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martedì 20 agosto 2013

Sulle due sponde mediterranee. Appello ai cristiani.

di Riccardo Redaelli



Sono ormai decine le chiese prese d’as­salto e bruciate in Egitto. E innumerevo­li le abitazioni, le scuole e i negozi della mi­noranza cristiana messi a ferro e fuoco. Nel Paese sconvolto dalla carneficina di questi giorni – in cui l’estremismo delle fazioni ha preso il sopravvento su ogni tentativo di mo­derazione e compromesso – i cittadini di fe­de copta vivono una tragedia nella tragedia: quella di essere un bersaglio facile, spesso indifeso, della rabbia islamista, che accusa i cristiani di aver boicottato la presidenza Morsi. Tanto che lo stesso imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb, la più alta autorità reli­giosa sunnita, è intervenuto per chiedere la cessazione di questi attacchi e la protezione delle chiese.


Non è purtroppo una novità: in Medio O­riente, negli ultimi decenni, non vi è stata crisi politica e di sicurezza che non abbia vi­sto le minoranze cristiane quali vittime de­signate, dall’Iraq post-Saddam all’Egitto, dal­l’Algeria degli anni 90 alla Siria oggi scon­volta dalla guerra civile. Agli occhi dei setta­ri, quelle comunità appaiono infatti come una presenza pericolosa: ora accusate di complottare contro i partiti dell’islam poli­tico – e quindi di essere il nemico subdolo che mina la rivoluzione – ora additati come portatori dei deprecati valori “occidentali” e dell’idea di democrazia.
Dei “diversi” da al­lontanare o da schiacciare, perché testimo­niano la pluralità culturale e religiosa che è stata la caratteristica storica del Medio O­riente e che gli islamisti vogliono cancella­re a favore di una tetra e fittizia uniformità dottrinale.

Ed è paradossale pensare che le minacce ai cristiani del Medio Oriente vengano proprio perché essi incarnano i valori della tolleran­za e della democrazia, della pluralità reli­giosa e culturale, mentre in Europa avviene l’inverso: sempre più, la testimonianza del­l’essere cristiani è infatti dipinta come una sfida di retroguardia alla democrazia e alla tolleranza. Sulla sponda sud del Mediterra­neo vengono accusati di introdurre una de­mocrazia che minaccia la religione domi­nante, lungo quella settentrionale sono in­dicati come coloro che – in nome della reli­gione – sminuiscono la tolleranza e la ric­chezza culturale occidentale.

La colpa è del­le loro idee, che vengono attaccate come sempre più “balzane”: accompagnare al ri­spetto pieno di ogni apporto culturale e reli­gioso la salda consapevolezza delle radici giudaico–cristiane dell’Europa, la pretesa di festeggiare il Natale di Cristo a Natale e Pa­squa di Risurrezione a Pasqua, di difendere pubblicamente e anche a livello di discus­sione politica princìpi che saldano dottrina della Chiesa ai grandi valori della tradizione classica e del diritto delle genti.

Tutto ciò avviene perché si è diffuso il pre-giudizio – sbagliato e autolesionista – che al­la crescente pluralità etnica e culturale del­le popolazioni europee si debba rispondere nascondendo le proprie radici e omettendo ogni riferimento alla cultura cristiana che permea le nostre società. È quel fenomeno che viene chiamato di “neutralizzazione” del religioso. Apparentemente opposto a quel­lo che sembra un “eccesso di religione” dal­l’altra parte del Mediterraneo, e che invece a esso è strettamente collegato.

Perché tut­to ciò fa parte di una difficile, faticosa presa di coscienza del mutamento delle nostre so­cietà e del problema conseguente di rico­noscersi nella pluralità senza per questo di­venire una società di “indistinti”. Non a ca­so, il cardinale Scola, nel suo ultimo libro (“Non dimentichiamoci di Dio. Libertà di fe­di, di culture e politica”) sottolinea che lo spazio veramente pubblico, nelle società contemporanee, è solo quello che rende pos­sibile «il raccontarsi» reciproco, scommet­tendo sulla libertà dei cittadini di esprime­re la propria esperienza con una logica di mutuo riconoscimento. Una via obbligata sulle due sponde del Me­diterraneo. Dove il posto dei cristiani non può diventare quello del privato silente o, di nuovo, del martirio.

“Riconoscere” significa accettarsi e non negare ad alcuno e ad alcun gruppo e comunità di fede che accetti le sem­plici ed essenziali regole dell’autentica de­mocrazia piena cittadinanza, libertà di esi­stere e di dare significato e contributo alla vita delle società di cui è parte.
http://www.avvenire.it/Commenti/Pagine/IL%20POSTO%20%20DEI%20CRISTIANI.aspx


APPELLO PER I CRISTIANI PERSEGUITATI

Padre Gheddo: i cristiani perseguitati sono la "rivoluzione" di  Gesù


Il Sussidiario - lunedì 19 agosto 2013
Intervista a padre Piero Gheddo 

Le decine di chiese date alle fiamme in questi giorni in Egitto confermano una  drammatica realtà che troppo spesso viene nascosta o volutamente censurata.
Ancora oggi, in molti Paesi del mondo, migliaia di cristiani vengono  perseguitati e costretti a subire ogni forma di violenza: ogni anno sono oltre  100mila i credenti uccisi, rapiti o torturati, mentre assistiamo a ripetute  distruzioni di luoghi di culto e simboli religiosi.
IlSussidiario.net ha commentato queste richieste con  padre Piero Gheddo, giornalista e missionario del Pime.

Come giudica l'appello del Meeting di Rimini?
 Si tratta indubbiamente di un messaggio attuale ed opportuno, del quale abbiamo  già parlato molte volte ma su cui è sempre necessario riportare l’attenzione.
Proprio perché il tema del Meeting di quest'anno è “Emergenza Uomo”, è  indispensabile tornare a parlare di questa drammatica situazione: in Egitto, ad  esempio, decine di chiese e di conventi sono stati bruciati.

Perché sono sempre i cristiani le prime vittime?
 Il cristianesimo ha rappresentato l’unica rivoluzione capace di cambiare  radicalmente il corso della storia umana. Siamo a conoscenza di tantissime  rivoluzioni, recenti e non, ma tutte si sono preoccupate di cambiare le leggi,  il potere politico o la disuguaglianza economica.
  
Cosa ha cambiato invece il cristianesimo?
 Ha cambiato il cuore dell’uomo, attraverso la Chiesa, la grazia di Dio, la  predicazione e i sacramenti. E proprio questo cambiamento rappresenta la  “rivoluzione” di Gesù, una rivoluzione dell’amore che ha portato al  riconoscimento della dignità e dell’uguaglianza di tutte le donne e di tutti gli  uomini, creati dallo stesso Dio. Non dimentichiamo che anche la Carta delle Nazioni Unite è fondata proprio sul cristianesimo e sui valori cristiani: la  rivoluzione dell’amore cambia in profondità l’uomo e, a lungo andare, anche la  società.

Spesso, in presenza di appelli, ci si chiede cosa possono fare i governi.  Secondo lei?
 Come sta avvenendo in Egitto, il caso più recente, spesso i Paesi non sembrano  neanche accorgersi delle continue persecuzioni, seppur denunciate. E’ per questo  motivo che la drammaticità di questa situazione dovrebbe essere sempre  evidenziata, appena possibile, ad esempio durante i viaggi istituzionali e  durante ogni accordo culturale o economico.

Che nesso c'è tra libertà religiosa e pace? Perché la libertà religiosa è il più  importante di tutti i diritti?
Perchè è il fondamento della libertà dell'uomo.....


lunedì 26 novembre 2012

Violenze anticristiane marchio infame in Siria

Una guerra civile "politicamente corretta"


di Piero Gheddo

Mar Marita
Nella guerra civile in Siria, per l’opinione pubblica occidentale i protagonisti sono chiari: da un lato la sanguinaria dittatura di Assad, dall’altro il popolo oppresso che si ribella con una resistenza eroica contro il tiranno. La realtà è ben diversa da come ci è presentata e non è la prima volta che i mass media occidentali prendono solenni cantonate, di cui poi nessuno si pente. Pochi ricordano che nella lunga “guerra di Corea” (1950-1953), gli americani che aiutavano il Sud a non farsi travolgere dal Nord erano colonialisti e imperialisti, i cinesi che aiutavano il Nord erano eroici “volontari” in soccorso dei fratelli. Chi allora aveva ragione oggi si vede. Nella guerra civile di Cuba (1955-1959) i “barbudos” di Fidel Castro e Che Guevara erano i “partigiani” contro i “fascisti” del regime di Batista e nasce la più lunga dittatura del mondo moderno. Nella guerra del Vietnam (1963-1975) e della Cambogia (1968-1975), Vietcong e Khmer rossi erano i “liberatori” dei popoli in rivolta contro le dittature filo-americane. E potrei continuare ricordando altri casi, ad esempio quando l’Occidente osannava Khomeini al potere in Iran (1979) perché aveva sconfitto il “Satana americano” e liberato il suo popolo dal tirannico Scià Reza Pahlevi. Ma da Khomeini è nato “il martirio per l’islam” e la “jihad” (guerra santa) contro l’Occidente che hanno portato al crollo delle Due Torri nel 2011, e non solo.

In Siria si sta verificando lo stesso schema? Nessuno lo sa, ma certo il racconto della guerra che ne fanno i media internazionali è ormai “politicamente corretto” nel senso che i ruoli sono segnati e non è facile dire il contrario.
Mondo e Missione pubblica (dicembre 2012) un articolo di Giorgio Bernardelli che può aiutare a fare luce su questa che è stata definita “la guerra con meno informazioni dirette sulle due parti in campo”. Protagonista è una suora carmelitana siriana (64 anni), superiora del monastero di San Giacomo di Qara (cittadina presso Damasco), la voce più conosciuta di denuncia delle violenze subite dai cristiani in Siria e fondatrice del movimento «Mussalaha» che lavora per la riconciliazione, approvato e sostenuto dal patriarca greco-melkita Gregorio III Laham. Agnese Maria della Croce non prende posizione fra le due parti in lotta, ma usa parole scomode lamentando che le violenze delle milizie islamiste contro i cristiani hanno dato un volto nuovo agli oppositori di Assad. Suor Maria Agnese (siriana di 64 anni), minacciata dai ribelli e ora fuggita in Francia, cita dati e fatti precisi: “Ci sono più di duemila gruppi che operano in Siria, la maggior parte sono legati ad “Al Qaeda”, ai Fratelli Musulmani e ai salafiti. Non sono venuti per instaurare la democrazia, ma la legge coranica in nome di Allah…. Conosciamo il regime e il suo aspetto dittatoriale, le sue azioni non ci sorprendono. Ma che un’opposizione ufficialmente presentata come promotrice dei diritti umani, della democrazia e della libertà, agisca con violenza ancor più sanguinosa rispetto al regime, è un fatto che sciocca”.

Soprattutto suor Maria Agnese cita i fatti di Homs (vicina al monastero di Qara), città in cui vivevano migliaia di cristiani fuggiti nelle campagne e all’estero, l’ultimo dei quali ucciso all’inizio di novembre, un anziano che era rimasto nella sua casa per accudire il figlio disabile. La verità della guerra siriana a poco a poco viene a galla. Senza alcun dubbio il regime di Bashar al-Asad è totalitario e non ammette opposizione di sorta. Ha reagito con violenza inaudita alle prime manifestazioni popolari nel marzo 2011, che nel quadro della Primavera araba chiedevano libertà, democrazie, sviluppo. Ma è altrettanto vero che, in un anno e mezzo di guerra civile, i fanatici dell’islam, a livello di base come di guida strategica e tattica della guerra, hanno già preso il potere fra gli oppositori di Assad. In un appello reso noto il 26 ottobre 2012, il capo di “Al Qaeda” successore di Bin Laden, Al Zawahiri, è tornato a incitare i musulmani “di tutto il mondo a sostenere i loro fratelli siriani in tutti i modi possibili”, auspicando la fine del regime di Assad.

I cristiani non sostengono affatto la dittatura di Assad, ma non vorrebbero nemmeno che in Siria nascesse un altro regime estremista dell’Islam. La piccola grande carmelitana Agnese Maria ha vissuto sulla sua pelle il dramma dei profughi palestinesi e della guerra in Libano e per questo ha fondato il “Movimento della Riconciliazione” (Mussahala) che aveva in Siria un certo seguito. Oggi è costretta ad essere la voce credibile dei cristiani siriani e di molti musulmani che condannano le violenze anti-cristiane. La mia denunzia, ci tiene a precisare, “non è un complotto pro-Assad, ma una via per superare la violenza e dare voce al popolo siriano. Per scegliere il suo futuro ha bisogno di un minimo di sicurezza e stabilità, dopo aver assicurato la coesione del suo tessuto sociale gravemente colpito da tentativi di settarie frammentazioni, alimentate da sanguinosi attacchi da entrambe le parti».
Piero Gheddo
http://gheddo.missionline.org/?p=1110

venerdì 2 novembre 2012

Dove trionfa l'odio e la violenza vincono le forze più estremiste e disumane

Padre Gheddo: Vogliono cacciare i Cristiani dalla Siria, come in Iraq



Il Sussidiario- 1 novembre 2012
Secondo quanto riportato dall'Agenzia Fides, ieri a Homs è stato ucciso l'ultimo  cristiano rimasto in città. L'uomo, Elias Mansour, ottantaquattrenne cristiano  greco-ortodosso, si era rifiutato di essere evacuato con la popolazione civile, che ha abbandonato la città a causa dei combattimenti tra ribelli e governativi. L'anziano era perfettamente consapevole che la sua vita era in serio pericolo, ma non ha voluto lasciare la sua casa al centro della città per restare vicino al figlio handicappato, di cui si occupava da anni e di cui per il momento non si hanno notizie.

L'ultima delle tante storie di cristiani, presi di mira dagli insorti e dai governativi, braccati nell'area di Wadi Sayed, abitata da sunniti e cristiani. Si fa sempre più incerto il loro futuro e la paura è che li attenda il destino dei tanti cristiani che, dopo l'invasione americana dell'Iraq nel 2003, hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni, lasciare tutto e fuggire.
Un destino che ha colpito più di 700mila persone, che hanno dovuto lasciare l'Iraq. I cristiani in Siria rappresentano circa il 10% della popolazione e, in passato, alcuni di loro hanno ricoperto anche importanti cariche all'interno di ministeri e uffici pubblici. Oggi tutto è cambiato e, secondo fonti vicine alla Santa Sede, sarebbero almeno 300mila i cristiani sfollati e che hanno perso tutto.
“Ci sono notizie- dice Padre Gheddo, sacerdote del Pontificio Istituto Missioni Estere- provenienti da molte parti della Siria di uccisioni di cristiani. Stiamo assistendo a una sorta di pulizia etnica, una vera e propria persecuzione. Mentre all'inizio la protesta sembrava prendere una via pacifica sull'esempio di altri Stati, come la Tunisia, in Siria la situazione è precipitata da tempo”. La soluzione per molti è quella che i cristiani emigrino e lascino definitivamente il Paese.
 “Non è giusto- afferma ancora Padre Gheddo- perchè dovrebbero essere sradicati e lasciare le loro case e perdere tutto ciò che hanno, magari per andare nei campi profughi in Giordania, in Libano o in Turchia? Dove e quando troveranno una nuova terra per le loro famiglie e ricostruire il loro futuro? 
C'è il rischio che si ripeta ciò che è accaduto in Iraq, con la fuga di centinaia di migliaia di cristiani che ora sono sparpagliati per i Paesi del Golfo”.
Cosa può fare l' Occidente: “Sicuramente- dice Gheddo- non dovrebbe rifornire di armi i ribelli, perchè si rischia di trasformare la Siria in un nuovo Iran, uno Stato islamista e intollerante. Dove trionfa l'odio e la violenza vincono le forze più estremiste e disumane”.
Una maggiore unità delle diverse confessioni cristiane potrebbe alleviare le sofferenze? “Le varie Chiese cristiane orientali, in particolare quelle siriane- dice ancora Gheddo- sono abbastanza unite fra di loro, soprattutto in questo momento”.
“La Primavera araba è stata un fatto positivo per il mondo musulmano anche se, per il momento, in Siria stiamo assistendo a violenze inaudite- conclude Padre Gheddo-
Purtroppo, all'interno dei ribelli si stanno facendo sempre più strada le forze di Al Qaeda, che hanno snaturato una protesta di giovani che chiedevano diritti e libertà per tutti. Appare sempre più chiaro che l'Islam deve cambiare per entrare nel mondo moderno. Il nucleo di questa guerra civile è proprio questo: l'Islam, come è interpretato e vissuto oggi dalla popolazione, fa a pugni con il mondo moderno. Possiamo notare come nei Paesi islamici più avviati verso la modernità, come il Bangladesh o la Malesia e l'Indonesia, le forze democratiche che non commettono violenze contro le altre religioni, finiscono per avere la maggioranza”.
IlSussidiario.net © Riproduzione Riservata.
http://www.ilsussidiario.net/News/Esteri/2012/11/1/CRISTIANI-PERSEGUITATI-Padre-Gheddo-li-vogliono-cacciare-dalla-Siria-come-in-Iraq/334111/


 

giovedì 24 maggio 2012

Padre Gheddo: e' in corso la pulizia etnica dei cristiani

Padre Gheddo, contattato da IlSussidiario.net, non ha dubbi quando gli si chiede come giudica la situazione dei cristiani in Siria: "Posso solo ripetere quello che ha detto la chiesa ortodossa: ha definito la persecuzione dei cristiani in Siria una pulizia etnica in corso". Parole forti, che colpiscono ancora di più perché raramente i media occidentali parlano di questa situazione: "La comunità internazionale, sia europea che americana, fa ben poco per i cristiani non solo della Siria ma dell'intero Medio Oriente" dice Padre Gheddo. "Questo succede perché decenni di ateismo militante hanno fiaccato e spazzato via gli ideali che tenevano in piedi l'occidente stesso. Il mondo cristiano non è più unito perché manca quella cosa che dovrebbe unirlo, la fede in Cristo". A pagarne il conto, in definitiva, le comunità cristiane del Medio Oriente, là dove la fede cristiana è nata e ha mosso i suoi primi passi.

Padre Gheddo, altri cristiani uccisi in Siria. Come giudica la situazione?
La giudico con le stesse parole che ha espresso la chiesa ortodossa. Ha definito la persecuzione contro i cristiani in Siria una pulizia etnica in corso. Una pulizia etnica da parte dei militanti musulmani legati ad Al Qaeda. Il problema della rivolta in Siria, esattamente come successo in Libia, è che in essa sussistono due componenti. Una laica, indipendente e tollerante, e una corrente estremista musulmana tenuta a freno da Assad padre e Assad figlio fino a oggi.
I cristiani infatti hanno sempre goduto di libertà religiosa in Siria.
I dittatori che si sono succeduti in Siria appartengono alla setta dei musulmani alauiti, che è una setta islamica considerata non ortodossa ma che ha sempre difeso i cristiani perché erano anche loro perseguitati e non ben visti dalla maggioranza dei musulmani. Si pensi che i cristiani fuggivano dal Libano, dall'Iraq, a volte anche dalla Turchia per trovare rifugio proprio in Siria.
Oggi però è tutto il Medio Oriente a vivere una situazione del genere, i cristiani diminuiscono continuamente.
Ma per forza. In tutti i Paesi del Medio Oriente con l'esclusione forse del Libano dove i cristiani numericamente sono abbastanza, circa il 40% della popolazione, e hanno la fortuna di vivere nello stesso posto geografico, il nord del Paese, i cristiani si sentono minacciati e se possono fuggono. Non solo in Medio Oriente, ma anche in Egitto e in Libia.
Cosa ha portato storicamente a questa persecuzione, in Paesi dove prima si viveva in un clima di tolleranza?
Il problema dell'Islam in Medio Oriente è questo: dalla fondazione dei Fratelli musulmani in Egitto nel 1928 e poi dopo il trionfo di Khomeini nel 1979 i cristiani sono diventati vittima di persecuzione perché ha preso il sopravvento una visione intollerante ed estremista dell'Islam.
Secondo lei la comunità internazionale, l'occidente, cosa sta facendo per la Siria e per tutti i cristiani del Medio Oriente?
Sta facendo molto poco perché questa situazione di persecuzione dei cristiani è esplosa quando la comunità politica americana ed europea sono entrate in una crisi tremenda non solo economica, ma anche di ideali.
Cioè?
E' venuta a mancare quella unità del mondo cristiano che prima permetteva anche una reazione, una presenza a livello internazionale in difesa delle minoranze. Il mondo occidentale non è più unito perché manca quella cosa che dovrebbe unirlo: la fede in Cristo.
Quali le ragioni di tutto ciò?
L'ateismo militante e la secolarizzazione hanno fatto in modo che le società europee non sentissero più l'esigenza di difendere i cristiani.
Si può dire che le colpe dell'occidente ricadono sui cristiani della Siria e del Medio Oriente?
La colpa storica dell'occidente è quella di aver abbandonato Cristo e la vita cristiana lasciando che si affermasse un movimento di ateismo militante che ha tolto ai cristiani una unità di fede che invece hanno i musulmani.
Ci spieghi meglio questo passaggio.
Bisogna riconoscere che la fede islamica tiene uniti i musulmani, anche se poi hanno anche loro le loro divisioni interne, ma sul Corano sono tutti d'accordo. Dunque la colpa non è di questo e di quello, ma esiste una colpa storica dell'occidente.
La Chiesa continua a sostenere i cristiani perseguitati ovviamente. I missionari riescono ancora a raggiungere la Siria?
Senza dubbio, la chiesa continua a sostenere i fedeli, il Papa continua a richiamare alla difesa dei cristiani. Oggi in Siria c'è già una guerra civile reale mai dichiarata tanto che assistiamo continuamente a intere città prima liberate dai partigiani, poi riconquistate dall'esercito. I missionari ovviamente non possono neanche avvicinarsi alla Siria. Eppure in Siria c'è davvero una forte comunità cristiana. Ho visitato questo Paese per due volte e rimasi stupito nel vedere quale radicata presenza dei cristiani era presente: scuole, ospedali, chiese, case di riposo Ricordo che al confine con l'Iraq sull'Eufrate trovammo una chiesa ortodossa e il parroco ci spiegò che era normale: i cristiani, ci disse, sono ovunque in Siria.
Questi sono i luoghi dove il cristianesimo è nato, ma adesso rischiano di trovarsi senza più i cristiani.
Il problema dell'Islam che si sta operando per far sparire la presenza cristiana è che quella evoluzione verso una società moderna che era stata avviata è stata bloccata. Il problema vero infatti è l'educazione. In quei Paesi non esiste una vera scuola che prepara i bambini al mondo moderno. Ho visto in Pakistan, in Indonesia, in Malesia, in Egitto e anche in Libia testi scolastici che dicevano che i nemici sono bianchi, cristiani, europei e americani. Questa è una educazione che viene da lontano, da quando l'Islam si sentì perseguitato dalla colonizzazione europea, addirittura dall'arrivo di Napoleone in Egitto. Fu così che nacquero organizzazioni come i Fratelli musulmani. La conseguenza è la mancanza di un sistema educativo, non esiste una èlite di intellettuali in grado di confrontarsi con il mondo occidentale, ma c'è una popolazione povera e diseducata su cui è facile far presa per introdurre il terrorismo. Anche i governi che proteggevano i cristiani in Siria o in Egitto non hanno cambiato la mentalità della gente perché non hanno creato un sistema educativo moderno.