiesa ortodossa russa. 
http://www.fides.org/it/news/60256-ASIA_SIRIA_Assad_riceve_il_Patriarca_e_sei_Vescovi_siro_cattolici_il_Presidente_progetta_una_nuova_Costituzione_del_tutto_laica#.V2QYGruLSM8


"Nell'incontro con il Presidente Bachar al-Assad, Sua Eminenza il Patriarca Younan e la delegazione dei religiosi hanno espresso grande dolore per quello che ha subito l'amata Siria ed il suo popolo in questa guerra, fatta in nome della democrazia ma con le mani dei nemici dell'umanità che non rispettano i diritti dell'uomo usando proprio la religione, e con quelle di quegli Stati che cercano di dominare popoli poveri usando ragioni machiavelliche che provocano morte e conflitti. 
Il Presidente ha confermato che i Siriani devono ritornare fratelli sinceri, grazie alla riconciliazione... Ha chiesto di lavorare insieme affinchè i siriani si fermino nella loro terra e invitando quelli profughi a tornare per partecipare alla ricostruzione della Siria e della sua civiltà lontana dal settarismo, basata su un sistema laico e non confessionale. Dove tutti i cittadini rispettino l'appartenenza alla Nazione Siriana ed abbiano pari diritti e doveri. Il Presidente ha sottolineato che il venir meno della presenza cristiana nel Medio-Oriente farebbe perdere il valore e l'importanza al Medio-Oriente stesso." 
da:  Patriarcato Siro-Cattolico di Antiochia

venerdì 20 maggio 2016

Younan: "Dovete alzare la voce per dire ai vostri governi: si partecipa a un genocidio delle minoranze"


"L'Occidente sta alimentando le tragedie catastrofiche che si svolgono davanti ai nostri occhi. Abbiamo ripetuto molte volte che incitare alla violenza in Siria porta solo il caos; e il caos porta alla guerra civile, o viceversa. Il caos è il più grande nemico delle minoranze, in particolare della minoranza cristiana in Siria e in Iraq ".
Queste sono le dure parole che il Patriarca di Antiochia e della Chiesa siro-cattolica, Ignace Youssef III Younan, ha pronunciato in una recente intervista con  Aleteia.

Da:   L'Antidiplomatico

- Patriarca Younan, qual è la situazione attuale in Siria? Qual è l'esperienza della Chiesa in questa fase del conflitto?
- Il conflitto continua. Tutte le parti coinvolte hanno le loro armi e il loro sostegno.
 
Ma c'è una grande differenza tra le forze governative, che non sono del "regime", dal momento che la Siria ha un governo riconosciuto ed è membro delle Nazioni Unite, che vogliono difendere la loro gente, e le altre forze di opposizione, ribelli o rivoluzionari -come vogliamo fare riferimento a loro, che, purtroppo, stanno distruggendo il paese.

Pochi giorni fa, ho trascorso qualche tempo in Al-Qaryatain e Palmira e ho visto con i miei occhi la distruzione che si stava svolgendo in queste due città.
 
Sono andato a Al-Qaryatain perché lì ci sono due comunità, uno siro-ortodossa e la  parrocchia cattolica. Avevamo anche il monastero di San Elian, ora completamente distrutto. Entrambe le chiese, soprattutto quella ortodossa, sono state praticamente rase al suolo.
Poi sono andato a Palmyra, dove abbiamo avevamo una piccola chiesa che è stata distrutta insieme con la canonica.
 
Ora la comunità internazionale è preoccupata per i monumenti archeologici di Palmira, che sono famosi in tutto il mondo, ma per più di cinque anni, l'interesse per le vittime innocenti è stato piuttosto limitato.
Soprattutto ora, visto quello che sta accadendo ad Aleppo, è un fatto che ci rattrista molto.

 
- L'esodo che si sta sviluppando rappresenta una situazione molto difficile. La vostra comunità vede alcuna possibilità di rimanere lì o ...?
  - 
Questa è una ingiustizia non solo per la mia comunità, ma per tutti i siriani. È vero che i cristiani sono una minoranza. Abbiamo sofferto persecuzioni, abusi e le morti, come gli altri, ma siamo i più deboli e non abbiamo nemici, né nello Stato né fra i ribelli. Non simpatizziamo con coloro che stanno distruggendo il Paese e uccidendo il suo popolo.
 
Allo stesso tempo, consideriamo loro complici tutti coloro che hanno incitato queste bande terroristiche e i presunti ribelli , dal momento che, secondo la legge penale, chiunque incita all'omicidio deve essere incriminato, e subire la punizione.
 
E così ho detto di recente durante un incontro a Torino, dove ho parlato della complicità dei politici occidentali.
 
Chiaramente sapevano che incitare alla violenza per i benefici derivanti dalla vendita di petrolio e di armi avrebbe comportato la distruzione del paese.
  Presto mi recherò a Homs [ovest della Siria] per l'ordinazione del nostro nuovo vescovo. La situazione è stabile lì e si può andare perché la zona è sotto il controllo del governo, ma più ci si avvicina ad Aleppo, più le cose diventano difficili.
E noi non sappiamo che cosa accadrà nel prossimo futuro.

 
- Di fronte a questa tragedia, i nostri lettori ci chiedono cosa possono fare.
Se i vostri cari lettori in Occidente credono che i Paesi in cui vivono sono paesi democratici, allora dovete alzare la voce per dire ai vostri governi: state partecipando a un genocidio delle minoranze, in particolare la minoranza cristiana.
 
Perché il genocidio non significa solo l'uccisione di tutti i membri di una comunità, ma anche costringerli a fuggire dal loro Paese in altre parti del mondo, sradicandoli dalla patria dei loro antenati e distruggendo una cultura, una società e una tradizione religiosa.
 
Siamo Chiese sui iuris, cioè, radicate con una nostra storia, anche se non siamo molto grandi. La situazione è orrenda.
 
Quindi, i vostri lettori devono capire che non dovrebbero accettare ciò che dicono i mass media o i politici che abusano del loro potere.
Non è più accettabile o ammissibile che si chiudano gli occhi davanti alle  atrocità che vengono consentite nel XXI secolo. Perché l'indifferenza ci rattrista e ci fa soffrire ancora di più.

-
Bisogna riconoscere l'intervento di Putin?
 
- I russi hanno preso molto più seriamente l'aiuto alla Siria, in difficoltà e divisa da molto tempo. Quando sono stato a Palmira, erano i russi che difendevano i siti archeologici.
 C
iò che ha fatto la Russia nel mese di settembre vale molto di più di quello che l'Occidente ha fatto negli ultimi due anni.
 
Abbiamo un altro esempio di ciò in Iraq, che, secondo gli USA e gli altri occidentali, è un paese che si sta muovendo verso la democrazia. Ma allora, perché non aiutare veramente a sconfiggere il sedicente Stato Islamico?
 
Essi hanno parlato di fermare o eliminare questo califfato del  terrore. In effetti, l'opportunismo dilagante esistente è ora palese. E solo noi cristiani indifesi, siamo intrappolati nel mezzo tra Daesh e l'opportunismo occidentale.

 
- I nostri lettori, soprattutto perché la nostra edizione è in arabo, ponevano questa domanda:  Molte persone non hanno capito il gesto di Papa Francesco di portare 12 musulmani a Roma il suo volo di ritorno dalla Grecia. Molti dei nostri lettori ci hanno detto: "Siamo cristiani e nessuno ci aiuta" ... Come rispondiamo?
 
- Capisco la posizione di queste persone e la loro ansia, e capisco che ci sono momenti in cui la carità cristiana non si comprende del tutto.
 
Per me, Papa Francesco è il successore di Pietro, il capo della Chiesa cattolica universale e, sollecitato dalla carità del Vangelo, ha voluto mostrare al mondo che il cristianesimo non discrimina a causa della  religione, razza o colore della pelle.
 
D'altra parte, posso capire perfettamente coloro che si chiedono circa i motivi di quanto accaduto, e se incontrassi  il Papa gli direi: "Santo Padre, tirar fuori 12 siriani tra tutti quelli che annegano nella sofferenza non risolve il problema. Preferiamo che Sua Santità prenda una decisione vera e propria".
 
Credo che il Papa abbia incontrato il Vice Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Il Papa deve dire chiaramente che le politiche adottate dai politici occidentali sono assolutamente ingiuste e vanno contro la carità e la giustizia.

Avrebbero potuto gradualmente riformare i sistemi di governo. Non è possibile esportare quelle che sono chiamate "democrazie occidentali" in Paesi in cui c'è ancora un amalgama di religione e Stato.
Questa fusione esiste in tutti i paesi del Medio Oriente, ad eccezione del Libano, e significa che non si avrà mai una vera democrazia, continuando questa fusione di religione e Stato, perché sappiamo che nell'Islam il Corano viene letto e interpretato letteralmente.
Pertanto, alcuni dicono "questa è la nostra religione", ma non dimenticate che ci sono versi intrisi di violenza e di incitamento alla violenza.  E in aggiunta, ogni gruppo comprende questi versi come ritiene, perché non c'è nessuna autorità religiosa definitiva per impedirlo.
Qui ci troviamo di fronte un problema di esegesi, e ci sono alcune cose che devono essere comprese correttamente.
E così, un risultato è che ci troviamo di fronte un autonominato Stato Islamico che continua a commettere atrocità nel nome dell'Islam. Interpretano la religione come vogliono.

Non tutti i musulmani sono terroristi, ma per disgrazia, finora i terroristi del XXI secolo sono musulmani. Dobbiamo dirlo con chiarezza, chiediamo ai nostri fratelli musulmani di essere vigili. Personalmente, ho sempre detto che i discorsi nelle moschee dovrebbero essere appelli per la coesistenza e la pace, e non accuse di infedeltà rivolte alle altre religioni.
...
  è possibile continuare la lettura dell'intervista (in spagnolo)  qui: 

domenica 6 dicembre 2015

"L’Isis non si sconfigge con i raid": Patriarca Younan. Magari non schierarsi con i suoi finanzieri e strateghi ...


AGGIORNAMENTO 7 DICEMBRE: LA GUERRA MONDIALE INCOMBE, PREGHIAMO!
La coalizione guidata dagli Usa bombarda un campo dell’esercito siriano      http://www.asianews.it/index.php?art=36073&l=it
La Siria dichiara di essere pronta ad abbattere gli aerei NATO che violino la sua  sovranità 
 http://m.sputniknews.com/columnists/20151206/1031325664/syria-nato-planes-cunningham.html#ixzz3tYHI5QIN



Il patriarca della Chiesa siro-cattolica Mar Ignace Youssif III Younan 
di Rafic Greiche
direttore de “Le Messager” organo di stampa della Chiesa cattolica in Egitto e portavoce della Chiesa cattolica egiziana
Il capo della Chiesa siro-cattolica, Mar Ignace Youssif III Younan, accusa i governi dell’Ovest di mantenere un “conflitto infinito in Siria” per una volontà egemonica. I terroristi che usano l’islam come pretesto per la violenza “sono già infiltrati in Europa, sostenuti dai soldi di Arabia Saudita e Paesi del Golfo sotto la supervisione dei governi occidentali”. Papa Francesco “vero difensore della giustizia, è pieno di dolore per quanto sta accadendo in Siria e Iraq”.

AsiaNews, novembre 2015

Beatitudine, qual è la situazione dei siriani, e in modo particolare dei cristiani?
Al momento la situazione in Iraq e Siria è drammatica, e tutto il popolo siriano vive nel dolore. Noi, come pastori, dobbiamo essere vicini al nostro popolo e aiutarli al massimo delle nostre possibilità. I siro-cattolici (così come le altre chiese tipo i caldei, gli assiri e i siro-ortodossi) hanno vissuto per secoli nella parte orientale della Siria, nei pressi del fiume Rafi Din. Ma non ci eravamo mai spostati nella parte occidentale o in Libano come in questi giorni. La nostra presenza andava anzi verso Iran, Afghanistan e India. Le colline afghane note come Tora Bora prendono il nome da un termine siriano che significa ‘le colline più scure’.
Oggi siamo intrappolati in una situazione terribile: sciiti e sunniti, problemi settari ed etnici, gang criminali chiamate Isis e altri gruppi terroristici che usano l’islam come un pretesto per “purificare” in nome della religione le aree sotto il loro controllo, e studiosi musulmani che ci dicono che l’islam è estraneo a questi fatti.
Noi cristiani non siamo in grado di vivere in questo caos che produce milizie, bande armate, gruppi terroristi e partiti islamici. Ma quando manteniamo una posizione ferma contro questi fenomeni, allora l’Occidente ci accusa di essere dittatoriali. Eppure nella storia non importa se vi è un califfo, un re, un emiro, un principe o un presidente della Repubblica; almeno fino a quando questi garantisce pace e sicurezza alle minoranze.
Quando il caos è scoppiato, dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003 fino a oggi, abbiamo capito l’orrore di questa situazione. Le democrazie occidentali che hanno cospirato contro la Siria hanno prodotto la distruzione dell’infrastruttura della nazione, la demolizione di case, città, villaggi, monumenti e siti archeologici. Questo è il risultato di una politica non saggia e di una cospirazione, con il pretesto di portare la democrazia nella regione.
Le nostre nazioni non accettano con facilità la democrazia perché non esiste una reale separazione della religione dallo Stato. Le minoranze implorano per avere una rappresentanza davanti alla maggioranza musulmana, e si sentono come immigrati in terra straniera. Noi cristiani siamo in queste terre da migliaia di anni, molto prima dell’islam. I politici dell’Occidente – e in particolare quelli di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia – sono in favore di un conflitto senza fine in Siria e Iraq. Questo ha prodotto gruppi di terroristi e di ‘takfiriin’ [coloro che condannano gli altri per apostasia-ndr] e i media occidentali rimangono in silenzio, in modo complice e codardo. Non si tratta di difendere la verità e la giustizia: si inginocchiano davanti a chi paga e restano zitti.
Tutti i patriarchi orientali, me compreso, hanno parlato con chiarezza all’Occidente sin dall’inizio: “State attenti, la situazione della Siria non è come quella egiziana, tunisina o libica. È molto più complessa, e un conflitto creerà soltanto caos e guerra civile”. Non hanno ascoltato e hanno risposto: “No, il regime degli Assad cadrà in pochi mesi”. Cosa che non è accaduta, come avevo predetto. E cinque anni dopo un popolo innocente, e in modo particolare i cristiani, non trova più nessuno per sostenerlo. L’Occidente ci ha traditi.

Come legge la questione del flusso di migranti verso l’Europa?
Più di due mesi fa, il mondo si commosse davanti alla fotografia del piccolo Aylan, morto sulle coste turche con la sorella e la madre. Ma i governi occidentali hanno un’altra agenda, in particolare la Turchia che ha cambiato la sua politica nei confronti dei migranti quando ha capito che le Nazioni Unite e l’Unione Europea non l’avrebbero aiutata in modo sufficiente. E quando la signora Merkel ha annunciato che la Germania avrebbe accettato 800mila migranti.
In questo modo il flusso di migranti è aumentato, così come sono aumentati coloro che viaggiano con documenti falsi o in altri modi illegali per raggiungere la Germania o le altre nazioni europee. Non si tratta soltanto di siriani: sono aumentati anche coloro che provengono da altre nazioni.
Oggi le varie parti del mondo sono divenute molto più vicine le une alle altre. Non si può pensare di sconfiggere Daesh con i raid aerei: questa è una grande bugia. Perché i loro sostenitori sono infiltrati nella popolazione, dove sono finanziati e ottengono armi e indottrinamento religioso. Per anni questi gruppi terroristici sono stati foraggiati dall’Arabia Saudita e dalle Nazioni del Golfo sotto la supervisione dell’Occidente.
Ora i siriani chiedono alla Russia di intervenire, sulla base di un accordo di coordinamento militare. Il governo siriano è il governo legittimo, riconosciuto dalle Nazioni Unite. Dobbiamo essere pratici: soltanto l’1% dei cittadini iracheni è ormai di religione cristiana. Se scappano anche questi, la nostra presenza svanirà. Non abbiamo bisogno di parole ma di atti.
..........


La Turchia, l'Occidente e il petrolio dell'ISIS 

footage contrabbando del petrolio siriano in Turchia 
Piccole Note, 3 dicembre 2015

La Turchia fa affari con l’Isis. Un’accusa devastante, relativamente offuscata nei media dalla strage avvenuta ieri in California (14 morti in un centro disabili), ma che pure è riuscita a filtrare e a imporsi su altre.
Un’accusa comprovata da immagini satellitari e aeree di migliaia di camion che attraversano indisturbati la frontiera turca provenienti dalla Siria. «Le foto e le prove presentate da Mosca inchiodano la Turchia», scrive Nicola Lombradozzi sulla Repubblica di oggi.

Un affare di famiglia,  accusano i russi, dal momento che il figlio di Erdogan è «a capo della più grande compagnia energetica del Paese» e suo genero è «stato nominato ministro dell’Energia», come ha spiegato ieri il vice-ministro della Difesa russo Anatoli Antonov.
Da tempo tali circostanze erano note. Cenni e notizie rimbalzavano da giornale in giornale e convergevano in questa direzione. Un segreto noto, che ieri è stato disvelato in tutta la sua drammaticità a tutto il mondo.
Intervistato da Lettera 43, anche l’ex amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni ha affermato: «Le accuse di Mosca a Erdogan, figlio e genero sono tutte da dimostrare, ma sul fatto che la Turchia chiuda un occhio su migliaia e migliaia di barili di petrolio che ogni giorno passano la frontiera con la Siria e che sono raffinati negli stabilimenti turchi non c’è il minimo dubbio. E non da oggi».

Al di là delle cautele del caso sulla famiglia presidenziale, le parole di Scaroni sono pesanti. Né è possibile che i figli di Erdogan, per i posti che occupano, possano ignorare i traffici che avvengono nel territorio anatolico, dal momento che i porti nei quali viene smerciato il petrolio “Made in Isis” sono quelli che smerciano il petrolio prodotto in Turchia.

Non solo petrolio: ieri Mosca ha anche spiegato come dalla frontiera turca passano armi e rifornimenti per l’Isis, che in territorio turco esistono campi di addestramento per miliziani e che solo nell’ultima settimana da qui sono arrivati in Siria 2000 combattenti. Anche in questo caso si parla di fatti notori: basti pensare a tutti i foreign fighters europei che, secondo le cronache dei giornali, per raggiungere la Siria sono passati dalla Turchia.

Insomma, quel che è stato disvelato ieri da Mosca non è che il segreto di Pulcinella, noto a tutte le cancellerie occidentali, eppure obliato in nome dell’appartenenza di Ankara all’Alleanza Atlantica. Una omertà dovuta anche alla paura che questa sveli gli acquirenti finali di questo traffico. Già, perchè qualcuno questo petrolio lo deve pur comprare dai turchi. Lasciamo all’intelligenza dei lettori provare a indovinare dove va a finire…

Tutto questo sarebbe, tra l’altro, materia di indagine da parte delle varie magistrature delle nazioni europee verso le quali sono rivolte le minacce dell’Isis e dove i suoi agenti hanno versato sangue innocente.   Magistrature solerti a indagare su tangenti e altro, ma stranamente inerti di fronte a crimini tanto più gravi.

Così il vero scandalo che si sta consumando in questi giorni non riguarda tanto la Turchia, ma quel che sta avvenendo in Occidente. Che ha scelto di schierarsi con chi sta lucrando grazie all’Isis piuttosto che con chi lo sta combattendo.
Una scelta devastante per quella che viene chiamata, ormai solo nei proclami dall’Isis e di quanti a parole dicono di volerla contrastare, civiltà occidentale. Deriva tragica, foriera di ulteriori tragedie.

giovedì 5 novembre 2015

Il Patriarca Younan accusa l'Europa di aver "abbandonato e tradito" i cristiani mediorientali e gli americani di "essersi inginocchiati agli emiri".

"Le sanzioni alla Siria sono peggio di una guerra"



Roma,  (ZENIT.org

di Federico Cenci 

C’era una volta il Mare Nostrum, “che collegava l’Europa al Medio Oriente”. Di quel corridoio attraverso cui transitavano cultura e scambi commerciali è rimasta oggi solo l’espressione geografica. Tra le acque del Mar Mediterraneo sventola la bandiera a stelle e strisce, in Medio Oriente scorre il sangue dei cristiani e, di fronte a questo scenario, in Europa vige l’apatia.
È l’immagine che consegna Sua Beatitudine Ignatius Joseph III Younan, Patriarca della Chiesa siro-cattolica, parlando a ZENIT e durante il convegno La Jihad da Oriente a casa nostra, tenutosi a Roma su iniziativa di Umanitaria Padana Onlus e dell’associazione Pakistani Cristiani in Italia.
Sono dure come macigni le critiche che il Patriarca muove all’Occidente e all’Europa. Quest’ultima - ha esclamato - “ci ha abbandonati e traditi”, poiché “ha lasciato che nel Mediterraneo fossero gli americani a prendere iniziativa, non per difendere i diritti delle minoranze ma per andarsi ad inginocchiare agli emiri per il petrolio”.
Ne deriva la “grave situazione” in cui versano i cristiani. Oltre un terzo della comunità siro-cattolica ha dovuto lasciare i propri villaggi d’appartenenza a causa delle offensive dei terroristi islamici. E in Europa - ricorda il Patriarca - per lungo tempo “i Governi hanno dato una ‘falsa lettura’ di quegli eventi”, rendendosi così “complici della distruzione di un popolo e di una civiltà”.
Il Patriarca Younan invita allora ad abbandonare il linguaggio “politicamente corretto”, che gli americani esportano nel mondo "insieme alle bombe". Il suo appello è invece ad affermare “la verità con carità”.
 Entrando nel merito, spiega che sente spesso parlare di “islamofobia”. Concetto che tuttavia stride con una realtà, in Medio Oriente, in cui quotidianamente i cristiani vengono massacrati dai più aggressivi aderenti “all’Islam politico”.
Islam politico che si è potuto sviluppare grazie all’ingenuità occidentale.
Il Patriarca ricorda che nel maggio 2011, a Parigi, incontrò l’allora ministro degli Esteri francese Alain Juppé che, appena tornato da un viaggio in Egitto, gli parlò dei Fratelli Musulmani come di un gruppo “moderato”. “Ebbene - la riflessione del capo dei siro-cattolici - questa organizzazione politico-religiosa si fonda su cinque colonne, di cui la quarta è espressamente il jihad”.
Oltre al linguaggio politicamente corretto, Sua Beatitudine ha attaccato anche la “manipolazione mediatica”. Ricorda che “è stato detto che alcuni membri del Patriarcato di Mosca avrebbero definito l’intervento russo in Siria una guerra santa”. In realtà - precisa il Patriarca - da Mosca hanno sostenuto che “chi combatte i terroristi sta facendo guerra per una giusta e santa causa”. Che è diverso dal compiere una guerra santa contro un’altra religione. “Del resto in Russia milioni di musulmani vivono liberamente e godono di tutti i diritti”, ha aggiunto il Patriarca.
Intervistato da ZENIT a margine della conferenza, il Patriarca Younan è quindi tornato a parlare dell’intervento russo in Siria. Si è detto a tal riguardo “molto ottimista” e ha riconosciuto che la Russia ha “intenzioni serie”, in quanto “si coordina sul terreno con l’esercito regolare siriano”. Questo modo di agire - ha proseguito - “limita anche i danni collaterali, che invece sono inevitabili quando si bombarda e basta, come stanno facendo gli americani”.
Agli americani e ad altri Paesi occidentali il Patriarca Younan imputa anche altro:
“Le sanzioni rivolte alla Siria sono una tragedia per il suo popolo, lo affamano e lo rendono più vulnerabile agli attacchi dei terroristi”. Questo sistema di sanzioni nei confronti del Governo di Bashar al-Assad - ha concluso il Patriarca - “è peggio della guerra stessa”.
Infine il Patriarca Younan ha ringraziato papa Francesco, il quale in apertura dei lavori del Sinodo, “ha espresso solidarietà alle Chiese coinvolte dalla guerra e ha chiesto di pregare per la pace”.
Unità nella preghiera che fa dei cristiani nel mondo membra di un solo corpo.

sabato 22 agosto 2015

Monastero Mar Elian in Qaryatain raso al suolo,.. ma 'rendeteci in grado di rimanere' !


Padre Jihad : distruggono monasteri non la nostra fede




Radio Vaticana intervista padre Youssef Jihad della comunità di Deir Mar Musa
R. – Dal 4 di agosto, quando è entrato il sedicente Stato islamico e ha preso possesso della città di Qaryatayn, noi non abbiamo nessuna notizia diretta dal monastero. Sappiamo che c’era un gruppo di laici che lavorava lì – musulmani e cristiani insieme – e quando è entrato l’Is li hanno mandati via. Hanno dato loro un’ora prima di uccidere tutti, quindi sono scappati. Le foto riportano la distruzione dell’area archeologica, della croce e del campanile, il piccolo campanile: è un’opera sistematica la loro. L’Is, che non sa niente di islam, secondo me, vuole eliminare la storia del Paese. La sua missione è quella di distruggere tutto quello che potrebbe essere buono e significativo. Tuttavia, non ci tolgono la fede, non ci tolgono la speranza. Loro possono distruggere il monasteri, le croci, ma innanzitutto distruggono e deformano il volto dell’islam, che noi amiamo e sosteniamo: cerchiamo di vivere insieme in pace, anche se in questi giorni queste mie parole potrebbero risuonare impossibili. Ma noi abbiamo creduto nella Risurrezione, che era impossibile…
D. – Il monastero distrutto era comunque un’oasi vera e propria di carità e di accoglienza, anche per tanti profughi...  R. – Sì, soprattutto per i musulmani della zona, e poi c’erano circa 47-48 famiglie cristiane con oltre 100 bambini e noi, come monaci, organizzavamo programmi di intrattenimento per i piccoli…
D. – Era quindi un segno di speranza per tutta questa terra devastata?  R. – Sì. E secondo me è per questo che è stato tolto di mezzo padre Jacques, perché rappresentava un pericolo per la mente che vuole un conflitto perenne tra sunniti e sciiti e tra musulmani e cristiani.
D.- Di padre Jacques non sapete più nulla?   R.- Purtroppo, niente di sicuro...   
D. – Padre Jacques mi riporta alla mente anche padre Dall’Oglio, del monastero da dove lei mi sta parlando, la comunità di Deir Mar Moussa. Lì, ora, quanti siete? E come si vive anche questa assenza di fratelli che sono scomparsi da tanti anni?    R. – Siamo quattro monaci e due monache con un gruppo di due o tre operai, musulmani e cristiani che viene saltuariamente per dei lavori. Come viviamo? Viviamo con la speranza di ritrovarli e di riabbracciarli vivi un giorno, se non qui, sarà in Cielo.
D. – Ma non vi è rimasta anche un po’ di paura dopo questi episodi?    R. – La paura fa parte della vita.Noi siamo umani e dunque abbiamo le nostre paure, ma la nostra speranza è più forte, il nostro desiderio di vivere in pace è più forte. Chiediamo certo al Signore di fortificarci nella fede, ma voglio dire che non stiamo cercando di fare i martiri, stando qui; non aspettiamo che l'Is venga a sgozzarci, senza senso. Non siamo aggrappati al nostro monastero a tutti i costi.Il monastero è la nostra vita, la nostra vocazione che potremo vivere in ogni parte del mondo dove ci sono cristiani e musulmani insieme, perchè è questo è il carisma che Dio ci ha dato: amare tutti, specie i fratelli musulmani. Quindi continuiamo a sperare che il dialogo e la convivenza siano possibili.
D. – Ma lei ha mai avuto a che fare direttamente con questo, che è considerato, oggi,  il “nemico”, con l'Is?   R. – Quando ero a Qaryqatayn, tre mesi fa, lì ho visto qualche faccia del gruppo dell’Is, però era gente locale. Poi, piano piano con il passare dei giorni, si sono rafforzati e hanno portato anche altri elementi da fuori e hanno ribaltato la situazione.
D. – Che cos’è, però, che li rende così… lei ha usato il termine “cattivi”?   R. – Hanno una cattiva comprensione dell’islam e del nobile Corano e della vita del Profeta Maometto: loro vogliono un islam che controlli tutti, in primo luogo i musulmani stessi. Perciò, dico e sottolineo che le loro vittime più numerose e più dirette sono i musulmani stessi. Quando sono entrati in Palmira, hanno sgozzato tra 200 e 400 persone: tutti sunniti musulmani. Questo “nemico” è portato da una mente cattiva che non è necessariamente cristiana, nemmeno necessariamente orientale né araba: potrebbe essere anche internazionale, che vuole seminare terrore e odio e povertà in questa zona per ricontrollarla economicamente e politicamente. Poi, loro scavano sotto, trovano elementi adatti, gente che ha subito povertà, ignoranza e anche ingiustizia, allevati, educati all’odio verso gli altri e portano, creano, immaginano uno Stato islamico che non potrebbe mai stare in piedi.
D. – Ora lì, dove è lei, nella comunità di Deir Mar Musa, quali sono i segni di resurrezione, di fraternità, di amore?    R. – L’amicizia e l’amore che vediamo negli occhi dei nostri parrocchiani cristiani e dei nostri amici musulmani che chiedono sempre la luce e la benedizione di Dio per quello che stiamo facendo.  Però se la cosa rimane così, il Medio Oriente sarà svuotato piano piano dei cristiani, o saranno accantonati. Questo necessita di un grido, come fa il Santo Padre sempre. E io lo ringrazio personalmente, ma anche in nome di tutti i cristiani e di tutti i siriani. Bisogna però gridare al mondo ancora più forte e dire che chiedere ai cristiani di rimanere in questi Paesi, così, non ha senso. Per noi, il cristianesimo non è un’appartenenza vuota: il cristianesimo è una fede, un modo di vivere, è portare la croce, il sacrificio e l’amore per il prossimo, anche se è un nemico. Quindi, bisogna fare qualcosa di concreto per i cristiani che stanno in Medio Oriente: bisogna pensarci. Non basta dire a chi non può andar via, che rimanga. Bisogna renderlo capace di rimanere.

DICHIARAZIONE A L'OUVRE D'ORIENT DEL PATRIARCA SIRO-CATTOLICO YOUNAN CIRCA LA DISTRUZIONE DEL MONASTERO S.ELIAN E IL PRELEVAMENTO DI MOLTE DECINE DI CRISTIANI DA PARTE DI DAESH

Des horreurs à n’en plus finir..! comme les medias viennent de le rapporter e matin, les criminels de DAECH et compagnie, ont détruit notre monastère syriaque catholique de Mar Elian, Qaryatain, Syrie, vieux d’au moins 15 siècles. Le prêtre qui le desservait, le père Jacques Mourad est toujours enlevé depuis trois mois, sûrement par ces mêmes terroristes qui se réclament de la religion de la miséricorde et commettent toutes sortes d’absurdités, au nom de leur allah !
J’essaie de communiquer avec notre administrateur du diocèse de Homs, car nous craignons pour les dizaines de familles prises en otage, mais sans succès !
Jusqu’à quand le monde dit « civilisé » gardera-t-il un silence hypocrite,quand tout le monde est au courant des horreurs commises par ces barbares ? Comment un pays qui se dit défenseur des droits de l’homme ferme-t-il les yeux devant des aberrations telles que décapiter, confiner en esclavage et violer enfants et femmes ?.. Est-ce ça la démocratie ?
En somme, nous devons le crier à haute voix : nous craignons DAECH, parce que nous avons été abandonnés et nous n’avons pas les moyens de nous défendre comme c’est la cas au Liban.
Patriarche Ignace Y. III Younan