Traduci

Visualizzazione post con etichetta cardinale L. Sandri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cardinale L. Sandri. Mostra tutti i post

mercoledì 23 marzo 2022

Il Card. Sandri a Damasco: "non aver paura piccolo greggel"


Omelia del Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella Divina Liturgia in rito bizantino presso la Cattedrale Greco-Melkita di Damasco a conclusione della Conferenza “Chiesa, Casa della Carità: sinodalità e coordinamento” – giovedì 17 marzo 2022 A.D.

Letture Filippesi 3,20 – 4,1

Luca 9, 28b-36

Beatitudine, Patriarca Youssef Absi,

Beatitudini i Patriarchi Louis Sako e Youssef Younan,

Eccellenze Reverendissime, Arcivescovi e Vescovi,

Delegati delle altre Chiese e comunità cristiane,

Distinte Autorità,

Reverendi Sacerdoti, Religiosi e Religiose,

Sorelle e fratelli nel Signore!

Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia

1. L’esperienza dei discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, durante la Trasfigurazione è quella di uno stupore autentico, ma ingenuo: essi dapprima oppressi dal sonno sono ridestati dall’esperienza della gloria del Signore che si manifesta, e desiderano custodirla, quasi fermando il tempo, facendola diventare una dimora ove restare dimentichi di tutto e di tutti.

L’evangelista commenta le parole di Pietro dicendo “egli non sapeva quello che diceva”. Gli apostoli sono avvolti dalla nube che li copre con la sua ombra, e la paura afferra i loro cuori. Il sopraggiungere della voce del Padre, mentre dichiara che Gesù è il Figlio eletto e chiede di ascoltarlo, diventa fonte di liberazione dal senso di oppressione che li aveva raggiunti. Resta Gesù, solo, con loro, che da quel momento prende la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme, luogo della sua Passione, Morte e Resurrezione. La sua e la nostra Pasqua.

2. La tradizione della chiesa romana colloca proprio nella seconda settimana di Quaresima la meditazione di questo brano di Vangelo, ricordandoci che il nostro cammino dietro la Croce di Gesù non è fine a se stesso, ma spalanca le porte del destino di gloria e di luce che Dio ha pensato per l’umanità. Qui a Damasco, non lontano dalla Moschea degli Omayyadi con il minareto che una tradizione islamica riferisce essere il luogo ove tornerà Gesù alla fine della storia, noi celebriamo questa sera la Divina Liturgia, esperienza del cielo sulla terra, proclamando la speranza cristiana che mentre ci fa certi della città futura, ci chiede di rimanere saldi nella fede e costruire e riedificare se necessario la città terrena con la carità. Aspettiamo il ritorno del Signore, ma chiediamo la grazia come egli stesso ci chiede al capitolo 25 del Vangelo di Matteo, di saperlo riconoscere e servire in ciascuno dei fratelli più piccoli che egli pone sul nostro cammino, senza distinzione di confessione o appartenenza umana.

3. Ci domandiamo insieme se il brano della Trasfigurazione possa interpretare il nostro essere qui: anche noi infatti siamo stati convocati, non sul Monte Tabor, ma a Damasco, e molti di noi hanno dovuto percorrere centinaia di chilometri, dentro e fuori la Siria, affrontando fatiche e disagi. Ne valeva la pena, perché dietro un programma e un evento umano si celava una occasione di grazia che il Signore aveva in serbo per noi. Vescovi, sacerdoti e fedeli, appartenenti a diverse tradizioni, personale impegnato nel servizio ecclesiale della carità, agenzie di cooperazione cattoliche o non governative, ciascuno si è messo in ascolto dell’esperienza dell’altro, interrogandoci tutti sul volto che mostriamo col nostro essere o il nostro agire. Un volto pieno di rughe e impolverato, stanco ed esausto per le fatiche della vita, con vesti consunte e ormai logore, oppure un viso reso luminoso dalla grazia di Dio accolta e gratuitamente ridonata agli altri, attraverso la preghiera, la celebrazione dei sacramenti e la carità fraterna. In questo modo la veste del battesimo non si rovina e non si macchia, perché la nostra esistenza personale e comunitaria rimane ben ancorata alla sorgente della salvezza.

4. Sarebbe bello per tutti noi continuare l’esperienza di questi giorni, perché essa in effetti ci ha strappati in qualche modo alla quotidianità: non volevamo fuggire da essa, ma piuttosto aiutarci insieme a riflettere su di essa, valorizzando il bene presente ed orientando i nostri passi verso il futuro. Vorremmo forse come i discepoli fare tre capanne per restare, per dimorare in questo dono del Signore. È proprio Lui però a dirci: “il vostro posto è là, là in mezzo a loro, l’amore che vi ho dato portatelo nel mondo. Io sono venuto a salvarvi dalla morte, il Padre mi ha mandato ed io mando voi”.

5. In qualcuno di noi può forse essere sorto un po’ di scetticismo: “sarà tutto come prima, non cambierà nulla, continueremo con le nostre divisioni e fatiche a camminare insieme”. Oppure nonostante tutto sale ancora l’angoscia e la paura: “il compito è troppo grande per noi! Vediamo come aumentano i bisogni, la miseria, diminuiscono le risorse e gli aiuti, con quello che succede nel mondo ora sperimenteremo una maggiore indifferenza”. Il Vangelo proclamato ci dice invece che proprio quando ci sentiamo in mezzo alla nube e siamo oppressi dall’angoscia, se teniamo aperto il nostro cuore sentiamo la voce del Padre che si rivolge anche a noi: “C’è Gesù, è il Figlio, egli è sempre con voi, non aver paura piccolo gregge”.

La prossimità di Dio la abbiamo sperimentata all’inizio della nostra Conferenza attraverso la parola che il Santo Padre ci ha rivolto nel Messaggio a noi indirizzato come anche in tutte le attenzioni che in questi anni ha sempre rivolto all’amata e martoriata Siria. Dio si è fatto vicino anche attraverso i vostri pastori che si sono spesi durante gli anni del conflitto perché giungesse qualche sollievo alla vostra sofferenza. Diciamo di più: Dio stesso si è fatto presente attraverso i vostri cuori e le vostre mani, quando avete offerto il nulla che avevate in mano a Lui perché lui potesse prenderlo e moltiplicarlo per tanta gente. Dio lo avete incontrato nei volti e negli sguardi dei bambini che avete cullato o preso per mano, in coloro per i quali avete spezzato il pane e distribuito l’acqua che disseta, nei corpi e negli animi feriti sui quali avete versato il vino della letizia e l’olio della consolazione. In tutte quelle volte in cui, Chiesa di Dio che sei in Siria, nonostante dentro e fuori il Paese molti briganti abbiano percosso i tuoi figli, ti sei chinata su di loro vivendo la pagina del Buon Samaritano, amando perché sei stata amata.

6. Cosa significa allora per noi prendere fermamente la decisione di andare a Gerusalemme come Gesù nel Vangelo? Si tratta di fare tesoro di quanto sperimentato in questi giorni, perché abbiamo sentito la Chiesa come casa della carità: ora spetta a ciascuno di noi continuare ad accoglierla come dono di Dio al suo popolo e contribuire ad edificarla, stringendoci a Cristo Pietra viva. Lo possiamo e lo dobbiamo fare insieme, come popolo che cammina lungo le strade della storia, insieme a tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede e nell’umanità.

7. Mentre chiediamo ai responsabili di tutte le Nazioni di guardare alla sofferenze dei popoli, qui in Siria, come in Ucraina, ripetiamo loro e ripetiamo a noi stessi il monito che Papa Francesco pronunciò nella Veglia per la pace in Siria del 7 settembre 2013: quella sera si fermarono ben peggiori attacchi anzitutto per la forza della preghiera levata da milioni di cuori. Così speriamo accada il prossimo 25 marzo, quando tutti i Vescovi insieme al Papa, e invito anche i Vescovi della Siria a farlo, consacreranno l’Ucraina e la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Diceva Papa Francesco: “Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte? Possiamo imparare di nuovo a camminare e percorrere le vie della pace? Invocando l’aiuto di Dio, sotto lo sguardo della Madre di Dio, voglio rispondere: ‘Sì, è possibile per tutti!...Ognuno si animi a guardare nel profondo della propria coscienza e ascolti quella parola che dice: esci dai tuoi interessi che atrofizzano il cuore, supera l’indifferenza verso l’altro che rende insensibile il cuore, vinci le tue ragioni di morte e apriti al dialogo, alla riconciliazione. Guarda al dolore del tuo fratello e non aggiungere altro dolore, ferma la tua mano, ricostruisci l’armonia che si è spezzata, e questo non con lo scontro, ma con l’incontro! Finisca il rumore delle armi! La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l’umanità”.

Madre di Dio, Maria Santissima, Santi e sante della Siria di ieri e di oggi, pregate per noi, e aiutateci a percorrere insieme la strada di luce preparata da Dio e sulla quale ci avete preceduto. Amen.

https://www.orientchurch.va/comunicazioni/damasco-marzo-2022.html

lunedì 14 marzo 2022

Damasco, si apre la conferenza “Chiesa, Casa della Carità" organizzato dalle Chiese orientali


Comunicato della Congregazione per le Chiese Orientali


Conferenza “Chiesa, Casa della Carità - Sinodalità e coordinamento”


Damasco, 15 - 17 marzo 2022



Nel corso della Plenaria dell’Assemblea della Gerarchia Cattolica in Siria, a fine ottobre del 2021, il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, aveva incoraggiato la convocazione, da parte dei Vescovi del Paese, di una Conferenza che vedesse coinvolti i Rappresentanti di tutte le circoscrizioni cattoliche della Siria, insieme ai Delegati delle Agenzie della ROACO, alcuni Rappresentanti dei Dicasteri della Curia Romana, con il coordinamento della Nunziatura Apostolica a Damasco.


La data era stata individuata nei giorni dal 15 al 17 marzo 2022. Sin da subito si sono attivati i contatti e la programmazione dell’evento, che voleva essere una occasione di ascolto, condivisione e rilancio per il futuro delle comunità cristiane dell’amato e martoriato Paese, come spesso lo ha definito Papa Francesco. Il desiderio era quello di vivere una particolare dimensione del cammino sinodale proposto dal Pontefice alla Chiesa Universale, coinvolgendo i fedeli, i presbiteri e i Vescovi della Siria, oltre a persone che in diversi ambiti ed Istituzioni hanno manifestato in questi anni di conflitto una costante attenzione alla vita dei fratelli e delle sorelle della Siria. 


Nelle ultime settimane, si è anche considerata la possibilità di uno spostamento della Conferenza, a motivo della gravissima situazione in Ucraina, ma si è deciso di mantenerla proprio per non disperdere l’intenso lavoro di preparazione che ha coinvolto molte persone in Siria, Paese stremato da anni di conflitto e dalle disastrose conseguenze sulla società civile e sulle stesse comunità cristiane. Forte sarà la preghiera che animerà le giornate pensando a quanto accade in Ucraina, nella speranza che giunga presto la pace come invocato con forza dal Santo Padre.


Dopo l’arrivo nella serata di lunedì 14, i lavori inizieranno la mattina di martedì 15 marzo, anniversario dell’inizio del conflitto siriano, e prevederanno dopo la celebrazione della Santa Messa in rito latino i saluti inaugurali del Patriarca Greco-Melkita S.B. Youssef Absi, di quello Siro S.B Youssef III Younan, di quello Caldeo S.B. Card. Louis Raphaël I Sako, del Cardinale Prefetto, Leonardo Sandri, del Nunzio Apostolico Card. Mario Zenari e all’introduzione del Segretario della Conferenza S.E.R. Mons. Antoine Audo. Seguirà un intervento di S.E. Mons. Giovanni Pietro Dal Toso, sulla visione della Dottrina sociale della Chiesa ripresa dall’Enciclica Deus caritas est, un primo dibattito, e una successiva panoramica curata da incaricati locali sul lavoro umanitario svolto dalla Chiesa Cattolica in Siria. Nel pomeriggio sono previsti lavori di gruppo e alcune testimonianze.


Mercoledì 16 marzo, dopo la Santa Messa, gli interventi di Agenzie cattoliche e non, quali Caritas Siria, Caritas Internationalis, un esponente delle amministrazioni locali, Mezzaluna Rossa, ONU, ECHO (Unione Europea), e i lavori di gruppo.


Giovedì 17 marzo, ultimo giorno di lavori assembleari, la mattina sarà curata dalla Congregazione per le Chiese Orientali insieme con le Agenzie della ROACO circa i criteri per l’elaborazione dei progetti di aiuto e i requisiti amministrativi che devono essere seguiti nelle singole circoscrizioni. A seguire, i lavori di gruppo per coordinare delle proposte concrete sul tema dell’educazione, la salute, l’assistenza alimentare, i progetti di riabilitazione, la gioventù, gli anziani, le persone diversamente abili, insieme alla individuazione di percorsi per la formazione permanente del clero e dei laici, la pastorale sociale, la trasparenza amministrativa.


La conclusione è prevista nel tardo pomeriggio di giovedì 17 con la celebrazione della Divina Liturgia presieduta dal Patriarca Youssef Absi nella Cattedrale greco-melkita di Damasco e l’omelia del Cardinale Leonardo Sandri.


Le tre giornate di lavoro coinvolgeranno circa 250 persone, in prevalenza siriane, con delegazioni di alcuni Episcopati Europei, delle Agenzie della ROACO, del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, della Segreteria di Stato, oltre che della Congregazione per le Chiese Orientali e la Nunziatura Apostolica in Siria.



mercoledì 3 novembre 2021

La visita del cardinale Sandri in Siria apre strade per un futuro luminoso

 

Il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, si reca in visita per 10 giorni in Siria dal 25 ottobre al 3 novembre 2021.

Questa visita tanto attesa è un segno di vicinanza, simpatia e sostegno al popolo siriano che soffre per la guerra civile, la violenza, lo sfollamento, la disoccupazione e l'impennata dei prezzi delle materie prime. 

Questa visita acquisisce grande importanza poiché non è breve ma piuttosto prolungata, avendo in programma di visitare diverse località della Siria, per esaminare la terribile situazione che il popolo siriano ha attraversato nell'ultimo decennio, per fornire sostegno alla diminuzione della popolazione cristiana, per sostenere la continuità della loro presenza nella terra dei loro antenati, e per aiutarli ad aspirare ad un futuro migliore con la vicinanza e la benedizione espressa da Sua Santità Papa Francesco. 

Tra i primi segni incoraggianti della visita, il cardinale Sandri ha annunciato che Papa Francesco donerà un totale di 170.000 dollari alla Chiesa siriana per aiutare a sostenere il suo lavoro caritatevole per i più bisognosi nel paese. L'annuncio è stato fatto il 26 ottobre, all'inizio della visita, durante il suo discorso all'Assemblea dei vescovi siriani a Damasco, a cui ha partecipato anche il nunzio papale cardinale Mario Zenari. I fondi saranno distribuiti dal Dicastero in ciascuna delle 17 circoscrizioni ecclesiastiche siriane e saranno gestiti dai vescovi in base alle necessità più urgenti nelle rispettive Diocesi ed Eparchie.

La visita era inizialmente prevista per aprile 2020 e rinviata a causa della pandemia di Corona. Tuttavia, ciò che particolarmente solleva è la vicinanza e la solidarietà di Papa Francesco con le comunità cattoliche della Siria. Questa visita comprende diverse tappe e incontri, in particolare un incontro con l'Assemblea della Gerarchia cattolica in Siria e la Divina Liturgia, co-presieduta dal Patriarca di Antiochia dei Greco-Melkiti Sua Beatitudine Youssef Absi; così come le visite alla sede della Caritas-Siria, la Società San Vincenzo de Paoli, l'Orfanotrofio San Paolo e il Dispensario medico di Kachkoul. Inoltre, incontri con i religiosi di Damasco e del Sud della Siria nel Memoriale di San Paolo, e alcuni diplomatici accreditati in Siria.

Il Cardinale Sandri visita anche Tartous, Homs e Aleppo; presiede la celebrazione della Divina Liturgia, visita la tomba del gesuita Frans Van Der Lugt e le cattedrali siro-ortodossa e greco-ortodossa. 

Questa visita giunge opportuna in quanto i cristiani siriani hanno un disperato bisogno di una soluzione ai problemi quotidiani che affliggono le loro vite soprattutto in assenza di soluzioni immediate, concrete e tangibili che garantiscano loro un futuro sicuro e promettente.

La visita del cardinale Sandri vuol seguire la linea degli insegnamenti del Signore Gesù Cristo secondo la Sacra Bibbia che dice: "Io sono il buon pastore; conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me - come il Padre conosce me e io conosco il Padre - e do la mia vita per le pecore. Ho altre pecore che non sono di questo recinto. Devo portare anche loro. Anch'esse ascolteranno la mia voce e ci sarà un solo gregge e un solo pastore". (Giovanni 10:14).

Questa visita ha anche lo scopo di esprimere l'amore e la solidarietà del Santo Padre con il "gregge dei cristiani" che rimangono saldi nella terra dei loro antenati mentre cercano la misericordia divina che li possa liberare dall'attuale incubo che stanno attraversando. La visita del cardinale Sandri che porta con sè la benedizione del Santo Padre cioè il successore di San Pietro, è una visita ispirata da Dio con la speranza di preservare l'inestimabile presenza cristiana in Siria e consolidare il suo ruolo come componente indispensabile della società siriana. 

I cristiani siriani sono "il sale della Siria" come disse il Signore Gesù: "Voi siete il sale della terra. Ma se il sale perde la sua salinità, come può essere reso nuovamente salato? Non serve più a nulla, se non ad essere gettato via e calpestato". (Matteo 5:13) 

Si spera che questa visita porti speranza ai cristiani siriani, introduca un'opportunità di pace in Siria, così come sostenga i cristiani siriani riguardo alla loro necessità di preservare la loro fermezza e anelito di soluzioni pacifiche che non sono ancora arrivate.

https://en.abouna.org/article/cardinal-sandris-visit-syria-opens-avenues-bright-future

giovedì 17 aprile 2014

Ogni giorno i cristiani del Medio oriente si interrogano se restare o emigrare: ricordiamoli nel Venerdì Santo

Il card. Sandri: cristiani del Medio Oriente in gravi difficoltà, aiutiamoli a non fuggire



In occasione dell’annuale Colletta per la Terra Santa, la Congregazione per le Chiese Orientali ha indirizzato in questo tempo di Quaresima una lettera ai vescovi di tutto il mondo. Il documento — firmato dal cardinale prefetto Leonardo Sandri e dall’arcivescovo segretario Cyril Vasil’— raccomanda il sostegno della Chiesa universale ai cristiani d’oriente, che portano la responsabilità di custodire i luoghi delle origini della nostra fede e ancor più di essere essi stessi i testimoni viventi di quelle origini. Il giorno scelto dai Pontefici per l’importante iniziativa di fraternità è il Venerdì Santo. Le singole  diocesi potranno trovare altri momenti consoni ad esprimere la possibile sollecitudine verso  la Chiesa latina e le altre Chiese cattoliche orientali operanti nella Terra della Redenzione. È un dovere di gratitudine a Cristo e alla Chiesa collaborare perché la celebrazione dei misteri della salvezza sia garantita là dove ebbe inizio l’annunzio del Vangelo.   

LETTERA DEL PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI


La Quaresima, quale cammino con Cristo verso la croce e la risurrezione, risveglia la fratellanza con quanti vivono nei luoghi santi. Là gli apostoli hanno ascoltato per primi la voce del Signore Gesù, ne hanno condiviso per grazia il mistero, e poi lo hanno annunciato e testimoniato. Attorno a essi sono fiorite le prime comunità cristiane, cominciando da Gerusalemme.

L’unità in Cristo redentore ci spinge a promuovere anche quest’anno l’importante iniziativa della Collecta pro Terra Sancta, adempiendo al debito della Chiesa universale verso quella Chiesa madre. Papa Francesco lo ha ribadito ricevendo i patriarchi, gli arcivescovi maggiori, i padri cardinali e i vescovi nella sessione plenaria della Congregazione per le Chiese orientali: «Il mio pensiero si rivolge in modo speciale alla terra benedetta in cui Cristo è vissuto, morto e risorto. In essa — l’ho avvertito anche oggi dalla voce dei Patriarchi presenti — la luce della fede non si è spenta, anzi risplende vivace. È “la luce dell’Oriente” che “ha illuminato la Chiesa universale, sin da quando è apparso su di noi un sole che sorge (Lc 1, 78), Gesù Cristo, nostro Signore” (Lett. ap. Orientale Lumen, 1). Ogni cattolico ha perciò un debito di riconoscenza verso le Chiese che vivono in quella regione. Da esse possiamo, fra l’altro, imparare la fatica dell’esercizio quotidiano di spirito ecumenico e dialogo interreligioso. Il contesto geografico, storico e culturale in cui esse vivono da secoli, infatti, le ha rese interlocutori naturali di numerose altre confessioni cristiane e di altre religioni» (21 novembre 2013).

Ancora oggi la colletta è la fonte principale per il sostentamento della loro vita e delle loro opere, secondo la volontà sollecita dei sommi Pontefici, i quali, specie nell’imminenza del Venerdì santo, hanno sempre esortato a gesti di autentica carità fraterna.
Ogni giorno i cristiani in varie regioni del Medio oriente si interrogano se restare o emigrare: vivono nell’insicurezza o subiscono violenza per il solo fatto di professare la loro e nostra fede. Ogni giorno ci sono fratelli e sorelle che resistono, scegliendo di restare là dove Dio ha compiuto in Cristo il disegno della universale riconciliazione. Da quella terra sono partiti coloro che, sulla parola di Cristo, hanno portato l’Evangelo ai quattro angoli del mondo. È là che la Chiesa ritrova sempre, con le sue radici, la “grande speranza” che porta il nome di Gesù, ma la situazione attuale è veramente delicata: basti pensare al conflitto tra Israele e Palestina, all’evoluzione che investe l’Egitto, alla tragedia della Siria. 

Nel Venerdì santo vorremo elevare al Crocifisso il grido della pace per Gerusalemme e perché il mondo, cominciando dalla terra di Gesù, divenga la città della pace. Ai discepoli di Cristo si chiede di operare per la pace ricordando che «le guerre costituiscono — tra l’altro — il rifiuto pratico a impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data» (Papa Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2014). Sono parole che assumono un significato preciso e chiaro in relazione all’odierna Colletta pro Terra Santa. La situazione di pesante incertezza sociale, e addirittura di guerra, si è aggravata, colpendo a ogni livello il fragile equilibrio dell’intera area e riversando sul Libano e sulla Giordania profughi e rifugiati che moltiplicano a dismisura campi di accoglienza sempre meno adeguati. Si rimane sconvolti per il numero di rapimenti e omicidi di cristiani in Siria e altrove, per la distruzione di chiese, case e scuole. Ciò non fa che alimentare l’esodo dei cristiani e la dispersione di famiglie e comunità. 

Tanti fratelli e sorelle nella fede stanno scrivendo una pagina della storia con “l’ecumenismo del sangue”, che li affratella, e noi vogliamo essere al loro fianco con ogni sollecitudine.
Le comunità cattoliche di Terra Santa, quella latina della diocesi patriarcale di Gerusalemme, come della Custodia francescana e delle altre circoscrizioni, e quelle greco-melchita, copta, maronita, sira, caldea, armena, con le famiglie religiose e organismi di ogni genere, grazie alla colletta del Venerdì santo, riceveranno il sostegno per essere vicine ai poveri e ai sofferenti senza distinzione di credo o di etnia. Le parrocchie manterranno aperte le porte a ogni bisogno; così le scuole, ove cristiani e musulmani insieme preparano un futuro di rispetto e collaborazione; gli ospedali e ambulatori, gli ospizi e i centri di ritrovo continueranno a offrire la loro assistenza, affinché nello smarrimento di questi nostri giorni, la carità ecclesiale faccia risuonare la parola di Gesù: «Coraggio... non temete» (Mc 6, 50). 

Così accompagneremo fin da ora Papa Francesco, che si appresta a farsi pellegrino di unità e pace in Terra Santa: una visita tanto attesa, desiderata e necessaria. Essa confermi nella fede i cristiani, li renda ancora e sempre più capaci di misericordia, di perdono e di amore. 

A lei, ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli, che si adoperano per la buona riuscita della colletta, ho la gioia di trasmettere la viva riconoscenza del Santo Padre Francesco, col grazie della Congregazione per le Chiese orientali. E invoco copiose benedizioni divine, mentre porgo il più fraterno saluto nel Signore Gesù.

Suo dev.mo
Card. Leonardo Sandri,
Prefetto
Cyril Vasil’, S.I.,
Arcivescovo Segretario

http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2014/03/07/0168/00352.html#LETTERA%20DEL%20PREFETTO%20DELLA%20CONGREGAZIONE%20PER%20LE%20CHIESE%20ORIENTALI

Tra i profughi aumenta il numero dei cristiani


Agenzia Fides 14/4/2014

Amman  - Tra i profughi siriani rifugiati in Giordania i cristiani “sono in continuo aumento e si preparano a vivere una Pasqua segnata per loro dallo sconforto e dalla stanchezza spirituale”.
Lo riferisce all'Agenzia Fides Wael Suleiman, direttore di Caritas Giordania. “Avevamo pensato di far celebrare delle liturgie per i rifugiati siriani di fede cattolica” spiega Suleiman, “ma ci siamo accorti che non c'era tra loro la disposizione d'animo adeguata. Preferiscono partecipare alle celebrazioni nelle parrocchie della Giordania, in mezzo ai fedeli di qui. Sono stanchi, rassegnati, e non sono interessati a celebrazioni e liturgie riservate a loro, che li richiamerebbero alla loro condizione di sfollati e alle sofferenze che hanno vissuto. Attendono con speranza, questo sì, l'arrivo in Giordania di Papa Francesco. Nel programma della visita papale è previsto che il Papa incontri alcuni di loro a Betania, oltre il Giordano, vicino al luogo del battesimo di Gesù”.

Il direttore di Caritas Giordania conferma a Fides il progressivo aumento dei cristiani nella moltitudine di rifugiati siriani oggi presenti nel Regno Hascemita: “Non è come all'inizio, quando nelle prime ondate di profughi non c'erano cristiani. Adesso” spiega Suleiman “sono sicuramente più di 20mila. Un numero esiguo rispetto alla massa di un milione e 300mila profughi siriani che secondo i dati del governo di Amman sono ospitati in Giordania. Ma si può prevedere che difficilmente i cristiani fuggiti torneranno in Siria alla fine della guerra. Questo vuol dire che in alcune città, come Homs o Aleppo, tanti quartieri cristiani rimarranno vuoti dei loro abitanti di un tempo”.



Quel che resta dei cristiani d'Oriente


Nei paesi arabi sono sempre di meno, spinti all'esodo da crescenti ostilità. Una mappa aggiornata di quanti sono e chi sono, tre mesi prima del viaggio del papa in Terra Santa

di Sandro Magister

   leggi qui:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350714

lunedì 13 gennaio 2014

"Occorre ora una rinnovata volontà politica comune per porre fine al conflitto" : il Papa al Corpo Diplomatico

Dal discorso di papa Francesco al Corpo Diplomatico

 13 gennaio 2014

....

"Serve, invece, un impegno comune di tutti per favorire una cultura dell’incontro, perché solo chi è in grado di andare verso gli altri è capace di portare frutto, di creare vincoli di comunione, di irradiare gioia, di edificare la pace.
Lo confermano – se ce ne fosse bisogno – le immagini di distruzione e di morte che abbiamo avuto davanti agli occhi nell’anno appena trascorso. Quanto dolore, quanta disperazione causa la chiusura in sé stessi, che prende via via il volto dell’invidia, dell’egoismo, della rivalità, della sete di potere e di denaro! Sembra, talvolta, che tali realtà siano destinate a dominare. Il Natale, invece, infonde in noi cristiani la certezza che l’ultima e definitiva parola appartiene al Principe della Pace, che muta «le spade in vomeri e le lance in falci» (cfr Is 2,4) e trasforma l’egoismo in dono di sé e la vendetta in perdono.

È con questa fiducia che desidero guardare all’anno che ci sta di fronte. Non cesso, pertanto, di sperare che abbia finalmente termine il conflitto in Siria. La sollecitudine per quella cara popolazione e il desiderio di scongiurare l’aggravarsi della violenza mi hanno portato, nel settembre scorso, a indire una giornata di digiuno e di preghiera. Attraverso di Voi ringrazio di vero cuore quanti nei Vostri Paesi, Autorità pubbliche e persone di buona volontà, si sono associati a tale iniziativa. Occorre ora una rinnovata volontà politica comune per porre fine al conflitto. In tale prospettiva, auspico che la Conferenza “Ginevra 2”, convocata per il 22 gennaio p.v., segni l’inizio del desiderato cammino di pacificazione. Nello stesso tempo, è imprescindibile il pieno rispetto del diritto umanitario. Non si può accettare che venga colpita la popolazione civile inerme, soprattutto i bambini. Incoraggio, inoltre, tutti a favorire e a garantire, in ogni modo possibile, la necessaria e urgente assistenza di gran parte della popolazione, senza dimenticare l’encomiabile sforzo di quei Paesi, soprattutto il Libano e la Giordania, che con generosità hanno accolto nel proprio territorio i numerosi profughi siriani.

Rimanendo nel Medio Oriente, noto con preoccupazione le tensioni che in diversi modi colpiscono la Regione. Guardo con particolare preoccupazione al protrarsi delle difficoltà politiche in Libano, dove un clima di rinnovata collaborazione fra le diverse istanze della società civile e le forze politiche è quanto mai indispensabile per evitare l’acuirsi di contrasti che possono minare la stabilità del Paese. Penso anche all’Egitto, bisognoso di una ritrovata concordia sociale, come pure all’Iraq, che stenta a giungere all’auspicata pace e stabilità. In pari tempo, rilevo con soddisfazione i significativi progressi compiuti nel dialogo tra l’Iran ed il “Gruppo 5+1” sulla questione nucleare. 

Ovunque la via per risolvere le problematiche aperte deve essere quella diplomatica del dialogo. È la strada maestra già indicata con lucida chiarezza dal papa Benedetto XV allorché invitava i responsabili delle Nazioni europee a far prevalere «la forza morale del diritto» su quella «materiale delle armi» per porre fine a quella «inutile strage» (cfr BENEDETTO XV, Lettera ai Capi dei Popoli belligeranti [1 agosto 1917]: AAS 9 [1917], 421-423), che è stata la Prima Guerra Mondiale, di cui quest’anno ricorre il centenario. Occorre «il coraggio di andare oltre la superficie conflittuale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 228), per considerare gli altri nella loro dignità più profonda, affinché l’unità prevalga sul conflitto e sia «possibile sviluppare una comunione nelle differenze» (ibid.). In questo senso è positivo che siano ripresi i negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi e faccio voti affinché le Parti siano determinate ad assumere, con il sostegno della Comunità internazionale, decisioni coraggiose per trovare una soluzione giusta e duratura ad un conflitto la cui fine si rivela sempre più necessaria e urgente. Non cessa di destare preoccupazione l’esodo dei cristiani dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Essi desiderano continuare a far parte dell’insieme sociale, politico e culturale dei Paesi che hanno contribuito ad edificare, e ambiscono concorrere al bene comune delle società nelle quali vogliono essere pienamente inseriti, quali artefici di pace e di riconciliazione. "
-----


Una “supplica perché possa finalmente venire la pace e la riconciliazione” in Libano, in Siria e nel mondo intero


Il Cardinale Sandri a Maghdouché, nei pressi di Saïda, per una visita in forma privata al Santuario mariano di Sayidat Al-Mantara, Nostra Signora dell’Attesa, nome che allude al luogo in cui Maria aspettava Gesù in missione nella città di Sidone. Lì, è previsto un atto di affidamento alla Madre di Dio, recitato dal porporato con l’invocazione della protezione della Regina della pace sul Libano, la Siria e tutto il Medio Oriente. 

“Vogliamo continuare qui, oggi – si legge nell’atto di affidamento – la preghiera chiesta dal Santo Padre Francesco lo scorso 7 settembre e ripetere l’invocazione risuonata con forza quella sera: finisca il rumore delle armi! Vogliamo impegnarci tutti, dai responsabili delle nazioni fino ai più piccoli, ad essere uomini e donne di pace di riconciliazione”.
  Il Santuario di Nostra Signora dell’Attesa custodisce un’antica grotta, profonda dodici metri e larga cinque, in fondo alla quale sono stati ricavati, nella roccia stessa, un altare e un’abside. La cavità naturale accoglie anche un’icona lignea della Madre di Dio, alla quale sono stati attribuiti molti miracoli. Fu poi Elena, madre di Costantino, a dare il via, nel IV secolo, alla costruzione del Santuario. 

Dopo un lungo periodo di abbandono, si deve al Giubileo del 2000 l’avvio dei lavori di ristrutturazione, ai quali contribuì economicamente anche Giovanni Paolo II. Oggi, il Santuario è circondato da un parco di 4 mila metri quadri, capace di accogliere numerosi pellegrini. 





sabato 11 gennaio 2014

Iniziative vaticane: per cercare, a tutti i costi, vie di pace

Il card. Sandri consacra vescovo il vicario di Aleppo: tacciano le armi in Siria



È “la pace autentica, la vera pace di cui ha grandemente bisogno l’umanità oggi” quella invocata dal card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali. L’appello arriva dal Libano, esattamente da Beirut, in occasione dell’ordinazione episcopale di mons. Georges Abou Khazen, dell’Ordine dei Frati Minori, vicario apostolico di Aleppo, la capitale cristiana della Siria, martoriata dalla guerra. 
Il card. Sandri ha rivolto il suo pensiero “alle immani sofferenze che si consumano da sin troppo tempo” in Siria e ha ricordato i due metropoliti, il greco-ortodosso Boulos al-Yazigi e il siro-ortodosso Youhanna Ibrahim, rapiti lo scorso aprile e dei quali “non si sa più nulla”. 
Ribadendo, poi, che “anche nelle situazioni di lontananza, povertà e dolore”, Dio “non si dimentica dell’uomo” e gli “è accanto”, il card. Sandri ha manifestato la speranza che l’ordinazione episcopale di mons. Abou Khazen possa essere, per la Siria, “l’aurora” di un tempo in cui la giustizia sostituirà l’odio e la letizia risplenderà sul lutto. Sergio Centofanti ha raggiunto telefonicamente il card. Leonardo Sandri a Beirut, chiedendogli innanzitutto cosa desideri portare in Libano

R. - Porto con me tutta la fratellanza di Papa Francesco, tutta la sua vicinanza per questa tribolata regione del mondo. Non possiamo perdere la speranza di vedere spuntare l’alba di un nuovo giorno di pace e di riconciliazione e di unione fra tutti quelli che desiderano il bene dell’umanità.

D. - Quali sono le proposte della Chiesa di fronte al dramma umanitario che sta vivendo la popolazione civile in Siria?

R. - Quello che la Chiesa desidera è che ci sia al più presto un cessate-il-fuoco, un armistizio, che tacciano le armi e si aprano i corridoi umanitari e arrivino a tutti quelli che stanno soffrendo, da una parte e dall’altra, soprattutto innocenti, bambini, donne… Quindi, in questo senso, tutta la Chiesa sta pregando e lavorando perché si realizzino questi piccoli-grandi obiettivi umanitari.

D. - Il nuovo vicario avrà ad Aleppo, una città martoriata dalla guerra…

R. - Esattamente! Lui andrà proprio come pastore in una delle zone dove più imperversa la guerra, dove più c’è odio e separazione. Va come rappresentante di Cristo, come il Buon Pastore, per unire tutti nell’amore.

D. - Come si può aiutare questa piccola minoranza cristiana che sta soffrendo in Siria?

R. - Da parte di tutta la comunità internazionale è necessario un appoggio affinché si raggiungano questi obiettivi minimi di riconciliazione e di pace, che poi sono grandissimi. Sarebbe una grande gioia per il mondo intero se si raggiungessero nella prossima conferenza di Ginevra! Tutta la comunità cristiana di tutto il mondo può poi collaborare attraverso le Caritas per far giungere alla Caritas Libano, alla Caritas Siria e alla Caritas Giordania tutto l’appoggio materiale possibile, per poter sollevare questi fratelli da tante sofferenze. Mi permetta, infine, un saluto dal Libano a tutta la comunità cattolica del mondo, a tutti i fratelli cristiani, perché collaborino con la preghiera affinché Gesù porti la pace a questa regione. E grazie a voi per l’aiuto che date attraverso le informazioni, in modo tale che tutti possano prendere coscienza sia della gravità della situazione, sia anche della necessità di collaborare al più presto possibile con tutti.

E «possa questa ordinazione — è stato  l'auspicio del Cardinal Sandri al nuovo Vescovo — essere l’aurora di un tempo in cui per la Siria la corona di giustizia sostituisca la cenere dell’odio; l’olio di letizia faccia risplendere chi è avvolto dall’abito da lutto».
Un pensiero particolare, poi, il cardinale ha avuto per le situazioni dove — ha detto al nuovo vescovo — «non potranno condurti i tuoi passi: penso con trepidazione ai fedeli di Knaye e Jacoubieh, con padre Hanna e padre Dhyia, oltre a tanti altri. Ti sarà chiesto di rimanere e vegliare come grande intercessore».


Sul significato di questo viaggio, Hélène Destombes ha sentito mons. Antoine Audo, vescovo di Aleppo dei Caldei e presidente di Caritas Siria:

“E’ molto significativa per noi questa vicinanza, ci dà il senso della solidarietà. Per noi tutti questi gesti del Santo Padre, la preghiera per la Siria del settembre scorso, tutti i suoi appelli, sono gesti per dire che la Chiesa non è lontana e questo è molto importante. Penso anche che la presenza del cardinale Sandri sia una testimonianza di comunione tra Oriente ed Occidente. E’ molto significativo per noi e per tutti gli altri cristiani in Siria, in Libano e in Medio Oriente”.


        Alla celebrazione prenderanno parte anche i rappresentanti pontifici in Libano e Siria, gli arcivescovi Gabriele Caccia e Mario Zenari, oltre a una decina di altri vescovi e al Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa.

La presenza del Cardinale Sandri, si legge in un comunicato ufficiale, “intende esprimere al vescovo eletto tutta la vicinanza e il sostegno della Sede Apostolica alla comunità cristiana provata dal conflitto siriano”. 


Un sostegno che il prefetto delle Chiese Orientali renderà visibile in particolare domenica prossima, quando presiederà l’Eucarestia nel Centro dei Padri Redentoristi a Zahle, nella valle della Bekaa, per poi proseguire fino al rassemblement di profughi siriani di Mari el Khokh a Marjayoun, gestito dall’Associazione AVSI, dove porterà un contributo per le opere di assistenza ai rifugiati. 


Sulla strada del rientro, informa ancora la nota, il cardinale Sandri farà a tappa nel villaggio di Maghdouché, nei pressi di Saïda, per una visita in forma privata al Santuario mariano di Sayidat Al-Mantara, Nostra Signora dell’Attesa. 
Lì, rinnoverà l’atto di affidamento alla Madre di Dio, invocando la protezione della Regina della pace sul Libano, la Siria e tutto il Medio Oriente. 

Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2014/01/11/il_card._sandri_consacra_vescovo_il_vicario_di_aleppo:_tacciano_le/it1-763007
del sito Radio Vaticana


Siria. Si può restare indifferenti?

Workshop 13 gennaio 2014 –  Pontificia Accademia delle Scienze, Vaticano 




1. La guerra civile in Siria è avvenuta in due fasi. La prima, da gennaio 2011 a marzo 2012, è stata per lo più una questione interna. Quando la Primavera araba è scoppiata in Tunisia e in Egitto nel gennaio 2011, ha colpito anche la Siria. Oltre alle usuali rimostranze dettate dalla brutalità del regime, i siriani pativano una massiccia siccità e l’impennata dei prezzi dei generi alimentari. Le proteste si sono trasformate in una ribellione militare contro il regime (in mano all’Esercito e ai Servizi) quando parti dell’esercito siriano si sono staccate dal regime e hanno dato vita all’Esercito siriano libero. La vicina Turchia è stata probabilmente il primo Paese esterno a sostenere la ribellione sul campo, offrendo protezione alle forze ribelli lungo il confine con la Siria. Nonostante l’escalation di violenza, il numero delle vittime toccava le migliaia, e non decine di migliaia.

2. La seconda fase è iniziata l’1 Aprile 2012 quando un gruppo di 83 paesi, capeggiato dagli USA, ha riconosciuto il Consiglio Nazionale Siriano (SNC) e l’ha considerato il principale interlocutore dell’opposizione nei confronti della comunità internazionale. Alcuni giorni prima, Assad aveva accettato il piano di pace dell’allora Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan, che prevedeva un cessate il fuoco, seguito da una transizione politica negoziata, ma non aveva implementato il cessate il fuoco. L’allora Segretario di Stato Hillary Clinton aveva dichiarato: “Pensiamo che Assad debba andarsene”.[1] In pratica, anche in via del fatto che veniva fissato un orizzonte temporale piuttosto breve, questa dichiarazione ha messo gli USA in una situazione di effettiva opposizione all’iniziativa di pace delle Nazioni Unite. La Russia e la Cina, oltre a tentare di difendere i propri interessi nella regione, hanno rifiutato l’idea del cambio di regime in Siria guidato dagli USA. La Russia ha dichiarato che l’insistenza dell’America sull’immediata destituzione di Assad è stata un ostacolo alla pace. In questo la Russia forse aveva ragione. La Russia, da una parte, tentò un approccio pragmatico per proteggere i propri interessi commerciali in Siria e la propria base navale nel porto di Tartus, mettendo al contempo fine agli spargimenti di sangue. Tuttavia, mentre la Russia forniva armi al governo siriano, a settembre 2013 è emerso chiaramente che gli USA avevano iniziato a fornire armi letali al Consiglio Militare Supremo dell’opposizione.

3. Oltre alle forze internazionali in campo, la contesa è diventata una guerra civile che potrebbe portare non solo a una guerra regionale ma, secondo alcuni analisti, anche all’inizio della terza guerra mondiale. Il conflitto è tra un regime che è principalmente Alawita, ma include anche alcuni Drusi, Sunniti e Cristiani, contro un’opposizione che è largamente Sunnita, ma include anche alcuni Alawiti, Drusi e Cristiani. L’Iran sciita, che teme l’espansionismo del Wahabismo sunnita (sunnismo estremista) in tutta la regione, la Russia – che desidera conservare la presenza a Tartus – e gli Hezbollah del Libano sostengono Bashar Hafiz al-Assad. L’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo temono la formazione della “mezzaluna sciita” (Siria-Iran, Hezbollah) e finanziano gli Jihadisti (Al-Qaeda) contro il regime.

4. Con l’uso delle armi chimiche, probabilmente da parte del governo siriano (e forse di entrambi i fronti), gli USA hanno nuovamente rialzato la posta in gioco. Bypassando l’ONU, gli USA hanno dichiarato l’intenzione di intervenire direttamente bombardando la Siria per impedire l’uso futuro delle armi chimiche.

5. A settembre, quindi, Papa Francesco ha attivato tutti i canali possibili per evitare l’allargamento della guerra. «Purtroppo – afferma nel messaggio indirizzato a Vladimir Putin in quanto presidente di turno – duole constatare che troppi interessi di parte hanno prevalso da quando è iniziato il conflitto siriano, impedendo di trovare una soluzione che evitasse l’inutile massacro a cui stiamo assistendo». I leader del G20, invoca Francesco, «non rimangano inerti di fronte ai drammi che vive già da troppo tempo la cara popolazione siriana e che rischiano di portare nuove sofferenze a una regione tanto provata e bisognosa di pace. A tutti loro, e a ciascuno di loro, rivolgo un sentito appello perché aiutino a trovare vie per superare le diverse contrapposizioni e abbandonino ogni vana pretesa di una soluzione militare». Perché «è un dovere morale di tutti i governi del mondo favorire ogni iniziativa volta a promuovere l’assistenza umanitaria a chi soffre a causa del conflitto dentro e fuori dal Paese». Nel frattempo Papa Francesco indice e realizza anche un importante digiuno (una pratica che accomuna le tre religioni monoteistiche). Così lancia indirettamente un segnale a tutti gli iraniani e siriani religiosi coinvolti nel conflitto, invitandoli a concentrarsi sulla preghiera e sulla volontà di pace (conseguenza vera della preghiera), e a suggerire così a tutti, anche ai governanti, di riflettere nel senso profondo della pace. Ci vuole aiutare a comprendere che senza pace tra le religioni non ci sarà pace in Medio Oriente. Di pari passo il pontefice mobilita i nunzi in ogni parte del mondo e il suo “ministro degli esteri”, mons. Mamberti convoca gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede non solo per favorire una soluzione diplomatica, ma anche per esprimere la più netta condanna delle armi chimiche e chiedere conto del loro uso agli eventuali responsabili.

6. Putin riesce a convincere Obama a fermare il bombardamento, dopo aver negoziato un Accordo quadro secondo il quale la Siria si impegna ad eliminare il suo programma basato sulle armi chimiche. Si decide di consegnare le armi chimiche e si conferma, quindi, la conferenza internazionale chiamata Ginevra-II. Questo punto è stato ben apprezzato nel Regno Unito, dove il Parlamento ha voltato le spalle al governo rifiutando la partecipazione inglese all’attacco militare. In questa circostanza, l’ONU, per la prima volta, accusa Assad: “Ha autorizzato crimini di guerra e contro l’umanità”. “Andiamo a Ginevra con una missione di speranza”, ha detto il portavoce del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. La presenza di Russia e Stati Uniti, due Stati chiave nei negoziati, è confermata. La lista degli invitati è stata stabilita il 20 dicembre durante un incontro trilaterale tra la Federazione Russa, gli USA e l’ONU. Il 13 gennaio, invece, si riuniranno il Segretario di Stato USA John Kerry e il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov per raggiungere un accordo sulla partecipazione dell’Iran. L’opposizione siriana ancora non ha nominato i membri della sua delegazione.

7. La proposta sulla quale negozieranno il regime di Assad e i ribelli dell’opposizione a Ginevra sarà la formazione di un governo transitorio con delega nel settore militare e della sicurezza. Si discuterà anche sulla possibilità di convocare elezioni e di scrivere una nuova costituzione. Inoltre, nelle ultime settimane è apparso evidente come gli stessi gruppi ribelli stiano cercando di emarginare quelle fazioni estremiste quali l’ISIS (Stato islamico di Iraq e Siria) che intendono mettere a repentaglio il processo di pace. La ripresa del processo di pace dell’ONU, questa volta con gli USA e la Russia dalla stessa parte per frenare le violenze, potrebbe riuscire a tenere a bada Al-Qaeda (un interesse condiviso) e a trovare una soluzione pragmatica a lungo termine per le profonde divisioni interne della Siria. E potrebbe ripartire la ricerca di un modus vivendi degli USA con l’Iran – dove un nuovo presidente suggerisce un cambio di rotta nella politica estera – e delle religioni fra loro.
+ Marcelo Sánchez Sorondo

[1] Hillary Rodham Clinton, Segretario di Stato, intervista con Clarissa Ward della CBS News, Centro Congressi di Istanbul, Istanbul, Turchia, 1 aprile 2012 http://www.state.gov/secretary/rm/2012/04/187304.htm
Partecipanti
Jean-Louis Pierre Cardinal Tauran
Miguel Angel Moratinos
Joseph Maïla
Thierry de Montbrial
Mohamed ElBaradei
Jeffrey Sachs
Piotr V. Stegniy
Thomas Walsh
William Vendley
Observer
Georges M.M. Cardinal Cottier
Mons. Antoine Audo
Amb. Juan Pablo Cafiero
Jacqueline Corbelli
Wolfgang Danspeckgruber
Rev. P. Hyacinthe Destivelle
Reverendo Aleksej Dikarev
Mons. Brian Farrell
Ieromonaco Stefan Igumnov
Amb. Bruno Joubert
Amb. Pierre Morel
Amb. Piotr Nowina-Konopka
Amb. Mariano Palacios Alcocer
Romano Prodi
Mons. Marcelo Sánchez Sorondo
Mons. Silvano Tomasi
Miguel Werner
Amb. Antonio Zanardi Landi

giovedì 19 dicembre 2013

“Ho sempre la Siria nel mio cuore”

Intervento del Cardinale Leonardo Sandri prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali nell'incontro "Cosa chiede la Siria?" presso il Centro Internazionale di Comunione e Liberazione


a cura Redazione "Il sismografo"

Martedì 17 dicembre 2013

 Cari amici, saluto e ringrazio il Signor Ministro della Difesa, Senatore Mario Mauro, che ritrovo volentieri pochi mesi dopo la tavola rotonda sul Medio Oriente organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma, come pure il presidente del Centro Internazionale, Dottor Fontolan, organizzatore e ospite di questa serata, insieme al Dottor Cusenza, direttore de Il Messaggero che funge da moderatore. Il nostro essere qui stasera dice il desiderio ed insieme la decisione di non lasciarci vincere da quella “globalizzazione dell’indifferenza” tanto denunciata da Papa Francesco in diverse occasioni. A lui anzitutto va il pensiero riconoscente e la preghiera, nel giorno del suo 77° genetliaco, per la cura paterna sempre mostrata verso la Siria e la sua cara e martoriata popolazione.

1. Fa da cornice a questa serata l’Avvento, durante il quale la preghiera liturgica della Chiesa, in uno dei suoi prefazi, afferma:  “Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno” . Per il credente, e anche per chi è sulla soglia della fede, la vicenda della Siria rappresenta quell’uomo e quel tempo particolare nei quali il Signore continua a venirci incontro, fa appello a noi, e chiede accoglienza e testimonianza nell’amore. 
Proprio come accadrà qui nella seconda parte della serata, con il reportage di Gianni Micalessin e le parole del Presidente della Fondazione AVSI, Dottor Alberto Piatti. Con la medesima preoccupazione del Santo Padre, come l’ho sentita espressa dal nuovo Vicario Apostolico di Aleppo, il frate George Abou Khazen, che ordinerò Vescovo all’inizio di gennaio a Beyrouth: al termine dell’Udienza generale di mercoledì scorso egli si è accostato a Papa Francesco, si è presentato, e subito, con una mano sul petto, Sua Santità gli ha replicato: “Ho sempre la Siria nel  mio cuore”

2. Dobbiamo anche noi ripartire dal cuore ferito, che non vuole e non può fare finta di niente: francamente, negli uffici della Congregazione per le Chiese Orientali, ci è dato di farne esperienza ogni giorno. Volti di seminaristi e suore che da lì provengono, sono a Roma per affrontare gli studi ma non possono non correre col pensiero alla loro patria e alla loro chiesa; Patriarchi e Vescovi che riferiscono della dura situazione personale e del gregge loro affidato, che pur stentando nel quotidiano e sognando spesso una fuga all’estero - per chi se lo può permettere -  non smettono di indicare il Signore come fonte di luce e di speranza. 

E ancora le lettere e le mail, l’ultima proprio ieri, dal Padre Custode di Terra Santa, fr. Pierbattista Pizzaballa
“devo purtroppo e ancora una volta portare alla vostra attenzione la sempre più difficile situazione dei nostri ultimi due villaggi cristiani rimasti nell’Oronte di Siria, dei nostri parrocchiani e dei nostri confratelli che li assistono. Il Nord della Siria è sempre più in mano di ribelli estremisti, mentre le forze cosiddette ‘moderate’ perdono forza. I ribelli che controllavano la ‘nostra’ zona, che fino ad oggi si ritenevano tolleranti, sono stati sostituiti da gruppi estremisti che non amano la presenza dei non musulmani nel loro ‘emirato’. Gli ultimi ordini ricevuti dai nostri frati, padre Hanna e padre Dhiya, sono i seguenti: 
a.Tutte le croci debbono sparire; b. è proibito suonare le campane; c. le donne non debbono uscire di casa senza coprire la faccia e i capelli.. d. tutte le statue debbono sparire.. In caso di inadempienza, si applicherà la legge islamica. In sostanza: chi non si adegua o se ne va o viene fatto fuori. Questi ordini si applicano a Knayem, Yacoubieh e Jdeideh, che attualmente è servito dai nostri confratelli. Per coloro che forse non conoscono la zona, quei villaggi sono esclusivamente cristiani. Invito ciascuno a pregare per tutte le comunità di Siria, in particolare per coloro che vivono sotto il controllo di questi estremisti… Preghiamo affinchè il cuore di queste persone si apra all’ascolto e soprattutto perché il nostro piccolo gregge di Siria continui a confidare nel Signore”.  

Di fronte a certi racconti, il senso di ingiustizia, misto ad impotenza, ci potrebbe condurre ad  alimentare l’ira e il rancore. Ma torna alla mente la citazione dell’Antigone di Sofocle che il Pontefice emerito, Benedetto XVI, pronunziò durante la sua visita al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau: “Non sono qui per odiare, ma per insieme amare”. Proprio quel discorso ci aiuta a stare dinanzi al nostro cuore ferito dal dramma della Siria e ad intuire percorsi personali e sociali di rinnovamento: “No – in definitiva, dobbiamo rimanere con l'umile ma insistente grido verso Dio: Svégliati! Non dimenticare la tua creatura, l'uomo! E il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio – affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell'egoismo, della paura degli uomini, dell'indifferenza e dell'opportunismo. Emettiamo questo grido davanti a Dio, rivolgiamolo allo stesso nostro cuore, proprio in questa nostra ora presente, nella quale incombono nuove sventure, nella quale sembrano emergere nuovamente dai cuori degli uomini tutte le forze oscure: da una parte, l'abuso del nome di Dio per la giustificazione di una violenza cieca contro persone innocenti; dall'altra, il cinismo che non conosce Dio e che schernisce la fede in Lui. Noi gridiamo verso Dio, affinché spinga gli uomini a ravvedersi, così che  riconoscano che la violenza non crea la pace, ma solo suscita altra violenza – una spirale di distruzioni, in cui tutti in fin dei conti possono essere soltanto perdenti… Noi preghiamo Dio e gridiamo verso gli uomini, affinché la ragione dell'amore e del riconoscimento della forza della riconciliazione e della pace prevalga sulle minacce circostanti dell'irrazionalità o di una ragione falsa, staccata da Dio.” (Benedetto XVI, 28 maggio 2006).

Sono parole pronunciate sette anni fa, ma che offrono in filigrana la lettura degli interventi del Santo Padre Papa Francesco e della Santa Sede a vari livelli durante il conflitto siriano. Pensiamo al grido a Dio e all’uomo risuonato nella veglia del 7 settembre scorso, alle parole all’Angelus del giorno successivo: 
in questo momento in cui stiamo fortemente pregando per la pace, questa Parola del Signore ci tocca sul vivo, e in sostanza ci dice: c’è una guerra più profonda che dobbiamo combattere, tutti! È la decisione forte e coraggiosa di rinunciare al male e alle sue seduzioni e di scegliere il bene, pronti a pagare di persona: ecco il seguire Cristo, ecco il prendere la propria croce! Questa guerra profonda contro il male! A che serve fare guerre, tante guerre, se tu non sei capace di fare questa guerra profonda contro il male? Non serve a niente! Non va… 
Questo comporta, tra l’altro, questa guerra contro il male comporta dire no all’odio fratricida e alle menzogne di cui si serve; dire no alla violenza in tutte le sue forme; dire no alla proliferazione delle armi e al loro commercio illegale. Ce n’è tanto! Ce n’è tanto! E sempre rimane il dubbio: questa guerra di là, quest’altra di là - perché dappertutto ci sono guerre - è davvero una guerra per problemi o è una guerra commerciale per vendere queste armi nel commercio illegale? Questi sono i nemici da combattere, uniti e con coerenza, non seguendo altri interessi se non quelli della pace e del bene comune” (Papa Francesco, Angelus 8 settembre 2013). 

O, in ultimo, le indicazioni offerte dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, Sua Eccellenza Mons. Mamberti, nell’incontro del 5 settembre con gli Ambasciatori presso la Santa Sede, con alcuni elementi molto puntuali, quali 
“a. l’indispensabilità di adoperarsi per il ripristino del dialogo fra le parti e la riconciliazione del popolo siriano;  b. preservare l’unità del Paese;  c. garantire accanto all’unità del Paese la sua integrità territoriale”.

3. Nel contesto del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione, e pensando al fondatore don Luigi Giussani, non voglio tacere su una dimensione fondamentale che è in campo oggi in Siria e in Medio Oriente ma che riguarda anche noi, quella educativa. Essa è in questione a molteplici livelli. Da un lato, la proclamata lotta al terrorismo, con alleanze che forse hanno tenuto conto solamente delle convenienze economiche, senza valutare se in taluni paesi abbia un peso consistente il pensiero e la visione fondamentalista. 
Similmente c’è da interrogarsi sull’ 'emergenza uomo' – facendo eco al titolo dell’ultima edizione del Meeting di Rimini: proprio il difetto nella visione antropologica e sul mondo conduce inesorabilmente sul piano inclinato che arriva alla distruzione della persona nella sua dignità. Ne è espressione diabolica l’utilizzo delle armi chimiche: ora si afferma che siano state usate in Siria,  stando al rapporto ONU reso pubblico nei giorni scorsi. Ma questa deriva nell’uso di armamenti letali  non è stata resa possibile anche da una ricerca scientifica e tecnica che non vuole alcun limite ed è piuttosto portata a celebrare se stessa, soprattutto nel nostro Occidente?  
Dobbiamo ugualmente affermare che se l’uomo è certo capace di pensare e compiere il male, tuttavia è anche capace di reagire, per un sussulto di coscienza, quasi rientrando in se stesso e compiendo responsabilmente gesti che limitano le azioni negative poste in essere o che potrebbero svilupparsi in futuro,  e cercano di porvi rimedio.  A Damasco, in ogni caso, , la Siria anche con l’aiuto di diversi paesi ha distrutto l’intero arsenale chimico, proposta accettata dal governo e realizzata in pochissimo tempo, che ha posto fine ad uno dei pericoli per la stabilità della regione.

La missione dell’essere umano, portata avanti con responsabilità piena, richiama anche al ruolo e alla presenza stessa dei cristiani, chiamati ad essere sale e lievito nelle società. Va decisamente riaffermato che essi sono in Medio Oriente da duemila anni, e hanno condiviso secoli di convivenza con i fedeli di altre religioni: esemplari le parole del Santo Padre pronunciate nell’Udienza alla Plenaria della nostra Congregazione: 
Non ci rassegniamo a pensare un Medio Oriente senza i cristiani” (21 novembre 2013). 
E’ una affermazione che non può essere dimenticata e va onorata con l’impegno quotidiano di ciascuno: qui voglio ringraziare pubblicamente il Senatore Mauro per l’attività svolta a tutela della libertà religiosa quando era parlamentare europeo. Anche questo è un modo per proclamare almeno nei fatti la fedeltà alle origini cristiane del continente. 

A questa dimensione che chiede tutela per l’identità cristiana in Medio Oriente, va affiancata però quella di un attivo coinvolgimento dei fedeli nella regione, per i quali è necessaria e urgente un’adeguata formazione secondo i principi della Dottrina sociale della Chiesa, come ripetuto da molte voci durante il Sinodo per il Medio Oriente del 2010. Proprio loro potrebbero essere protagonisti nel pensare con amore alla propria patria, secondo un modello di democrazia rispettoso delle tradizioni e delle culture locali e che pertanto non potrà essere semplicemente clonato dall’Occidente. E’ proprio in questo senso che il concetto di “Dhimmitudine” - intendendo cioè uno status giuridico per alcune categorie di non musulmani che vivono in uno stato governato dal diritto islamico -  debba evolvere anzitutto fra i cristiani, che non possono accontentarsi di uno statuto protetto da qualsiasi regime o potere, bensì essere coscienti e capaci, come cittadini a pieno titolo della propria nazione, di edificare il bene comune nelle libertà religiosa e nella libertà di espressione.

4. La Siria, in ultimo, ci interroga anche sul cammino ecumenico: stiamo attraversando un singolare momento in cui l’unità desiderata tra i credenti in Cristo non si può realizzare ancora presso la mensa eucaristica, ma viene vissuta ogni giorno bevendo al calice amaro della passione. Abbiamo in mente tanti volti, tante storie: quelli dei Vescovi Boulos Yazighi e Youanna Ibrahim, greco e siro ortodossi, di padre Paolo Dall’Oglio, del sacerdote armeno-cattolico Michel Kayylal, che ha studiato pochi anni fa presso il Pontificio Collegio Orientale qui a Roma, delle suore greco-ortodosse di Maaloula e di molti altri. 
Papa Francesco nell’intervista concessa al giornalista Andrea Tornielli ha parlato di “ecumenismo del sangue”, concetto già accennato peraltro nell’incontro con il Papa Copto di Alessandria, Tawadros II nello scorso mese di maggio. Le parole su questo tema di Domenico Quirico, egli pure presente col ministro Mauro all’incontro della Comunità di Sant’Egidio, apparse ieri su “La Stampa”, non possono non commuoverci: “Per coloro che uccidono siamo cristiani....  Le parole di papa Francesco mi hanno ricordato quelle di uno dei miei carcerieri, in Siria, quest’anno. Quando mi raccontò come aveva ucciso la famiglia dei suoi padroni, padre, madre e la figlia adolescente che scriveva diari, che ho visto, fitti di cuori rossi come il sangue e di vertigini, di slanci innocenti che gettano la vita al di là di noi stessi; e che li aveva sepolti nel loro frutteto, cose gettate via. Mi disse così: «Li ho ammazzati, erano cristiani… »: non maroniti, cattolici, melchiti, caldei, ortodossi, appunto soltanto cristiani. Che bisogno c’era di specificare, nel loro esser cristiani era la condanna inappellabile e senza vie d’uscita; perfino la sua giustificazione a uccidere”. 

Oltre alla preghiera per tutti i rapiti, e al rinnovato appello alla comunità internazionale perché si adoperi per la loro liberazione, a noi torna la domanda sulla nostra capacità di essere testimoni nel quotidiano, in condizioni esterne certo migliori. Suonano come invito alla riflessione e sprone al cambiamento alcune espressioni dell’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium:ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua.. capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci  a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie” (EG 6). 

Proprio nel cuore del dolore della Siria vogliamo ora compiere un interiore pellegrinaggio, a Maaloula, alla grotta ove Santa Tecla trovò rifugio, e alle colline che si accendono di fuochi il 14 settembre per rievocare l’annuncio del ritrovamento della Croce trasmesso da Gerusalemme a Costantinopoli. Vi andiamo con la certezza che “la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1), ma anche con la consapevolezza che le nostre lampade, più che quelle dei nostri fratelli laggiù, sono rimaste povere dell’olio della fede, o forse l’hanno annacquato con tante scelte di “mondanità spirituale”, come ripete spesso Papa Francesco. 
La testimonianza della carità, esemplarmente e quotidianamente vissuta, come ho potuto vedere nello scorso mese di giugno durante le visite ai profughi siriani assistiti da Caritas Libano, Caritas Jordan e Avsi, possa dilatare il nostro cuore, e aiutarci a riaccendere il fuoco di un annuncio di cui il cuore dell’uomo d’oggi ha ancora sete.

Dopo aver ricevuto un filmato  da alcuni  ragazzi siriani, gli alunni della scuola primaria "Pietro Scola" di Lecco  rispondono con un video-messaggio carico di affetto, che ha accompagnato una somma in denaro ( raccolta ritrovandosi a gruppi nelle case per preparare le belle mele di San Nicolò) 
  devoluta al Centro Salesiano di Damasco.





I RAGAZZI DI DAMASCO HANNO APERTO UNA PAGINA FACEBOOK : aspettano i vostri inserimenti! :

Deport the war from our schools. أبعدوا الحرب عن مدارسنا