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venerdì 9 aprile 2021

Ora sappiamo cosa ci avvicina ad altri popoli ...

La dignità, la fierezza, la tenacia, la consapevolezza, il coraggio e la bella semplicità dei Siriani, popolo nobilitato dalla sua civiltà plurimillenaria e dalle tradizioni sempre vive, che da dieci anni resistono a una guerra scellerata volta a distruggere il loro Paese e a sterminarli, sono riassunti mirabilmente in questa emozionante lettera della scrittrice damascena Nadia Khost (Siriana circassa nata nel 1935, laureata in filosofia presso l’Università di Damasco e dottorata in letterature comparate in Unione Sovietica con un saggio su: ‘’Influenza dell’opera di Anton Čechov sulla letteratura araba’’).

Autrice di numerosi saggi e racconti sulla storia, l'architettura, la conservazione e la protezione del patrimonio della civiltà araba, è anche un’indefessa testimone sulla guerra contro il suo Paese.

  Maria Antonietta Carta

Miei cari amici, 

 non ci siamo più visti dalla vostra lontana visita in Siria. E oggi siamo sparsi per il mondo, dato che l'ingresso in alcuni Paesi arabi ora è più facile per un Americano o un Israeliano che per un Siriano. 

Ho percepito un po’ di tristezza nelle vostre lettere. Avete ragione. La guerra mondiale che ha ispirato tanti poemi epici è durata solo quattro anni, mentre la guerra contro la Siria continua da dieci anni. Una guerra condotta con la partecipazione di grandi potenze oltre che di piccoli Stati e durante la quale i crimini commessi hanno ricevuto la copertura di conferenze stampa internazionali, incontri di capi di Stato europei, lacrime di organizzazioni umanitarie e un corteggio di intellettuali siriani. 

Comprendo la vostra tristezza. Dieci anni delle nostre vite e delle vite dei nostri figli sono stati ingoiati da una guerra che ha accorciato le nostre strade e ci ha derubato delle nostre foreste e delle nostre montagne, mentre le sabbie delle nostre spiagge hanno dimenticato i nostri passi. Dieci lunghi anni al termine dei quali anche la gioia normalmente ispirata dalla fioritura dei nostri melangoli e cedri non può più dissipare la nostra amarezza, poiché le ali della felicità nascono solo nei Paesi sicuri. 

Tuttavia, anche i bambini hanno resistito cantando. Alcuni hanno continuato a sfilare sotto i proiettili dei gruppi armati e noi li abbiamo seguiti. Una granata è caduta a un passo da noi e quando siamo tornati a casa sani e salvi abbiamo celebrato la nostra vittoria sulla morte nella terra del primo alfabeto.

Spero che gli esperti onesti scriveranno la verità su questa guerra intrapresa contro di noi, poiché i Siriani generalmente compiono imprese e le superano senza fissarle per la storia. Spero che ricorderanno quei giorni difficili, specialmente il giorno in cui il presidente francese Hollande disse a Putin che la mappa della Siria ora era come la scacchiera, a significare la divisione de facto del territorio dello Stato siriano. E questo, proprio mentre i terroristi tentavano di invadere il quartiere di Al-Qassa da Piazza degli Abbasidi ed entrare a Damasco da Daraya. 

Daraya, un sobborgo di Damasco occidentale trasformato in una caserma dei terroristi che ospitavano Americani, tra i quali un agente della CIA che inviò ogni genere di messaggeri per cercarlo; mentre i colpi di mortaio piovevano sulle strade di Damasco e interrompevano il silenzio delle sue notti, mentre "bandiere nere" fluttuavano sui vicini sobborghi di Jobar e Zabadani e mentre salutavamo i nostri figli e i nostri mariti, che andavano a studiare o lavorare, senza alcuna certezza di trovarli sani e salvi al loro ritorno. 

I terroristi hanno persino bombardato la Facoltà di Architettura nel centro della capitale e il Teatro dell'Opera di Damasco. Tuttavia, i venditori di ortaggi sono rimasti al loro posto, i negozi e le farmacie hanno tenuto le porte aperte, le cliniche hanno continuato a ricevere i pazienti, i funzionari hanno ricoperto i loro incarichi in diverse istituzioni, i musicisti non hanno interrotto le prove, i concerti sono continuati e gli ospiti alle serate culturali hanno risposto con la loro presenza. 

 Stavamo giocando con la vita e la morte? Probabilmente. Ma piuttosto, chiediamoci perché un destino così mostruoso abbia sottoposto la terra di così tante civiltà a così tante demolizioni e smantellamento e distruzioni. Ciò può essere spiegato solo con il fatto che Siria, Iraq e Libano hanno combattuto contro Israele e che insieme rappresentiamo il fronte orientale di questa lotta. Una spiegazione a cui va aggiunto l'odio del falso contro l'autentico così come l'odio degli incolti contro gli eredi della civiltà. Bush non ha forse detto che avrebbe riportato l'Iraq all'età della pietra? 

 Nonostante la nostra stessa sofferenza, sentiamo dolorosamente quello che è successo all'Iraq e temiamo quello che potrebbe ancora accadergli con la presenza degli Americani sul suo suolo, perché non siamo abituati a pensare solo alla Siria. Il nostro cuore è sempre rivolto a questi Paesi fratelli con la certezza che, da Baghdad a Beirut, ci è stata riservata la stessa sorte nella mappa delle partizioni israelo-americane. 

Una certezza basata sul complotto ordito contro la Siria dagli Stati Uniti a causa della sua importanza geopolitica? Certamente no! Lo sapevamo molto prima di loro, ma con una visione diversa dalla loro. Una visione che ci invita a difendere insieme la dignità dell’arabicità e della persona umana dalla barbarie occidentale che dobbiamo vincere ed estromettere dalla nostra storia.

Comprendiamo quindi perché contro di noi è scoppiata una nuova guerra: una guerra diretta contro la nostra lira siriana e il nostro pane profumato. 

Comprendiamo perché l'occupante statunitense e i suoi agenti curdi rubano il nostro grano oltre che il nostro petrolio e, come i loro antenati saccheggiatori, bloccano le strade che portano da noi, nella speranza di disegnare una nuova realtà sociale in cima alla quale starebbero i mezzani di guerra e nell'abisso il popolo impoverito. 

Comprendiamo perché ci mettiamo in fila fuori dalle stazioni di servizio e dai forni per il pane. Se chiedessi a qualcuno di coloro che aspettano in coda se acconsentirebbe a un accordo favorevole agli Stati Uniti e a Israele per porre fine alla crisi, lui si indignerebbe e direbbe: "Come potrebbero perdonarci i nostri anziani?"... Non furono i "Martiri di maggio" i primi a illuminarci sul sionismo? ". 

 Prima della guerra, non avrei mai immaginato che fossimo capaci di tanta pazienza e coraggio. È così perché siamo convinti che la nostra sconfitta farebbe precipitare la regione nell'oscurantismo e nella barbarie? È perché crediamo di dover pagare il prezzo per il cambiamento delle relazioni internazionali? Avremo infatti contribuito in larga parte all'avvento di una nuova realtà: quella di un mondo ormai multipolare.

 Amici miei, non preoccupatevi per me. Naturalmente, durante questa guerra, ho spesso pianto di tristezza per le sofferenze della gente e del Paese. Una tristezza che però non ha niente a che vedere con la rassegnazione o la debolezza. Inoltre, i Siriani non hanno mai chinato la testa, tranne quando sono stati decapitati dai terroristi wahhabiti.

D'altra parte, abbiamo perso le nostre illusioni che ogni Arabo sia più vicino a noi di un Russo, Iraniano e Venezuelano. Abbiamo scoperto che ciò che unisce o divide le persone è la visione, il comportamento e la consapevolezza.

  Nadia Khost

Trad.  Maria Antonietta Carta

https://arretsurinfo.ch/syrie-desormais-nous-savons-ce-qui-nous-rapproche-dautres-peuples/

martedì 10 novembre 2020

Una parola ai tempi del Coronavirus, da Soufanieh di Damasco

Padre Elias Zahlaoui nel suo ufficio a  Notre Dame de Damas © Nadine Zelhof

di Padre Elias Zahlaoui - Damasco

Pubblicato da: Arrêt sur info

Traduzione: Gb.P. per OraproSiria


Si parla molto del Coronavirus. Alcuni hanno insistito per avere la mia opinione, nonostante la mia ignoranza di questioni mediche e scientifiche. Alla fine decido di darla, nella speranza di portare a qualcuno un po' di luce e molte certezze.

Qualunque sia l'origine di questo virus, qualunque sia la quantità delle sue vittime e delle sue ricadute, e qualunque sia la verità di ciò che si dice al riguardo, mi sembra che dobbiamo riconoscere che il mondo intero si trova ad affrontare un dilemma senza precedenti. Questo dilemma, nessuno avrebbe potuto immaginarlo. È l'incubo della morte, certa e rapida, che ora incombe sulla testa di ogni persona sulla terra.

Questo è il dilemma! C'è una via d'uscita? 

Certo, prima o poi si troverà una cura. La Cina lo ha già sconfitto. Tuttavia, il rimedio medico non può in alcun modo significare che l'umanità sia sfuggita al grande pericolo che la minaccia nella sua stessa esistenza. Questo pericolo, il virus l'ha brutalmente messo a nudo e in un modo che non è più possibile ignorare.

Da parte mia, devo ammettere che vedo in questa crisi un aspetto luminoso, che molti rischiano di non vedere, o si rifiutano di vedere.

Che la morte ora mostri la sua presenza nella vita di ogni essere umano, ringrazio Dio per questo. Essa sembra dirci: “D'ora in poi, conduci una vita dignitosa, sia per te stesso che per ogni essere umano intorno a te, e fino ai confini della terra. Altrimenti, non meriti di vivere perché la morte è parte integrante della vita. Quindi se non ti insegna come condurre una vita degna di ogni essere umano, significa che non meriti di vivere. "

Qui mi vengono in mente due grandi versetti. Uno è di Cristo che dice: "A che serve all'uomo guadagnare l'universo se perde la sua anima?" L'altro è dal Corano. Eccolo: “Tutto è effimero. Rimane solo il Volto del tuo Signore, tutto in maestà e dignità ”.

Alcuni cercheranno di minimizzare l'importanza di questo grave dilemma e di interpretare questi due versetti in modo tale da eliminare il loro significato profondo. A loro dirò senza mezzi termini che questo dilemma, visto alla luce di questi due versetti, dice a chiunque ascolti, veda e capisca:

La vita è per te e per gli altri ... L'amore è per te e per gli altri ... La dignità è per te e per gli altri ... È lo stesso per la pace, la gioia, la salute, il cibo, la scienza, i soldi, la libertà, la parola ... Tutto questo è per tutti.

Se lo comprendi e agisci di conseguenza, allora e solo allora la tua vita e quella di ogni essere umano diventeranno amore, dignità, gioia e serenità.

Sì, questo è per me l'aspetto luminoso e positivo di questo oscuro dilemma globale.

Qui, naturalmente, sta la grande difficoltà, al punto che può arrivare ai limiti dell'impossibile, per la stragrande maggioranza degli uomini. In effetti, in che cosa è sorprendente che i miliardi di persone lasciate indietro nel mondo dicano: dov'è la vita? Dov'è la speranza? Dov'è la gioia? O… ? O… ? O dov'è Dio?

Sì, questa è la nostra condizione pietosa in tutto il mondo.

Si può immaginare l'esistenza di poche centinaia di milioni, esclusivamente occidentali, sui sette miliardi che riempiono la terra, oltre a poche centinaia di "arricchiti occidentalizzati", provenienti da paesi sottosviluppati? Essi sembrano ignorare completamente, nel concreto della loro vita e delle loro relazioni, la verità della morte, in tutto ciò che questa verità possiede come esigenze capaci di indirizzare gli uomini a condurre una vita di rettitudine, con i loro fratelli umani e con Dio, sulla terra e nell'eternità? Sono arrivatii a condurre uno stile di vita che suggerisce che Dio è davvero morto per loro - nonostante alcune manifestazioni di religiosità nell'uno o nell'altro - e che saranno soli a vivere eternamente sulla terra. Per questo si permettono, consciamente o inconsciamente, di attaccare ogni legittimità e ogni valore, e calpestano tutti gli uomini, tutti i popoli, tutta la natura, senza mai accontentarsi!

Oggi è diventato evidente che il mondo è diviso in due parti, una, numericamente piccola ma di illimitata prepotenza, l'altra, composta dalla stragrande maggioranza della popolazione mondiale, che prova con tutta la sua forza a resistere, per assicurarsi un minimo di vita accettabile.

Quanto a noi, in Siria, lo siamo stati in verità, per più di nove anni, e rimaniamo al centro di questo combattimento cosmico. Abbiamo difeso la sopravvivenza, non solo della Siria, ma di tutta l'umanità. Poi è arrivato il giorno benedetto in cui, nel cuore dell'inferno dei combattimenti, si è formato un fronte di resistenza mondiale, che raggruppava Russia, Cina, Iran e Hezbollah libanese, oltre ad alcuni piccoli Paesi. La Siria è al centro di questo fronte, a causa della sua situazione e della sua leggendaria resistenza.

Ecco perché, in mezzo a questo dilemma del CoronaVirus, dico spontaneamente, senza alcuna affettazione:  Benedetto il giorno in cui, grazie al CoronaVirus, tutti gli uomini, dai "più forte" al "più debole", dal "più ricco" al "più povero", stanno tremando, nei loro "palazzi", o nelle loro immense "haciendas", o nelle loro "case", oppure nei loro bassifondi, o sotto i ponti dei fiumi, o alle fermate delle metropolitane, nelle città dell'Europa, degli Stati Uniti, del Canada, dell'Australia, o nella più totale miseria, ridiventati così tutti uguali nella paura della morte.

D'ora in poi, questa nuova realtà è davvero un evento che non può essere ignorato, e che richiede al mondo intero di farne una linea di demarcazione, a livello di tutta l'umanità, tra presente e futuro, prima che sia troppo tardi.

È evidente che oggi il mondo intero si trova di fronte a un bivio e a un dilemma, e quindi di fronte a una scelta: o è un avvio rapido e onesto, per trovare un Ordine Internazionale Nuovo, che garantisca sicurezza e giustizia, e di conseguenza pace per tutti, oppure l'annientamento totale, prima o poi.

So, naturalmente, che tali parole provocheranno spontaneamente reazioni, che mi accusano di lasciarmi trasportare da sogni "impossibili". Non mancheranno di affermare che l'umanità ha affrontato problemi altrettanto gravi, che ne è uscita e che poi tutto si è ritrovato come in passato.

Questa obiezione può sembrare plausibile a prima vista; ma ignora la differenza essenziale tra la natura dell'attuale crisi del Covid19, e ciò che rischia di causare come nuove crisi, e la natura di tutte le crisi precedenti senza eccezioni.

È che oggi, la morte, presente e imminente, aleggia su tutti. Pone una doppia domanda, che condensa il destino dell'umanità attuale, e che non è mai stata posta da nessuna delle crisi precedenti. Eccola :

Noi umani, vogliamo che la nostra esistenza sulla terra sia limitata alla sola terra, in modo che i forti divorino i deboli all'infinito, o vogliamo tornare alla nostra ragione e al nostro Creatore, che sono il nostro supremo ricorso, per vivere sulla terra la vita che la nostra ragione ci impone, ed essere come Dio ci ha voluto: fratelli uguali in tutto, che cercano di ricostruire la nostra Terra, per piacere a Dio e per rendere felice ogni uomo?

Ora mi sembra che l'immensa Sapienza di Dio abbia preceduto le suppliche degli oppressi, incapaci di cambiare nulla alle loro condizioni. Ci ha sorpreso con un Evento straordinario, sfuggito a tutte le scienze umane. Voleva anche che Damasco fosse, fra tutte le città del mondo, il luogo privilegiato di questo sacro Evento.

Da parte mia, vedo un legame segreto ma reale tra, da un lato, questo straordinario Evento religioso, e la guerra infernale intrapresa contro la Siria, e, dall'altro, l'attuale crisi provocata dal Virus.

All'epoca nessuno, al di fuori dell'amministrazione americana, poteva immaginare la portata di ciò che era stato pianificato contro Damasco, e a partire da Damasco, contro il mondo arabo, infine contro il mondo intero. Lo potevano sapere solo quelli che si nascondevano dietro ciò che pubblicava un articolo di 12 pagine, dal titolo: "Strategie d'Israele negli anni 80" , firmato dallo stratega Oded Yinon nel numero del febbraio 1982 di una rivista israeliana, che porta il nome di "Kévonim" (che significa "orientamento"), e che era diffusa a Gerusalemme.

È necessario ricordare quanto è accaduto da quel giorno, nella realizzazione di questo Piano dichiarato alla luce del sole, a livello dell'intera regione, oltre a quanto già realizzato, ed ancora in corso in Palestina, dalla decisione di spartizione del 1947?

Per quanto riguarda questo Evento religioso, meglio conosciuto con il nome di ʺSoufaniehʺ, è avvenuto negli ultimi giorni di novembre 1982, pochi mesi dopo l'articolo della rivista ʺKévonimʺ.

È per caso?

Pongo questa domanda ʺspontaneaʺ, con la certezza di chi sa che i molteplici aspetti di questo insolito Evento religioso, confermano uno straordinario intervento divino, con dimensioni religiose globali, che ha finito per imporre la sua presenza in quasi tutte le chiese del mondo, soprattutto in Vaticano. Tutti gli scienziati, medici e teologi, che arrivarono pieni di dubbi e alcuni di confutazioni, finirono per adottarlo, insegnandolo anche nelle università, in Germania, in Francia e negli Stati Uniti, difendendolo nei loro scritti, riconoscendone l'autenticità, l'importanza e la delicata puntualità.

Coloro che hanno seguito questo Evento hanno avuto, partendo dall'unità dei molteplici aspetti di questo Evento, l'assoluta convinzione, durante i tanti anni che hanno preceduto la guerra e durante questa guerra, nonostante il suo orrore e la sua durata, che in Siria non eravamo soli ad affrontare quasi il mondo intero, in tutto ciò che aveva di malizia demoniaca, di intelligenza progettuale, di scienza omicida, di armi mostruose, di denaro corruttore e di esseri umani che ci erano stati inviati a centinaia di migliaia, da diverse regioni e carceri di tutto il mondo dopo essere stati proditoriamente privati di ciò che fa un uomo: la ragione!

Sì, lo dico senza ombra di dubbio: in Siria avevamo la prova assoluta che non eravamo soli. Dio era con noi, quando i capi dell'Occidente e tutti i loro servi ribadivano, ebbri di certezza, che la caduta della Siria era imminente, da un giorno all'altro.

Quanto a noi, figli di Soufanieh - tale è il nome del modesto quartiere dove si sono verificati questi fatti straordinari - la nostra certezza della Presenza di Dio in mezzo a noi, poggiava sulla successione di questi fatti stessi, e più particolarmente sui messaggi celesti, che la Vergine ha trasmesso per la prima volta dalla notte del 18/12/1982, e che Cristo ci ha consegnato, dal pomeriggio di giovedì 31/5/1984.

Rimanendo nei limiti del mio argomento, lascio da parte la posizione delle persone a Damasco e altrove, di fronte a questo Evento. Mi attengo ad alcuni dei suoi messaggi, che hanno radicato in noi la certezza della presenza del Cielo con tutti i suoi figli di Siria. Ma trovo utile segnalare una cosa importante, particolare di questo Evento. Con questo intendo il fatto che la Beata Vergine e Cristo, durante questo Evento, hanno usato la lingua araba. E questa è la prima volta nella storia.

Quanto a questi messaggi, mi limito a quelli più importanti che toccano il nostro argomento.

La notte del 18/12/1982, la Beata Vergine iniziò così il suo primo messaggio:

" Figli miei, ricordatevi di Dio, perché Dio è con noi ... "

La mattina di venerdì 11/4/1983 la Beata Vergine disse anche, ma in Arabo dialettale:

“… Il mio cuore era consumato per il mio Figlio Unigenito. Non si esaurirà su tutti i miei figli. ... "

Devo ammettere che in questo giorno abbiamo capito, soffocati dall'angoscia, che qualcosa di terribile si stava preparando contro la Siria e che ciò avrebbe ucciso, come è stato ucciso suo Figlio, un gran numero tra di noi, ma non tutti! Ed ecco, nel suo messaggio abbagliante, Ella proclamava l'uguaglianza tra suo figlio Gesù e coloro che considerava suoi figli, in Siria, quelli che la considerano come loro Madre.

Quel giorno abbiamo avuto la certezza che stavamo camminando verso una prova molto grande, ma che l'avremmo vinta, grazie a Dio, nonostante essa ci sarebbe costata un dolore lancinante, e ad un prezzo altissimo.

Va sottolineato che la Beata Vergine è già apparsa in molti luoghi del mondo, e che ha consegnato lì, nella lingua locale, messaggi importanti, ma che hanno sempre chiamato gli uomini a tornare a Dio, ad amare gli altri, oltre che alla preghiera. Ma non notiamo in nessuna delle sue numerose apparizioni, riconosciute dalle Chiese, sia cattoliche che ortodosse, che abbia pronunciato qualcosa che si avvicina a ciò che ha consegnato in quel breve messaggio a Damasco.

Passammo cinque mesi in preghiera. All'improvviso avvenne la prima manifestazione di Cristo, durante la quale Egli disse in arabo letterario:

Io sono l'Inizio e la Fine.
Sono la Verità, la Libertà e la Pace.
La mia Pace vi do. ... "

Un messaggio del genere ha bisogno di una spiegazione?

Poi i messaggi di Cristo si sono susseguiti, densi e forti, fino al Sabato Santo, 10/4/2004, dove ci ha detto, davanti a un imponente gruppo di medici, teologi e giornalisti, convenuti da tutto il mondo:

"Il mio ultimo Comandamento per voi:
Tornate tutti a casa vostra,
ma portate l'Oriente nei vostri cuori.
Da qui è scaturita di nuovo una luce,
di cui voi siete l'irraggiamento,
per un mondo sedotto dalla materia, dalla sensualità e dalla celebrità, al punto che ha quasi perso i suoi valori.
Quanto a voi,
salvaguardate la vostra orientalità.
Non permettete che la vostra volontà, la vostra libertà e la vostra fede siano alienate, in questo Oriente. "

Sette anni dopo, scoppiò questa orribile guerra.

Tuttavia, dichiaro davanti a Dio e al mondo intero, senza alcuna esitazione ma con l'umiltà del credente:

Eravamo tutti, figli di Soufanieh, perfettamente in pace, di fronte agli orrori che si stavano commettendo, anche se schiacciati dalle sofferenze e dal dolore.

Fu allora, il Giovedì Santo della Settimana Santa, il 17/4/2014, che era il giorno della Festa Nazionale in Siria, che Cristo ci ha consegnato questo messaggio inaspettato:

"Le ferite che hanno sanguinato su questa terra,
sono proprio le stesse che sono nel mio corpo.
Perché la causa e l'autore sono gli stessi.
Ma state certi che il loro destino somiglia a quello di Giuda stesso."

Per duemila anni Cristo non aveva mai usato un linguaggio come questo, né vicino né lontano.

In questo giorno, la nostra serenità raggiunse dentro di noi i limiti dell'impossibile.

Perché colui che parla al mondo in generale, e ai Siriani in particolare, è Cristo Gesù, Figlio della Siria. E Cristo intende esattamente sempre quello che dice. Le Sue parole ci hanno ricordato ciò che disse ai suoi discepoli poche ore prima della sua crocifissione:

Abbiate fiducia: Io ho vinto il mondo! "

Anche qui chiedo: queste parole hanno bisogno di una spiegazione?

Queste parole di Cristo, non significano forse che il mondo è in cammino verso una nuova fase, come quella che ha accompagnato la Sua crocifissione, la Sua morte e che ha seguito la Sua risurrezione?

Non è questo il significato delle Sue ultime parole:

"Ma state certi che il loro destino somiglia a quello di Giuda"?

Sì, fatemi finire.

Dalla Siria, io annuncio ai governanti del mondo che il loro destino è in via di sparire, proprio come il destino di Giuda.

Non ci sono, in quanto sta accadendo a livello mondiale, a causa del Coronavirus, i segni premonitori dell'ascesa di un nuovo mondo?

Ecco questo Occidente, armato di armi finanche nello spazio, annegato nei mari rossi della moneta delle armi, posseduto dalla follia di un'egemonia totale sul mondo, che crolla davanti alla sua scandalosa incapacità medica, in alcuni dei suoi Paesi più influenti, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, ad affrontare un virus che sta decimando i suoi figli a migliaia. Dall'altra parte, i paesi "maledetti", come Cina, Russia e Cuba, stanno affrontando questo virus, sconfiggendolo e correndo in aiuto di questi stessi occidentali dominatori.

Sì, sorgerà inevitabilmente un nuovo ordine mondiale, come risultato dell'epidemia di Coronavirus in espansione, e cambierà totalmente il corso di tutta l'umanità, per porre fine a una precedente ingiustizia e risparmiarsi la catastrofe atomica in divenire.

Certamente non c'è altra scelta per l'umanità oggi, se non la ʺResurrezioneʺ di un ordine mondiale nuovo, che ha avuto inizio con la crocifissione della Siria, e che nulla può fermare la luce della Sua Resurrezione su tutta la Terra.

Padre Elias Zahlaoui

Damasco, 25/03/2020

venerdì 15 giugno 2018

Le misure coercitive unilaterali rafforzano la crisi umanitaria in Siria


Dichiarazione di Idriss Jazairy, relatore speciale del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra su "gli effetti negativi delle misure coercitive unilaterali sull'esercizio dei diritti umani", alla fine della sua missione nella Repubblica Araba Siriana.
L'immagine può contenere: una o più persone, scarpe e spazio all'aperto
Idriss Jazairy, relatore speciale sull'effetto negativo delle misure coercitive unilaterali sul godimento dei diritti umani, ha visitato la Siria dal 13 al 17 maggio 2018 su invito del governo siriano. Alla fine del suo viaggio, era profondamente preoccupato di come vengono applicate le sanzioni unilaterali. Una delle conseguenze è il rifiuto dell'aiuto umanitario di emergenza per il popolo siriano; le sanzioni aggravano la crisi umanitaria in Siria e riguardano soprattutto le popolazioni più fragili. Idriss Jazairy ha annunciato che nel settembre 2018 apparirà il suo rapporto dettagliato contenente i suoi risultati e le sue raccomandazioni.
Pubblicato in inglese da   Ohchr.org 
Traduzione:  OraproSiria 

Osservazioni preliminari e raccomandazioni
Vorrei iniziare questo incontro esprimendo la mia gratitudine al governo della Repubblica araba siriana per il suo invito a visitare il paese e per la franchezza e la disponibilità che ha dimostrato e che hanno facilitato gli incontri della mia missione. Vorrei anche ringraziare l'ufficio del coordinatore residente, i membri della squadra nazionale delle Nazioni Unite e l'ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani per il loro prezioso sostegno.
Il Consiglio per i diritti umani mi ha incaricato di monitorare gli effetti negativi delle misure coercitive unilaterali sull'esercizio dei diritti umani, di riferire e formulare raccomandazioni. In diverse occasioni, le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per l'uso di tali misure che potrebbero essere in conflitto con il diritto internazionale, il diritto internazionale umanitario, la Carta delle Nazioni Unite, le norme e i principi che governano relazioni pacifiche tra Stati.
Durante la mia visita, ho avuto l'onore di essere ricevuto da ministri, vice ministri e alti funzionari dei Ministeri degli Affari Esteri e degli Espatriati, dell'Economia e del Commercio, Amministrazione locale e Ambiente, del Lavoro e Affari Sociali, Trasporti, Agricoltura e riforma agraria, dell'Elettricità e della Sanità. Ho anche incontrato la direzione della commissione per la pianificazione e la cooperazione internazionale, l'ufficio centrale di statistica, la Camera di Commercio e il governatore della Banca centrale.
Il personale della società civile, le organizzazioni umanitarie e gli esperti indipendenti mi hanno dato delle guide. Infine, sono grato anche per i numerosi corpi diplomatici che hanno condiviso le loro opinioni con me durante la mia visita. Ho apprezzato molto i briefing della Commissione economica e sociale delle Nazioni Unite per l'Asia occidentale a Beirut prima della mia visita.

Lo scopo di questa missione era di esaminare fino a che punto le misure coercitive unilaterali dirette alla Repubblica araba siriana indeboliscano la piena realizzazione dei diritti sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in altri strumenti internazionali sui diritti umani.  Presenterò il mio rapporto completo al Consiglio per i diritti umani nel settembre 2018. Questo rapporto contiene le mie osservazioni preliminari sui risultati della mia visita.
Ho esaminato la situazione della Repubblica araba siriana in quanto obiettivo di misure coercitive unilaterali da parte di diversi Stati. Ho analizzato le prove rilevanti e ho cercato di valutare l'impatto attuale di tali misure sul popolo siriano. Uno Stato ha istituito misure coercitive unilaterali nel 1979, che sono state rafforzate negli anni successivi. Un gruppo più ampio di Stati ha iniziato ad applicare misure simili nel 2011.
Le misure collettive richiedono un divieto di commercio per l'importazione e l'esportazione di vari servizi e beni. Ciò include anche i trasferimenti finanziari internazionali. La sovrapposizione di diversi gruppi di misure collettive settoriali, unitamente all'introduzione sistematica di restrizioni finanziarie, equivale al loro impatto complessivo sull'imposizione di restrizioni più ampie sulla Siria. Sono state inoltre attuate misure complementari rivolte a persone in base al loro rapporto con il governo.
Per la loro natura globale, queste misure hanno avuto un effetto devastante sull'intera economia e sulla vita quotidiana delle persone comuni. Ciò ha esacerbato le loro sofferenze a causa della devastante crisi che si è sviluppata dal 2011. Distinguere gli effetti delle misure coercitive unilaterali di questa crisi pone molte difficoltà, ma ciò non sminuisce in alcun modo la necessità di ripristinare i loro diritti umani fondamentali nel loro insieme.
È chiaro che la sofferenza inflitta da misure coercitive unilaterali ha aumentato la sofferenza causata dal conflitto. In effetti, ironia della sorte, queste misure attuate dagli Stati di origine senza preoccuparsi dei diritti umani, attualmente contribuiscono al deterioramento della crisi umanitaria come una conseguenza fortuita.

Il drammatico aumento della sofferenza del popolo siriano
L'economia siriana continua a deteriorarsi a un ritmo allarmante. Dopo l'applicazione delle misure coercitive nel 2011 e l'inizio dell'attuale crisi, il PIL annuo totale della Siria è diminuito di due terzi. Le riserve in valuta estera sono state esaurite e le attività finanziarie internazionali e altre attività continuano a essere congelate. Nel 2010, 45 lire siriane erano scambiate a un dollaro; nel 2017, il tasso è sceso a 510 lire per dollaro. L'inflazione è aumentata drasticamente dal 2010, con un picco dell'82,4% nel 2013; il prezzo del cibo è aumentato durante questo periodo. La combinazione dei fattori ha portato alla devastazione delle condizioni di vita della popolazione che era già stata danneggiata dal conflitto. Questo fenomeno riguarda in particolare la metà dei siriani attivi che ricevono uno stipendio fisso.

Conseguenze non intenzionali delle misure coercitive unilaterali
Questo danno all'economia ha avuto effetti prevedibili sulla capacità dei siriani di comprendere la loro economia e i loro diritti sociali e culturali. Gli indici di sviluppo umano siriano sono tutti crollati. C'è stata una crescita vertiginosa del tasso di povertà tra i siriani ordinari.  Mentre non c'era insicurezza alimentare prima dello scoppio della violenza, nel 2015 il 32% dei siriani ne è stato colpito. Allo stesso tempo, la disoccupazione è aumentata dall'8,5% nel 2010 a oltre il 48% nel 2015.

Restrizioni bancarie
Le preoccupazioni onnipresenti di cui ho sentito parlare durante la mia missione riguardano gli effetti negativi delle restrizioni finanziarie su tutti gli aspetti della vita siriana. Le restrizioni della Banca centrale, delle banche pubbliche e delle banche private, nonché delle transazioni nelle principali valute internazionali hanno eliminato la capacità di chiunque di fare affari a livello internazionale.
Pur avendo teoricamente incluso "deroghe umanitarie", nella pratica queste si sono rivelate costose ed estremamente lente.
L'incertezza sul fatto che le transazioni violino o meno le misure coercitive unilaterali ha portato a un "raffreddamento" di banche e aziende che sono, quindi, riluttanti o incapaci di fare affari con la Siria. Ciò ha impedito alla Siria, alle multinazionali, agli attori non governativi (compresi quelli che lavorano solo nel campo umanitario) e ai cittadini siriani di condurre transazioni finanziarie internazionali (anche per beni legalmente importati) , ottenere credito o, per attori internazionali, pagare salari o pagare imprenditori in Siria.
Ciò ha costretto i siriani a trovare alternative, come il hawala [un sistema tradizionale di pagamento informale nel mondo arabo, ndr], causando la circolazione di milioni di dollari attraverso costosi intermediari finanziari che a volte si sono rivelati parte di organizzazioni terroristiche. Questi canali, che non sono trasparenti, non possono essere controllati e aumentano il costo della transazione, e rimangono l'unico modo per operare a livello internazionale per le società e gli attori più piccoli nella società civile siriana.

Assistenza medica
La Siria offre un accesso universale e gratuito all'assistenza sanitaria a tutti i suoi cittadini. Prima dell'attuale crisi, godeva di uno dei più alti livelli di assistenza nella regione. Le richieste create dalla crisi hanno travolto il sistema e causato un livello eccezionalmente elevato di bisogno. Nonostante ciò, le misure restrittive, in particolare quelle relative al sistema bancario, hanno influenzato la capacità della Siria di acquistare e pagare farmaci, attrezzature, pezzi di ricambio e software. Sebbene in teoria vi siano esenzioni, in pratica le società internazionali private non sono pronte a superare gli ostacoli necessari per garantire di poter trattare con la Siria senza essere accusate di violare inavvertitamente misure restrittive.

Migrazione e "fuga di cervelli"
Sebbene la situazione della sicurezza sia un fattore determinante nel flusso migratorio della Siria, bisogna sottolineare che il drammatico aumento della disoccupazione, la mancanza di offerte di lavoro, la chiusura delle imprese a causa dell'impossibilità di ottenere materie prime, macchinari o esportazione dei loro beni hanno tutti contribuito all'aumento dell'emigrazione dei siriani. Alcuni Stati “accoglienti” hanno selezionato migranti qualificati e hanno esercitato pressioni sui meno fortunati per tornare in Siria. La "fuga di cervelli" ha indebolito particolarmente le industrie mediche e farmaceutiche, proprio nel periodo peggiore per la Siria.
La fine anticipata dell'attuale conflitto non metterà fine al flusso di migranti, specialmente in Europa, data la saturazione dei paesi vicini. È probabile che tali flussi continuino fino a che le misure coercitive unilaterali impediranno alle autorità siriane di risolvere i problemi urgenti connessi alle infrastrutture sociali ed economiche, come il ripristino delle forniture di acqua ed elettricità.
Divieto di commercio di attrezzature e pezzi di ricambio
Il divieto di commercio di attrezzature, macchinari e pezzi di ricambio ha spazzato via l'industria siriana. I veicoli, comprese le ambulanze, i camion dei pompieri e le macchine agricole mancano di pezzi di ricambio. Pompe idriche difettose compromettono gravemente l'approvvigionamento idrico e riducono la produzione agricola. Le centrali elettriche non funzionano più e le nuove non possono essere costruite o mantenute, il che causa interruzioni di corrente. Macchine complesse, che richiedono manutenzione da parte di tecnici internazionali, non funzionano più e danneggiano dispositivi medici e macchinari di fabbrica. Gli aerei civili non sono più in grado di volare in sicurezza e gli autobus di trasporto pubblico sono in uno stato disdicevole. A prescindere dai motivi che i Paesi di origine adducono per giustificare la restrizione dei cosiddetti beni a duplice uso, devono essere compiuti sforzi maggiori per garantire l'autorizzazione dei beni chiaramente destinati all'uso civile e per garantire che possano essere finanziati.
Embargo sulla tecnologia

A seguito di misure coercitive unilaterali, i siriani non sono in grado di acquisire molte tecnologie, compresi telefoni cellulari e computer. Le società di software, le società tecnologiche e il software bancario e finanziario sono dominati dagli americani e sono vietati in Siria. È quindi difficile trovare alternative, il che ha paralizzato o perturbato ampie sezioni di istituzioni siriane.

 Istruzione e formazione

La mancanza di supporti, di acqua e di forniture energetiche, così come la mancanza di materiale didattico che ritarda la ricostruzione delle scuole, ha impedito a 1,8 milioni di bambini di andare a scuola. La capacità dei siriani di contribuire alla comunità internazionale è stata seriamente compromessa. I siriani sono stati esclusi dai programmi di scambio educativo internazionale e incontrano grandi difficoltà nell'ottenere un visto, il che impedisce a molti di loro di studiare o di viaggiare all'estero, di espandere la loro formazione e competenze o di partecipare a conferenze internazionali. Ritirando i loro servizi consolari dalla Siria, i Paesi hanno costretto i siriani, compresi i più poveri, a recarsi nei paesi vicini per inoltrare tali domande, sottoponendoli a costose restrizioni d'ingresso.
Conclusione

Sono profondamente preoccupato che le misure coercitive unilaterali contribuiscano all'attuale sofferenza dei siriani. Proclamare la necessità di estendere misure coercitive in vista della protezione della popolazione o dell'agevolazione di una transizione democratica è difficilmente compatibile con le sofferenze subite sul piano umanitario ed economico. È giunto il momento di chiedersi se queste conseguenze non intenzionali non siano più gravi di quelle ragionevolmente accettabili per gli stati democratici. A prescindere dagli obiettivi politici, devono esserci modi più umani di raggiungerli, nel pieno rispetto del diritto internazionale.

Data la complessità del sistema di misure coercitive unilaterali in vigore, occorrerebbe un approccio graduale per affrontare la deplorevole situazione dei diritti umani in Siria oggi. Ciò implicherebbe un approccio sequenziale che soddisferebbe i bisogni umanitari di base delle persone in tutto il paese, senza precondizioni, quando si tratta di vita o di morte. Un primo passo potrebbe integrare l'urgente necessità di sicurezza alimentare, che riguarda quasi un terzo della popolazione. Il secondo passo deve essere tradotto in misure efficaci sul terreno, gli Stati di origine devono rispettare i loro impegni e adempiere ai loro obblighi autorizzando esenzioni umanitarie, in particolare per le transazioni finanziarie. Infine, deve esserci una discussione seria sulla riduzione delle misure coercitive unilaterali, a partire da quelle che hanno l'effetto più scioccante sulla popolazione, così che queste promuovano la costruzione della fiducia tra le parti, con, obiettivo finale, la rimozione delle misure coercitive unilaterali. Spero che questo briefing  e la mia prossima relazione contribuiscano a tal fine.
Grazie. 

martedì 18 luglio 2017

Siria, sei anni di guerra... (2°parte)

Seconda parte dell'intervento dell' Ambasciatore Michel Raimbaud alla Conferenza organizzata da «  Chrétiens d’Orient pour la paix »  
Traduzione dal francese di Gb.P. per OraproSiria

2/ La Siria vive in un'atmosfera di dopoguerra
Sul fronte delle operazioni militari: dopo la liberazione di Aleppo che è stata punto di riferimento e ha segnato gli spiriti nel mese di dicembre 2016, l'esercito siriano è ovunque all'offensiva sui fronti di Damasco, di Aleppo, a Homs, sul confine con la Giordania, nel deserto siriano. Nonostante le intimidazioni degli Stati Uniti, riconquista poco a poco il territorio nazionale. Anche se la guerra rischia di essere ancora lunga, l'evoluzione favorevole della "Battaglia del deserto" in corso, lascia presagire un'accelerazione dei progressi.
Ignorando le ingiunzioni e le minacce americane, l'esercito siriano ha fatto il suo congiungimento con le forze irachene di "Hachd Chaabi" al confine tra i due paesi, exploit che sembrava improbabile fino a pochi mesi fa. Questa ridefinizione dei confini Sykes-Picot tra Siria e Iraq è un fatto importantissimo, poiché significa la sconfitta ab initio dell' intesa ordita da Tel Aviv e presentata a Trump prima dei suoi viaggi in Arabia e in Israele , che proponeva una nuova base di cooperazione con gli Stati Uniti. Questo piano (defunto) ripreso tale e quale nei vertici di Riyad, prevedeva :
-Il riconoscimento da parte di Washington della sovranità di Israele sul Golan
-Il rifiuto di ogni presenza militare permanente dell'Iran in Syria
- l'inasprimento delle sanzioni contro Teheran a causa del suo "sostegno al terrorismo"
-L'aumento della pressione su Hezbollah
- Un impegno per impedire la creazione di un corridoio Iran - Iraq - Siria - Libano che possa dare all'Iran uno sbocco sul Mediterraneo.
Le molteplici provocazioni (un aereo, poi un drone siriano abbattuto dagli americani, bombardamenti qua e là, attacchi occasionali contro l'esercito siriano..) non cambieranno nulla, tanto che esse appaiono contro-producenti. Lungi dall'intimidire, questa lotta di retroguardia guidata da una potenza in declino (e quindi pericolosa) ha causato un irrigidimento di Mosca per quanto riguarda le condizioni future per la cooperazione tecnico-militare tra i russi e gli americani contro il terrorismo. Ed ha ispirato agli iraniani una grande "première" sotto forma di un missile sparato su Da'esh in Siria dal loro territorio.
Si potrebbe dire lo stesso delle "Forze Democratiche Siriane", che siano curde, o arabe e turkmene, che potrebbero fare un calcolo sbagliato cercando la creazione di un Kurdistan "introvabile" in Siria.
Sul piano politico-mediatico, la Siria sembra aver vinto. Le agenzie di propaganda e coloro che danno lezioni di morale hanno preteso e ancora rivendicano con l'aplomb dei truffatori, che un popolo unanime si erga in piedi contro il "dittatore" o il "tiranno assassino". Dal 2011, tuttavia, non è difficile da vedere, malgrado l'omertà, che la narrazione ufficiale semina ai quattro venti girandole di "false flag" (false bandiere) arma favorita dai terroristi democratici, dei cannibali moderati, dei rivoluzionari del circuito Elizabeth Arden e dei reverendi predicatori dell'Asse del Bene.
Le popolazioni votano sempre con i propri piedi quando ne hanno la possibilità, e questo tipo di scrutinio non necessita di un lungo spoglio. A poco a poco, mentre l'esercito riconquista il proprio territorio nazionale, coloro che ne hanno l'opportunità fuggono dalle zone ribelli e accolgono l'esercito siriano come liberatore.
Per anni era di moda in Francia, nella Navarra e altrove, ripetere come pappagalli che "Bashar se ne deve andare", che "Bashar non ha posto nel futuro della Siria": adesso, non si contano i pappagalli arroganti che sono scomparsi e che non hanno più alcun ruolo da svolgere nel futuro del proprio paese, mentre il loro capro espiatorio è sempre lì. E' che questo presidente, questo capro espiatorio è rimasto per molti, ed è diventato per molti altri, il simbolo della resistenza dello Stato e dell'attaccamento del popolo siriano al proprio modello di società tollerante.
3/ Diplomaticamente gli avvenimenti si stanno rimescolando
La solidità dell'alleanza tra la Siria e i suoi alleati (Hezbollah, Iran, Iraq, Russia, Cina) contrasta con lo sfaldamento della coalizione avversaria:
- Lo sfaldamento del blocco islamista (tra Arabia e la Turchia, tra Arabia e Qatar, la spaccatura all'interno del Consiglio di Cooperazione del Golfo) è così evidente che parla da sé.
- Il ritiro graduale di Trump nel faccia a faccia con l'Arabia Saudita di Bin Salman e la sua preoccupazione di far pagare a caro prezzo a Riyadh (già centinaia di miliardi di dollari) il mantenimento di una finzione di alleanza per la vita o per la morte è abbastanza trasparente. Bisogna essere inesperti e approssimativi come Mohammed Bin Salman per non vedere che il contratto sicurezza in cambio di petrolio ha dato luogo ad un accordo armi contro dollaro. Allo stesso modo, le sue decisioni ambigue riguardo al Qatar, il suo comportamento ambiguo con i Curdi e la Turchia, non sono decisioni troppo rassicuranti per i diretti interessati. Possiamo usare a questo proposito le parole di qualche umorista : "è pericoloso avere gli Stati Uniti come nemici, ma è ancora due volte più pericoloso averli per amici”.
- La disaffezione tra l'Europa e gli Stati Uniti, evidenziata dal vertice NATO, ha già introdotto una forma di divisione atlantica, sulle stesse basi: "gli Europei vogliono la sicurezza a nostre spese; che ne paghino quindi il giusto prezzo".
- L'intervista accordata dal nuovo Presidente della Repubblica Macron a diversi giornali europei, e dedicata alla sua visione della futura politica della Francia, è stata descritta da molti come una inversione di 180 ° nel caso della Russia, della Siria e riguardo al presidente Bachar al Assad:
- Per Emmanuel Macron, la partenza di Bachar al Assad non sarebbe più un'ossessione. Non c'è un "successore legittimo " di Bachar al Assad. Il capo di stato siriano non è il nemico della Francia.
- L'unico nemico della Francia in Siria è Da'ech (ISIS): Abbiamo bisogno di una soluzione politica, con una tabella di marcia.
- Il Signor Macron ha rispetto per Vladimir Poutin e cerca di avviare una cooperazione con Mosca anche riguardo alla Siria.
- Il Presidente dice che vuole voltare pagina su un decennio di "logica neo-conservatrice" ...
III / Siria è ora a un bivio
1 / "La Siria Invicta" è il titolo di un sub-capitolo di "Tempesta sul Grande Medio Oriente", il mio libro di cui ho accennato sopra. Partecipando nel febbraio scorso a una conferenza a Damasco, avevo ipotizzato che se "la Siria vittoriosa" (questo era lo slogan scelto dagli organizzatori) non aveva ancora vinto, lo avrebbe fatto comunque. Essendo una mia ferma convinzione sin dall'inizio della crisi, sarebbe sbagliato che ci ripensassi, mentre si verificano cambiamenti radicali, in primo luogo militari e poi politici e diplomatici, dall'altro. I segnali ci sono tutti a indicare che la vittoria politica della Siria legale sembra acquisita. Questa prospettiva dovrebbe viaggiare di pari passo con la conferma del Presidente Assad al suo posto e con un "addio alle rivoluzioni arabe", la cui fiamma (si può esserne sicuri) sarà mantenuta ancora per un certo tempo nelle cancellerie occidentali e nei palazzi orientali.
Imbattuta, la Siria è tuttavia devastata. Lei sola conta circa 400.000 morti, senz'altro 15 milioni di rifugiati, sfollati ed esiliati, e 1,5 milioni di feriti con lesioni permanenti e altre gravi disabilità. Quasi due terzi del Paese sono in rovina, con danni stimati intorno a circa 1.300 miliardi di dollari, senza contare i perduranti effetti delle sanzioni, blocchi ed embarghi vari ...
Una questione s'impone: bisogna fermare la guerra? Secondo il parere di esperti russi, ben addentro alla discussione tenendo conto del coinvolgimento del loro Paese nel conflitto siriano, non esiste una soluzione militare alla crisi. Si dovrebbe garantire una soluzione politica attraverso il dialogo con i rappresentanti dell'opposizione, almeno con i più presentabili di loro. Secondo la direttrice delle ricerche del Centro Studi arabo islamico presso l'Accademia Russa delle Scienze, una de-escalation probabilmente consentirebbe il dispiegamento di forze di pace. Secondo Alexander Aksenyonok, membro del Consiglio russo per le Relazioni Estere, l'impegno "necessario" della Russia nelle questioni mediorientali ha avuto risultati positivi nel prevenire l'arrivo al potere a Damasco delle forze radicali. Ma ci potrebbero essere conseguenze negative, come ad esempio il rischio di una competizione militare tra Russia e Stati Uniti: da qui la necessità di mantenere aperti i canali diplomatici e di accettare anche grandi compromessi, come sedersi al tavolo con alcune organizzazioni che lì non sono veramente al loro posto. (Valdai Club, 27 e 28 febbraio 2017 a Mosca).
Questa opzione diplomatica è discutibile e viene discussa, date le esperienze della guerra in Siria. È vero, la guerra non può porre fine alla guerra e solo la diplomazia potrà far terminare la tragedia. Tuttavia, è chiaro che lo Stato siriano deve poter negoziare in posizione di relativa forza: l'evoluzione attualmente osservata non è il risultato di buone intenzioni, ma il risultato della aumentata potenza dell'opzione militare contro le provocazioni .
Il Medio Oriente non sarà mai più lo stesso. E così sarà per la Siria. Prima ancora del dopo guerra, la fine della guerra rischia di essere lontana. Pertanto è tempo di pensare:
- Al perseguimento del difficile dialogo politico che verrà avviato in occasione dei colloqui di Ginevra o di Astana. Con ogni probabilità, non sarà facile per coloro che hanno difeso il loro paese contro l'aggressione accettare le condizioni per discutere "diplomaticamente" con interlocutori che hanno voluto e cercato costantemente l'intervento straniero al fine di distruggere la Siria.
- All'immensa opera della ricostruzione del paese, delle sue infrastrutture, della sua economia, che sono state regredite di diversi decenni per il caos. La scelta dei partner si annuncia delicata.
- Alla riconciliazione della sua società (seriamente scossa nei suoi valori o nelle sue fondamenta), al proseguimento del lavoro discreto ma impressionante guidato dal governo, in particolare il ministero della riconciliazione nazionale. Esperienze come quelle dell'Algeria, serviranno come ispirazione.
- Al riapprendere come vivere insieme di tutte le forze vive, con particolare attenzione per i giovani che sono cresciuti durante la guerra, e che costituiscono sia il futuro della Siria ma anche un bacino di reclutamento per i gruppi terroristici.
- All'incentivo per il ritorno e il reinsediamento di milioni di sfollati, rifugiati, esuli: una questione chiave per il futuro del Paese.
Ma, questa sarà la mia conclusione, sul piano politico e diplomatico, la Francia, all'origine di tante decisioni ostili e devastanti contro la Siria (sanzioni, supporto alla ribellione armata, rottura delle relazioni diplomatiche, sostegno ai regimi islamisti e agli "amici della Siria") e che ha portato l'Europa nella sua scia, dovrebbe ammettere che ha un dovere di riparazione. Come ex diplomatico, posso solo sperare nel ritorno alla grande tradizione della Francia gollista, questa politica di dialogo, di apertura, di riconciliazione nei confronti di tutti gli altri partner della comunità delle nazioni, che ci ha resi orgogliosi, ma che è affondata nelle acque dell'atlantismo.
La priorità delle priorità per la Francia, stante le sue responsabilità, sarebbe quella di decidere la revoca unilaterale delle sanzioni che sono state imposte, in gran parte per sua iniziativa e sotto la sua pressione, al popolo siriano. Ma lo farà? Speriamo, senza crederci troppo, che il signor Macron alle parole faccia seguire i fatti in conformità ai suoi annunci d' effetto; nutriamo la speranza che le sue azioni almeno non contraddicano i suoi discorsi. Nell'atmosfera avvelenata che regna da tanti anni per colpa della nostra diplomazia, per riparare i danni servirà molto più di una dichiarazione.
Michel Raimbaud | 27 giugno 2017

lunedì 17 luglio 2017

Siria, sei anni di guerra... dopo l'incubo, i sogni o la realtà? (1)


Vogliamo proporvi l'intervento dell' ex ambasciatore Michel Raimbaud al convegno organizzato da "Chrétiens d’Orient pour la paix" il 27 giugno 2017 : egli vi dipinge il risultato terrificante di questa guerra che dura dall'inizio del 2011. 
Ci pare che l'autorevole diplomatico francese colga l'orizzonte globale in cui si colloca il conflitto e ne illustri senza infingimenti dinamiche e responsabilità. 
Qui la prima parte del testo da noi tradotto dal francese, il seguito domani. 
Grazie per la vostra attenzione
   Gb. P.
I / Un conflitto universale
Un brutto giorno del mese di marzo del 2011, fu dato il "calcio d'inizio" a questa interminabile guerra siriana che oggi è l'oggetto delle nostre riflessioni. Chi avrebbe potuto immaginare che questa guerra si sarebbe installata nella pubblica opinione con l'etichetta della cosiddetta "guerra dimenticata" tra un movimento popolare "democratico e pacifico" e un "regime massacratore", una buona causa da difendere da parte delle élites (di destra o di sinistra) che da vent'anni hanno cementato un comune consenso attorno a tutte le certezze morbide ereditate da un "neoconservatorismo" all'americana. L'adesione, spontanea o calcolata, ai "valori" veicolati da questo consenso, firmando la loro fedeltà (o la loro appartenenza) allo "Stato profondo", dà loro il diritto (ma dovremmo dire il privilegio) di parlare dalle antenne, dagli schermi e nei notiziari.
E' grazie a questa fede ideologica sommaria che il nostro mainstream si polarizza rapidamente sull'urgenza di "abbattere Bashar" e rovesciare "il regime siriano" adoperandosi (con un certo successo) per far condividere questa ossessione ad ampi settori della popolazione.
Nel paesaggio audiovisivo, intellettuale e politico, nascerà come per incanto un fronte compatto e senza remore che contribuirà a rendere irrilevanti i dissidenti dalla narrazione ufficiale. Il conflitto siriano sarà catalogato immediatamente come un episodio delle "primavere arabe", in linea con quelle di Tunisi, dell'Egitto, dello Yemen, della Libia, e una volta per tutte si decreterà che uno scenario come quello libico è ineluttabile anche per la Siria.
Un tempo si credeva che il lavaggio del cervello fosse appannaggio dei regimi totalitari: adesso, il conflitto in Siria, come prima la Libia, ha dato alle "grandi democrazie", compresa la nostra, l'opportunità di mostrare le proprie competenze in materia. Oscurando totalmente la condanna a morte di un popolo abbarbicato alla sovranità, all'integrità e all'indipendenza del proprio Paese, tacendo sulle distruzioni di massa, falsificando la realtà, è la resistenza stoica del popolo siriano che viene deliberatamente ignorata, l'immagine eroica di un esercito nazionale che sarà sfigurata: la negazione e il colpevole silenzio amplificano di molto ogni sofferenza.
Bisogna ben dirlo: l'impegno a deporre Bachar al Assad (che "non merita di essere sulla terra", ma sarebbe meglio "un metro sotto terra"), la volontà di distruggere (Bashar forse non sarà deposto, ma avremo distrutto la sua Siria, come osò dire di recente un avversario democratico "moderato") e la volontà di uccidere (siamo pronti a sacrificare i due terzi del popolo siriano, al fine di salvare l'ultimo terzo) non hanno poi scioccato un granché molte persone di questa parte del mondo durante questi anni di devastazione della legalità e della moralità internazionale. Malgrado le contraddizioni, le prove, le rivelazioni, le testimonianze, ci sono ancora dei fanatici o degli ingenui senza speranza, che ostinatamente difendono la tesi che la guerra in Siria sarebbe niente più che la lotta di un popolo in rivolta contro un regime oppressivo. Un episodio della "primavera araba" che è andato storto, ma non è detta l'ultima parola...
Tuttavia, quando è troppo è troppo. I ranghi dei fochisti e dei carbonai della " rivoluzione" alla fine saranno chiari. Quando si ha il naso immerso nelle rovine del caos creatore, se non si hanno gli occhi colmi di spavento davanti alla ferocia e la coscienza rivoltata di fronte alla gestione della barbarie jihadista, significa che si è scelto di chiudere gli occhi. Bisogna essere ciechi ed accontentarsi di analisi preconfezionate o di idee ricevute per non vedere nella tragedia siriana altro che un evento banalizzato dentro la sequenza epidemica di "primavere arabe" sparse. Bisogna avere un cervello scadente o particolarmente sempliciotto per negare per principio di inserire questa tragedia nel SUO VERO CONTESTO, che evidentemente si riferisce alle crisi ed alle guerre degli ultimi decenni. È quello di un'impresa geopolitica e geostrategica globale di destabilizzazione e di distruzione, ispirata, pianificata, annunciata e condotta dall'Impero sotto direzione américano-israeliana, utilizzando sistematicamente dei regimi asserviti e dei complici di circostanza (islamisti nella fattispecie) la cui agenda, per differente che sia, è compatibile nel breve e medio termine con quella dei padroni atlantici.
Visto attraverso la lente dei neo-cons che lo ispirano ormai dall'ultimo quarto di secolo, l'Occidente (l'America, Israele ed alleati europei) mira come sua vocazione a competere con l'Eurasia russo-cinese la padronanza del pianeta, e la decostruzione del mondo arabo musulmano che separa questi due insiemi è una condizione imposta dalla geopolitica. Per le forze islamiste radicali, la decomposizione degli Stati di questa "cintura verde musulmana" in entità su base etnica o confessionale è il prerequisito per la creazione di una poltiglia di Emirati, tappe incerte verso la rifondazione di uno Stato islamico basato sulla Sharia (legge coranica) o il ripristino del Califfato, un secolo dopo la sua abolizione. Per motivi storici, culturali, religiosi, politici e geopolitici, la Siria è il centro e l'epicentro di questo confronto il cui esito sarà cruciale per l'istituzione del futuro ordine mondiale in divenire.
In ogni caso, è difficile negare che le guerre di Siria (o le guerre in Siria) sono degenerate in un conflitto universale tra due campi, uno che ha dimostrato la sua forza e il secondo che si trova in completa disarticolazione:
- il campo della Siria legale e i suoi alleati (Iran, Hezbollah, Russia e Cina, e per estensione i paesi BRICS), ma anche di paesi come l'Algeria e sempre di più l'Iraq, le sue forze armate, Hachd al Chaabi (raggruppamento popolare), lo Yemen "legale" del Presidente Ali Abdallah Saleh e altre forze resistenti all'egemonia.
- Il campo avversario: regimi islamici (Turchia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati del Golfo Persico), i terroristi e jihadisti nonché gruppi di miliziani, finanziati, armati, supportati da Israele e, purtroppo, dagli occidentali. Tutti questi avversari della Siria"legale" si consulteranno regolarmente come parte del gruppo "amici della Siria".


Questo scontro universale, che ha conosciuto in più di sei anni numerosi sviluppi, si può riassumere (ho provato a farne una descrizione nel mio libro "Tempesta sul grande Medio Oriente" pubblicato nel febbraio 2015, e poi a febbraio 2017) in una buona dozzina di conflitti uno più spetato dell'altro, mescolando l'odore di santità con l'odore del gas, le illuminazioni messianiste e le ambizioni strategiche, i riferimenti ai valori morali e i valori dei mercato, la guerra santa a sfondo religioso e la lotta profana per il potere politico.
1/ Sulla questione siriana propriamente detta:
1/ E' inizialmente una guerra per il potere, condotta dalla cosiddetta opposizione "democratica e pacifica" contro l'oppressione di un "regime assassino"
2/ Questa lotta interna diverrà rapidamente militare, trasformata dalla penna degli analisti in una "guerra civile", che non lo è affatto in quanto viene importata ...
3/ Infatti, il conflitto sarà internazionalizzato dall'intervento massiccio dei regimi sunniti radicali e di combattenti stranieri a fianco dell'opposizione (pesantemente) armata, poi per l'ingerenza ed il sostegno aperto degli Occidentali, diventando chiaramente una guerra di aggressione, che è crimine internazionale per eccellenza, secondo il Tribunale di Norimberga.
4/ Questa guerra costituirà di fatto un politicidio (che è contro un Stato ciò che l'omicidio è contro un essere umano) mirando a provocare l'implosione dello Stato-nazione siriano in mini-entità a base confessionale o etnica, conformemente ai piani israelo-americani. È l'obiettivo del Protocollo di Doha adottato sotto l'egida del Qatar nel novembre 2012 dalla Coalizione Nazionale siriana delle Forze dell'opposizione e della Rivoluzione.
2/ Sotto l'aspetto religioso:
5/ E' una guerra in nome dell'islam contro un "regime empio", sotto la bandiera della Jihad, "gestita con la ferocia e la barbarie", che è la strategia ufficiale dello Stato Islamico (Da'ech).
6/ riciclata come guerra santa dagli islamisti, la guerra di aggressione, quindi, verrà ben presto ridefinita dalla comunità internazionale come una guerra terroristica.
7/ E quindi genererà una ripresa della guerra globale contro il tal terrorismo, considerato (almeno a parole) come il nemico numero uno di tutti i paesi, una guerra destinata a servire come una foglia di fico per la guerra di aggressione contro la Siria.
8/ Un attacco dei radicali sunniti wahabiti (e simili) contro "l'asse sciita" che va da Teheran fino al Libano attraverso la Siria e l'Iraq, presentato dai wahhabiti e dei loro alleati come componente della lotta anti-terrorismo.
9/ Un'accanita guerra tra i due campi del radicalismo sunnita (Turchia e Qatar contro Arabia Saudita, Fratelli Musulmani contro wahabiti) per la gestione dell'Islam sunnita e dell'Islam.
3/ Dal punto di vista geopolitico :
10/ Una guerra per procura (proxi-war) tra l'Eurasia e l'Occidente atlantista
11/ Una guerra per l'energia, nella fattispecie per il gas
12/ Una guerra per l'interesse superiore di Israele, onnipresente nelle preoccupazioni americane e occidentali
13/ A coronamento di tutto, un risiko planetario giocato sulla "grande scacchiera" che ha come obiettivo il controllo del "Grande Medio Oriente" riaggiornato, la leadership nel mondo.
Il tributo di vite umane, il costo materiale e finanziario delle sole guerre siriane è terrificante, come il bilancio generale della "democratizzazione del Grande Medio Oriente" che dobbiamo a George W. Bush e ai suoi scagnozzi.
II/ Per legittima difesa, la Siria sta facendo valorosamente fronte alla guerra di aggressione
1/ La legittimità dello Stato siriano.
Membro delle Nazioni Unite, la Siria è uno stato indipendente e sovrano. Il suo regime è repubblicano in stile laico. Parlando di "regime siriano" per descrivere il suo governo, ovviamente si cerca di delegittimarlo, a dispetto di un principio generalmente dimenticato: mentre noi volentieri ricordiamo il diritto dei popoli all'autodeterminazione, spesso ci dimentichiamo del diritto degli Stati di decidere il loro sistema politico, senza alcuna interferenza straniera.
Secondo il diritto internazionale, il governo detiene il monopolio dell'uso legale della forza: questo deve essere ricordato a tutti coloro che sognavano di distruggere uno Stato recalcitrante, a coloro che volevano "ucciderlo politicamente", perché ha resistito ai loro obiettivi neocoloniali.
L'Esercito Arabo Siriano non è "l'esercito del regime alawita", ma un esercito nazionale di coscritti con chiamata alle armi. Esso ha il diritto assoluto di riconquistare o liberare qualsiasi parte del proprio territorio senza chiedere il permesso a nessuno. Ripristinando la sovranità dello Stato sul suolo nazionale, non fa altro che consentire allo Stato, di cui esso è uno degli organi legali, di esercitare il suo diritto di controllo del territorio. Non fa che affermare il diritto della Siria a preservare la sua sovranità, la sua integrità, la sua indipendenza.
Da oltre sei anni, un paese che non ha aggredito nessuno deve resistere a una guerra di aggressione che coinvolge in un modo o nell'altro (abitanti, militari, governi ...) più di cento membri delle Nazioni Unite, scontrandosi inoltre con un apparato internazionale e un'ONU tutt'altro che neutrale. La resistenza del "regime siriano" e dei suoi alleati ha comunque bloccato l'impresa della compagnia dei "neocon" e dei takfiristi, tanto che anche i suoi detrattori e nemici ammettono ormai (come l'ex ambasciatore americano a Damasco Robert Ford) che la Siria ha potenzialmente vinto.
   prima parte....   Testo in francese:  
http://arretsurinfo.ch/syrie-six-ans-de-guerre-apres-le-cauchemar-les-reves-ou-la-realite/