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martedì 15 marzo 2022

Cade oggi l’undicesimo anniversario della 'guerra per procura' siriana, cominciata il 15 marzo del 2011

 

A Idlib siamo chiusi dentro una gabbia – ci dice il frate siriano Hanna Jallouf – manca davvero tutto, zucchero, olio riso… Inoltre viviamo sempre nel timore di qualche ritorsione da parte dei gruppi ribelli nella regione, ma negli ultimi due anni i combattimenti si erano notevolmente ridotti”. Ora lo spettro della guerra torna a tormentare le speranze delle piccole comunità cristiane dei villaggi di Knaye e Yacoubiehdove l’accordo tra il governo di Bashar Al-Assad, l’alleato russo e la Turchia garantivano, per quanto possibile in una situazione di questo tipo, una certa stabilità. Vi preghiamo di non dimenticarvi di noi – dice – che siamo ancora in balia di questa sporca guerra, in balia di persone che vogliono eliminarci! Non dimenticate le 210 famiglie di Kanye e Yacoubieh, intrappolate in una condizione drammatica”.  (Pro Terra Sancta)

Siria, c’è ancora speranza dopo 11 anni di guerra civile? Le parole di padre Ibrahim

Carissimi amici,
Pace e bene.

Oggi si fa memoria dell’inizio della crisi siriana. Ormai sono passati undici anni, mentre noi continuiamo a sperare in un giorno dove la pace illumini il nostro paese ferito. Mi vengono in mente tutti i terribili scenari di questa guerra e dei suoi risultati, specialmente la tappa del Covid e dell’embargo iniziato nel 2019 e che continua ancora oggi e si manifesta attraverso un deterioramento severo nelle condizioni di vita, continuando a lasciare le sue ombre sulla vita di ogni persona che vive ad Aleppo.
Un freddo che “morde” senza nessuna possibilità per riscaldarsi, una fame dovuta all’inflazione e all’aumento di prezzi, specialmente degli alimentari. La nostra è una vita nel buio dove abbiamo nella città due ore di elettricità che non bastano a tirare l’acqua alle abitazioni…
Per noi era quasi impossibile per giorni e giorni fare la doccia, pulire i panni e risciacquarli e stirare i vestiti…
Una realtà dura, ho detto, che continua fino ad oggi.

Con la guerra in Ucraina, si aprono di nuovo le nostre ferite… e le lacrime tornano agli occhi, perché in Ucraina si ripete il dramma del male nel mondo, si crea un focolaio nuovo, come da noi, per la sofferenza e la morte…
Seguiamo con dolore il processo nero della guerra mentre stiamo vivendo il nostro processo, di morte lenta… molto lenta…
Nella preghiera per l’Ucraina preghiamo per un mondo disordinato che perde la sua bussola e va verso la sua autodistruzione. Fra tanti risultati, la guerra in Ucraina ne ha tanti sulla vita dell’uomo in tutto il mondo, si immagini allora quali potrebbero essere le sue ripercussioni sulla vita dell’uomo che vive in Siria, in modo particolare ad Aleppo.
Alcuni giorni già prima della guerra, la farina è scomparsa dal mercato di Aleppo. Con il suo inizio, un salto severo ed improvviso di aumento di prezzi degli alimentari, ha lanciato l’uomo già battuto sulla via della morte, per un altro deterioramento, con la quale non si può più parlare di una vita degna della persona umana.

La luce nella realtà più buia

In questa situazione, ecco che un “grembiule” marrone che ha l’odore di santità di S. Francesco, che continuano a sperare contro ogni speranza… continua a lavare i piedi dei fratelli cittadini diventati tutti poveri. Davanti al peggioramento della situazione da tutti i punti di vista, se non arriva la luce, le nostre ginocchia piegate in preghiera la implorano e con il servizio umile, creativo e disinteressato, la rendono presente nella vita di ogni aleppino.

Arriva la luce, carissimi, perché Cristo è risorto; arriva perché la carità è presente ed è molto forte ed efficace;
Il Mattino c’è perché il cammino della Chiesa è un “camminare insieme” e perché siamo tutti insieme a pregare gli uni per gli altri e perché ci aiutiamo insieme a continuare questa missione ad Aleppo…  Buona continuazione nel cammino di Quaresima;
buona continuazione nel cammino di totale donazione a Dio e ai fratelli feriti della guerra;
e buona continuazione nel cammino della carità, manifesta nella preghiera e nelle donazioni generose…

Per favore, non dimenticate la Siria, per favore, in mezzo a tante preoccupazioni, non dimenticate l’uomo lasciato nella periferia esistenziale del mondo, qua ad Aleppo…Vi auguro ogni bene nel Signore.


fr. Ibrahim

giovedì 15 luglio 2021

Una “Lettera agli amici” dal parroco latino di Aleppo: la presenza cristiana nella afflizione della città

  

  Dall’emergenza scuola alla crisi alimentare, dalla pandemia di Covid-19 al problema abitativo, soprattutto per le giovani coppie di sposi: Padre Ibrahim racconta le difficoltà di una città alle prese con molte emergenze alimentari, educative e sanitarie per il Covid. I prezzi sono in continuo aumento, le sanzioni disumane e la popolazione è alla fame. L’obiettivo di aprire una mensa calda per i più poveri. Ai giovani: in una fase critica, sposarsi è “un atto eroico di fede”. (da Asianews)


PARROCCHIA LATINA S. FRANCESCO D'ASSISI ALEPPO - SIRIA 

Carissimi amici e amiche,

con questa lettera, voglio aggiornarvi attorno alla nostra vita e missione, offrendo a voi un quadro della nostra vita nella città di Aleppo, in modo da approfondire ancora di più e ancora meglio la comunione tra noi; una comunione che ha voluto il Signore, ispirandoci di scrivervi per incontrarvi idealmente e per mantenere il contatto, ma, ancor di più, pregandovi di interessarvi alle nostre sofferenze cercando sempre modalità efficaci per aiutarci nella Via Crucis che stiamo ancora percorrendo.

Effetti delle sanzioni

Riguardo alle sanzioni, di sicuro, ci permettiamo di denunciarle come "sanzioni disumane", che vengono applicate in modo ingiusto e che fanno soffrire tutto il popolo, in modo particolare i più deboli.

E possibile che in un paese ricco di petrolio e il gas, vengano a mancare proprio queste materie essenziali? Questa mancanza influenza il buon funzionamento di ospedali e la manutenzione e l'acquisto dell'attrezzatura medica, rendendo, di fatto, il paese paralizzato.

La mancanza di elettricità soffoca tutta la gente, rendendo la vita nelle case impossibile sotto tutti i punti di vista. Immaginate che durante il periodo di freddo rigido, la gente non riusciva neppure a riscaldare l'acqua sanitaria! Facciamo tanta fatica a trovare una bombola di gas e, quindi, a cucinare. La stessa cosa vale per il caldo soffocante e prevedibile in città durante l'estate: anche in questa occasione ci sarà la sofferenza per l'impossibilita di azionare i condizionatori o i semplici ventilatori!

Di sicuro, gli effetti delle sanzioni hanno causato il peggioramento continuo della situazione economica di tutta la gente, schiacciando sempre i più vulnerabili, cioè la maggior parte della gente che oggi non riesce più a trovare il pane quotidiano.

Ritorno ai piani di emergenza

Non mi voglio dilungare eccessivamente, ma oltre alle sanzioni ci sono tanti altri fattori che rendono la vita sempre più dura per la gente. Il risultato triste, purtroppo, è che stiamo assistendo ad un peggioramento lento in ogni campo, che diventa sempre più imponente e più duro per le condizioni di vita. Infatti, anche dall'inizio dell'anno, abbiamo notato il precipitare della situazione e, mentre diverse associazioni hanno considerato la situazione come "fuori dell'emergenza umanitaria", noi, controcorrente, siamo tornati ai piani di soccorso legati all'emergenza.  

Risposta ad alcune sfide

La vita diventa sempre più cara e la gente allora subisce la fame. Ogni volta rimaniamo addolorati e sorpresi dall'aumento dei prezzi anche della verdura; la frutta di stagione diventa irraggiungibile per la maggioranza delle famiglie che sono povere. Immaginate che metà dello stipendio mensile di un lavoratore è appena sufficiente per acquistare qualche stelo di verdura e un po' di pasta!Vista "l'esplosione della fame", siamo tornati quindi alla distribuzione degli alimenti o, almeno, all'aiuto con delle somme di denaro per coprire i bisogni di cibo, alla maggior parte delle nostre famiglie. Inoltre, abbiamo ultimamente distribuito il "pane" a tutti quegli anziani che non riescono a reggere ore e ore di fila in piedi dinanzi ai panifici! Oltre a tutto questo, stiamo sognando e progettando concretamente di aprire una mensa per un "piatto caldo" per tanti bisognosi che giornalmente "guardano il cielo", auspicando e chiedendo l'intervento di Colui che cura ogni creatura.

Dal punto di vista sanitario, sopraggiunta la pandemia alla lunga lista delle nostre "piaghe", abbiamo notato come tanta gente colpita dal Covid-19 preferiva morire in casa, senza nessuna assistenza, perchè non aveva i soldi per pagare le cifre esose delle cure costose; alcune famiglie hanno pure venduto le proprie case per permettersi di curare i loro cari. Al momento abbiamo ricevuto un numero limitato di vaccini anti-Covid19, dati in elemosina a noi e che vengono somministrati sia allo staff che lavora nel campo sanitario, sia a chi lo desidera, iniziando dai più anziani. Purtroppo abbiamo ancora nuovi contagiati e cosi anche nuovi deceduti, mentre poca gente è stata sottoposta al vaccino. Come risposta, ci siamo dati da fare col rafforzare la copertura sanitaria per affrontare il Covid, con una cura che copre totalmente, nella maggior parte dei casi, gli ammalati affetti dal virus e che include le visite mediche, le analisi, interventi chirurgici e anche medicine per tutti i tipi di malattie.

I piani di emergenza non si fermano solo a queste cose, perchè da noi anche la distribuzione dei vestiti è una necessità, specialmente per i bambini {mille quasi). I pannolini per i piccoli, cosi come i pannoloni per anziani bisognosi (e lo stesso per il pacco igienico), rappresentano oggi più che mai una priorità!

In un paese dove le scuole si sono chiuse per il secondo anno di seguito, sia a causa del Covid sia della mancanza di carburante e di gasolio per il trasporto, (siamo certi, inoltre, che il programma scolastico non sarà mai recuperato), abbiamo rafforzato il Centro "Dopo scuola" durante il pomeriggio, come momento di recupero scolastico che aiuta gli alunni nelle materie principali, in modo tale che essi non perdano niente della loro educazione intellettuale essenziale.

Davanti ad un aumento imponente di prezzi, anche gli affitti di casa hanno avuto i loro sbalzi. Succede, ad esempio, che una famiglia che riusciva a malapena a pagare un affitto mensile pari a 60 mila lire siriane con tanti sacrifici, viene avvisata che per il mese successivo l'affitto sarà di 100 mila lire: si è costretti, cosi, a lasciare subito la casa. In questo modo, la famiglia annega nella povertà e l'affitto di casa diventa una schiavitù che schiaccia le famiglie. Immaginate, allora, cosa succede dal momento che la maggior parte delle nostre famiglie cristiane, specialmente le nuove famiglie con dei bambini piccoli, vive in case in affitto e ha delle entrate molto limitate!  

Priorità della gioventù e tante risposte

E' una certezza palpabile, oltre ai bisogni di tutte le fasce di età nella città, che i giovani stanno male. Essi, appena entrano all'università e cominciano a guardare verso il futuro, intuiscono le difficoltà oggettive che li aspettano: mancanza di lavoro, servizio militare obbligatorio e senza limiti chiari di tempo, caro vita e difficoltà economiche che gli impediscono di avere il necessario per i loro studi. Sono facilmente guidati alla disperazione, e pensano di fuggire la realtà anzichè affrontarla, ripiegando nella soluzione dell'emigrazione.

Anche in questo ambito è molto importante l'intervento della Chiesa. Poichè questi giovani sono il futuro, diventano allora una priorità: sono fra i più bisognosi di accompagnamento umano e spirituale, che li fa sentire amati, assistiti e serviti e che non li fa sentire soli. Lottiamo da anni e a loro favore per aprire delle vie di uscita dai loro ostacoli, attraverso dei progetti di micro-economia per chi non studia o per chi ha finito già questa fase. Chi studia è aiutato attraverso una somma per l'occorrente per gli studi {trasporto, manuali e libri...), ma, ancor di più, alcuni vengono supportati nella paga di corsi extrascolastici che arricchiscono il loro curriculum. Cerchiamo, anche, di procurare loro occasioni di lavoro parziale, durante il pomeriggio o la sera. Questo aiuto materiale va di pari passo con la formazione spirituale attraverso le associazioni e i gruppi giovanili nei quali vengono accolti.  

Priorità della famiglia

Parlando dei giovani, non possiamo dimenticare le coppie di fidanzati che desiderano edificare fra le rovine della città distrutta una "chiesa domestica". Un progetto audace che prende origine dalla Fede e non appartiene soltanto alle singole coppie, ma soprattutto a Dio nell'ottica della Creazione. Perciò diventa anche il progetto della Chiesa: l'appoggio a questo loro desiderio e, quindi, alle famiglie nascenti è una nostra priorità.

Nelle condizioni di vita attuali ad Aleppo, progettare di sposarsi è già un "atto eroico di fede". La Chiesa, quale madre, non può non appoggiarlo con tutte le forze! Ecco allora che ci sono tanti progetti come quello chiamato "regalo di nozze", che consiste nel regalare, ad ogni coppia che prenota il matrimonio in qualsiasi Chiesa di Aleppo. secondo i bisogni, un intervento di riparazione necessaria alla casa, o un pezzo dell'occorrente elettrico (frigorifero, forno, o altro), o un arredamento di una stanza da letto, o la pigione di affitto di casa per qualche mese. Tutto questo aiuto va di pari passo con un corso prematrimoniale di 13-15 incontri, che rappresenta un vero accompagnamento umano e spirituale. 

Le nuove famiglie che nascono, continuano ad essere una priorità anche nel prosieguo. Anche loro appartengono al progetto di Dio nella Chiesa e nella società; sono il nostro futuro in quanto nucleo vitale che porta in sè tutti i germogli della vita e vanno protette, cosi come lo "zigote" che ha bisogno di essere protetto, accudito e nutrito in un grembo caldo e nutriente che è la Chiesa. E' per questo, allora, che siamo molto sensibili ai vari bisogni di queste "chiese domestiche", aperte alla vita e al sacrificio quotidiano, come per esempio l'assistenza a partire dagli alimenti, l'assistenza sanitaria necessaria e l'accompagnamento in tutti gli altri bisogni spirituali, soprattutto nei primi cinque anni di vita matrimoniale, attraverso le visite alle case e gli incontri settimanali organizzati in parrocchia.

Cammino di fede

La gente cristiana della nostra città, (ma posso dire di tutto il paese), è gente che crede profondamente e che vive la sua fede in maniera autentica. Questo si manifesta nella partecipazione alle celebrazioni liturgiche in chiesa e nella preghiera a casa e al lavoro.

Guardando, per esempio, la partecipazione della gente alle Messe quotidiane durante il mese mariano e durante questo mese dedicato al S. Cuore di Gesù, rimango sempre consolato e meravigliato. Dopo tutta una giornata di lavoro con il "sudore sulla fronte", tanti uomini vengono subito dopo il lavoro, prima di tornare a casa, per partecipare alla S. Messa, alla Litania del S. Cuore e alla benedizione con l'icona. Lo stesso per tante mamme che portano i loro piccoli sulle braccia {o appena riescono a camminare} per la partecipazione all'Eucaristia: sono esauste dalla stanchezza, dalla preoccupazione, eppure riescono a venire per offrire la propria vita, la famiglia, le speranze e le sofferenze al Signore. Le famiglie riescono a trasmettere la fede ai figli, nonostante tutte le fatiche immaginabili, nonostante la guerra e gli scontri di generazioni. Ogni settimana la nostra Parrocchia di San Francesco in Aleppo, accoglie settimanalmente quasi mille bambini e giovani, curando la loro formazione umana e spirituale, sia con il catechismo durante l'anno scolastico, sia con le attività di oratorio estivo e di campeggi: E' un peso enorme che prende tante energie, ma è una grazia grande che il Signore ci concede per "fare la nostra parte" nell'ambito del servizio educativo e formativo della Chiesa ad Aleppo.

Con questa fede praticata dalla gente, si sente tanta generosità riguardo ai bisogni della chiesa. Nonostante l'esiguità della raccolta durante le Messe a causa della povertà, la gente manifesta la propria generosità regalando parte del loro tempo e delle loro energie: le donne puliscono la nostra chiesa di S. Francesco due volte la settimana; i laici confezionano le ostie per le Messe; i genitori ma anche vari giovani fanno il catechismo ai bambini!

Questa fede si sente perchè la gente ha sete alla Parola di Dio e dà grande importanza al sacramento della confessione celebrato con frequenza. I fidanzati bussano la nostra porta per chiedere di aggregarsi ai corsi in preparazione al matrimonio e i giovani sposi vengono con tanto entusiasmo per assistere agli incontri di accompagnamento umano e spirituale nei primi anni del matrimonio.

Di sicuro, non si tratta solo di rose e di fiori, ma ci sono delle "lacune" nel cammino che un pastore vede e cosi si fa di tutto per lavorare con la gente, affinchè accompagnata riesca a crescere sempre di più nella fede.  

Carissimi amici, mentre mi preparavo per la festa di Sant'Antonio di Padova, il patrono della nostra Provincia francescana del Medioriente, la Custodia di Terra 5anta, approfondendo la sua vita, notavo come egli ci abbia aiutato, a nostra insaputa, a seguire le sue orme di missionario, in questa terra aleppina. Dall'aspetto della trasmissione della fede ai piccoli e ai grandi, nelle piazze e nelle chiese, all'aiuto ai poveri, ravvedo come il Signore "faccia sempre con noi, indegni, cose grandi" e a favore del suo popolo. Tutto questo di sicuro, grazie all'intercessione e l'intervento puntuale di questo grande santo che con San Francesco, suo e nostro padre, sta facendo un grande servizio alla gente, specialmente ai più poveri della città.

Ci poniamo, ovviamente, sul solco di una Tradizione profonda e ininterrotta che ha la sua scaturigine più di duemila anni fa sul Golgota, quando Gesù ha espresso il dono di sè sulla Croce, e che è proseguita con la vita e la testimonianza concreta delle prime Comunità cristiane, quella di Gerusalemme dove fra i fedeli "nessuno infatti tra loro era bisognoso" {At 4,34} e quelle di Macedonia, dove i fedeli, pieni di prove e di sofferenze e di "estrema povertà", hanno donato ai fratelli, colpiti dalla carestia, non solo "secondo i loro mezzi", ma "anche al di là dei loro mezzi" {2Cor 8,3}. Questa linea di carità solidale continua senza interruzione e trova in San Francesco e Sant'Antonio di Padova una vera realizzazione della vocazione cristiana, nella cui vita e missione splende in modo mirabile l'esperienza concreta e luminosa della Carità. Quello che fiorisce oggi, dunque, è una "normale continuità" di quello che è iniziato e continua lungo la storia della Chiesa.

In ognuno di voi, percepiamo questa storia luminosa di Dio, troviamo la storia di tanti uomini e donne generosi che hanno saputo dare la vita ai fratelli. Anche voi, come Gesù e sulla scia di San Francesco e Sant'Antonio di Padova, pieni della stessa "grazia di Dio concessa alle Chiese di Macedonia", riuscite ad aprire il cuore a Cristo, ad "allargare lo spazio della vostra tenda", pensando di partecipare spiritualmente e materialmente ai bisogni delle nostre Chiese che "portano la croce" nel Medioriente.

Quello che chiedo per voi al nostro Sant'Antonio è che alla carità verso gli ultimi e lo zelo per aiutarci in tutti i modi possibili, si aggiunga anche la santità della vita.

Aleppo, 16 giugno 2021

fr. lbrahim Alsabagh ofm,  Parrocchia S. Francesco D'Assisi  

venerdì 18 settembre 2020

UN GRIDO DALLA SIRIA

La situazione ad Aleppo è sempre più grave, Covid e povertà stanno mettendo a dura prova il popolo siriano e a questo si aggiungono gli assurdi bombardamenti degli israeliani. Padre Ibrahim in una lettera piena di dolore e di speranza ci descrive la situazione che Cristo non abbandona ma continua ad avere a cuore con la loro testimonianza. Ascoltiamo il grido che viene da Aleppo con la nostra preghiera e il nostro aiuto concreto. Grati a padre Ibrahim e ai suoi amici condividiamo la loro sofferenza pieni di speranza.

https://viaggioadaleppo.wordpress.com/

Carissimi amici,
è passato un po’ di tempo dall’ultima lettera che ho mandato. Vale la pena, mentre vi porgo gli auguri di buona festa dell’Esaltazione della Santa Croce, aggiornarvi circa la nostra vita e missione ad Aleppo.
Il periodo passato è segnato, fino ad oggi, dalla crisi Covid-19. Su cinque frati in missione ad Aleppo, quattro si sono ammalati: il risultato è stato disastroso poiché due di loro sono morti e due, dopo un periodo di cura e di convalescenza, si sono ripresi. Io sono stato l’unico a non essere stato contagiato dal virus: è stata una Provvidenza perché così mi sono preso cura dei due frati che stanno con me e ho potuto seguire la parrocchia e la gente.
Questa alta percentuale di contagio (4 su cinque) ha interessato anche gli Accoliti della parrocchia, gli impiegati nella parrocchia, gli addetti agli uffici della Caritas parrocchiale e gli impiegati del convento. Anche le famiglie della nostra parrocchia hanno fatto esperienza di malattia, e quindi di sofferenza e morte, in percentuale alta.

Carissimi amici, purtroppo, siamo stati segnati in maniera molto più forte da questo virus rispetto ad altri paesi dell’Europa e altrove, sia per la precarietà e la mancanza delle strutture ospedaliere, delle medicine, del personale di medici e infermieri, sia per la mancanza di esperti nel campo e di persone competenti, che possono dire alla gente cosa fare e cosa non fare, attraverso leggi che guidano il comportamento e l’azione. Tutto questo perché il nostro Paese è intasato da mille urgenze legate al conflitto e quindi non può intervenire su tutto. Le misure adottate dal Governo italiano, per esempio, riguardo alla frequenza degli uffici, alle regole e meccanismi di procedere nelle strade, nelle chiese e nei luoghi di lavoro, abbiamo cercato di sperimentarlo anche noi, come chiesa di Aleppo.

Per comprendere bene la situazione precaria circa la cura e la prevenzione, basti dire che per diversi giorni abbiamo seppellito dieci cristiani al giorno deceduti a causa del Covid-19.
Se consideriamo la situazione più in generale, il numero aumenta rispetto ad Aleppo che è abitata da 2.5 milioni di persone; si stima che mentre seppellivamo dieci morti al giorno, 833 persone venivano seppellite nella città. Il numero assai alto, confrontato con le cifre che vengono da altre parti del mondo, vi dà idea di quale sfida dobbiamo affrontare nella città.
Personalmente, non mi aspettavo questa ulteriore tappa della nostra Via Crucis siriana, e non immaginavo mai di viverla, come parroco nella “città macerie” di Aleppo. Andando ad Aleppo sei anni fa, ero pronto per incontrare i missili, la mancanza di acqua e di cibo: mai avrei pensato di affrontare, oltre tutto questo, anche una pandemia del genere!
Immaginate inoltre se a questa pandemia si unisce anche un caldo straordinario che si prolunga fino ad oggi, con 47 gradi di temperatura, la mancanza il gasolio per i generatori di elettricità per tante ore al giorno! Poche persone riescono a dormire serenamente la notte e, così, non riescono a recuperare le forze per affrontare il peso quotidiano dei giorni a venire. Durante la notte, ci troviamo a doverci svegliare continuamente perché il caldo sembra farci “bollire” con il nostro sudore e siamo costretti a cambiare continuamente i nostri vestiti perché madidi di sudore!

Da una settimana, a causa delle sanzioni, in città c’è pochissimo carburante. Quindi oltre ad avere una città già paralizzata parzialmente per la mancanza di lavoro e di povertà generale, ci si trova davanti ad una città completamente paralizzata. La sera, è impressionante vedere file lunghissime di automobili in fila ai distributori di benzina, che attendono la mattina seguente con la speranza che possano riempire i serbatoi con quel poco di indennità giornaliera di benzina che è concessa.
La mancanza di gasolio ha avuto delle ripercussioni durissime sulla materia prima di cibo: il pane quotidiano. Assistiamo, purtroppo, a lunghissime file di persone, centinaia di uomini e donne, talvolta l’uno sull’altro, che sin dalle prime ore del mattino attendono la distribuzione del pane per poterlo acquistare.
Diversi dei nostri amici ridevano quando consideravano le regole sulla prevenzione da Covid-19, in particolare “il distanziamento e la mascherina” (che noi invitiamo ad osservare scrupolosamente), dicendomi: “Padre, guarda cosa succede ogni giorno davanti ai panifici! Siamo nel miscuglio totale con tantissime persone. Vale la pena ancora indossare la mascherina e parlare di distanziamento?”.

Oltre a tutto questo, la vita continua ad essere molto cara, in modo inimmaginabile e “irreale”, e la gente continua a diventare sempre più povera: si riscontra, infatti, un grande dislivello amaro e continuo tra gli stipendi (o le entrate in generale) e le spese.
Anche i bisogni sanitari, (mancanza di ogni tipo di assicurazione), sono sempre più pesanti e più cari. Durante l’ultimo periodo, abbiamo sentito di persone, affette da Covid, che hanno dovuto vendere le loro case solo per poter pagare alcune giornate di terapia intensiva in una clinica privata… Non solo le medicine, ma anche le visite mediche, le analisi di sangue (al costo di quasi la metà di uno stipendio di un impiegato) e perfino il tampone (costa il triplo di uno stipendio di un impiegato), sono molto ma molto cari!
Ho telefonato ripetutamente a diverse famiglie, che hanno alcuni cari affetti dal Covid, per “costringere loro” ad andare in ospedale a per ricevere le cure necessarie. Tanti, infatti, allontanavano l’idea di essere ricoverati, a causa della povertà delle loro risorse, andando incontro alla “sorella morte”: solo grazie all’intervento della Chiesa, essi sono ancora vivi e si stanno riprendendo lentamente.
Oltre a tutto questo, abbiamo sulle spalle più di nove anni di guerra, che hanno lasciato ferite mai guarite sull’uomo da tutti i punti di vista…

A tutte queste croci, si aggiunge una grandissima sfida. Domani è prevista l’apertura delle scuole in tutta la Siria. A tal proposito ho seguito quello che si fa da tempo in Italia: tutte le discussioni, i preparativi e le spese allegate e faccio il confronto con la nostra realtà: si aprono le scuole, anche quelle private, con delle strutture precarie di un paese in guerra; senza preparativi, senza misure preventive, con un numero ridotto di professori. Il nostro cuore è pieno di preoccupazione per le generazioni di bambini e di ragazzi, anche per gli universitari.

Siamo tutti col fiato sospeso: nell’ultima riunione degli Ordinari delle Chiese cattoliche presenti in Aleppo, abbiamo stabilito che centri di catechismo rimarranno chiusi; valuteremo questa posizione in base a come andrà il primo mese di scuola: che il Signore preservi i nostri figli da ogni male!

Carissimi, racconto tutto questo, presento le nostre croci e le nostre preoccupazioni, per dirvi in quali condizioni “anormali” noi svolgiamo la nostra missione.
Nonostante ciò, però, in questo campo di battaglia, continuiamo l’accompagnamento spirituale della nostra gente, in modo personale e in modo comunitario, usando i mezzi di comunicazione e spendendo ore e ore per telefonare giornalmente ad ognuno informandoci sulla loro situazione.
Oltre a questo sostegno, c’è il sostegno materiale, fatto attraverso tanti progetti, fra cui:
aiuti alimentari, copertura dei bisogni sanitari (durante la crisi Covid, si è aperto un progetto via posta per una copertura completa di tutte le spese, dalle più minime a quelle più grandi), sostegno per i casi particolari (persone con diversi tipi di handicap o di impedimenti), pannolini per i bambini, pannoloni per gli anziani, vestiti per i bambini, sostegno per il riscaldamento durante l’inverno che arriverà, sostegno scolastico mensile, riparazione delle case danneggiate, progetti di micro-credito e sostegno alle coppie neo-sposate…

Celebriamo quest’anno l’Esaltazione della Santa Croce: enumeriamo tante croci che qui ad Aleppo portiamo sulle nostre spalle e che lasciano sempre i segni duri e forti sulla carne martoriata, nei cuori di ognuno di noi, guardando, però, a quello che la Provvidenza opera in noi.
Queste croci condizionano in modo oggettivo la nostra vita, il nostro mangiare, il movimento e il dormire… condizionano anche il nostro respiro… però non hanno senso, senza un’accettazione volontaria e per un motivo chiaro: quello dell’amore di Dio e quindi anche dei fratelli.
Siamo beati allora, quando accogliamo queste croci e le viviamo offrendole per amore del Signore e dei fratelli… È molto bello poi, quando la croce non viene mai vissuta in modo personale, ma portando la croce, e condividendo le condizioni della nostra gente, la portiamo mentre sosteniamo gli altri attorno a noi, incoraggiando loro ad affrontare e portare la propria croce quotidiana.

Carissimi amici,
grazie a voi che non ci lasciate mai da soli in questo cammino della via crucis in modo che, mentre aiutiamo gli altri, troviamo tutto il sostegno necessario sia nelle vostre preghiere sia nel vostro sostegno morale e materiale.
Così, portando le croci in modo “degno del Signore” che ha portato la croce per amore nostro, e crescendo nella carità verso tutti, carità espressa nel servizio umile e costante, la croce diventa la nostra gloria, il nostro vanto, la nostra vittoria e la nostra salvezza. Lo spero per voi e lo spero anche per la nostra missione francescana ad Aleppo.
Buona festa dell’Esaltazione della santa Croce 2020

Fr. Ibrahim Alsabagh

sabato 20 giugno 2020

padre Ibrahim Alsabagh in collegamento da Aleppo “il Covid-19 incombe ma qui la gente adesso muore di fame”


S.I.R. 19 giugno 2020


“La situazione peggiora giorno dopo giorno. Il Covid-19 incombe ma ciò che spaventa di più la popolazione è la fame, la povertà. La gente muore di fame”
Così padre Ibrahim Alsabagh, parroco di Aleppo, ha descritto la situazione in Siria durante l’incontro on line “Siria: la speranza che costruisce”, promosso dall’Associazione Pro Terra Sancta. 


Il francescano, collegato da Aleppo, ha parlato di “economia al collasso, con il Governo che, nonostante la paura del Covid-19, ha permesso la riapertura delle attività nella speranza di far ripartire l’economia e soprattutto l’occupazione.  Oggi in Siria la gente muore di fame, non ha soldi e quei pochi che ha, a causa delle sanzioni internazionali e della svalutazione incredibile di queste ultime settimane, non bastano a comprare il necessario per vivere. Ai bambini serve di tutto, pasti e vestiti”

“La gente va al mercato e acquista prodotti non a peso ma a pezzo. L’incertezza per il futuro non risparmia niente e nessuno e questo è peggio della stessa fame”, ha rimarcato padre Alsabagh. “In questi giorni si stanno fermando anche le industrie più grandi perché è difficile reperire la materia prima da lavorare, soprattutto ferro e legno. I commercianti  stanno perdendo il loro capitale e così preferiscono chiudere i negozi per non svendere e andare in perdita”

Situazione drammatica anche per la sanità: “Covid-19 a parte – ha spiegato il francescano della Custodia di Terra Santa -, stanno crescendo patologie gravi come i tumori e quelle che riguardano i bambini. Per questi ultimi stiamo cercando di riorganizzare l’oratorio estivo, nel rispetto delle norme anti Covid-19″. 
“La parrocchia di Aleppo  sostiene le cure mediche di 250 persone ma la chiusura delle farmacie sta creando forti preoccupazioni. Senza dimenticare che gli ospedali pubblici sono tutti destinati ad accogliere i malati di Covid-19. Tutti qui aspettano lo scoppio della pandemia. Così chi è malato si dirige verso cliniche private ma i prezzi aumentano giorno dopo giorno e diventa impossibile curarsi”

Ad addolorare padre Alsabagh è anche “l’aumento di chi afferma che non c’è più speranza per la Siria. I siriani sono stressati dai missili, dalle bombe, dalla fame, dalla povertà, da 10 anni ormai vivono in condizioni disumane”. 
“Da parte nostra – ha concluso il parroco – cerchiamo di dare conforto materiale e anche spirituale. Il bisogno di vicinanza spirituale è altissimo, basti pensare che durante la pandemia le messe festive sono state seguite in streaming da oltre 13mila fedeli. La gente cerca segnali di speranza, sa che Dio sana le ferite e cura lo spirito. 
Speriamo che tutto finisca presto e che il mondo venga in nostro aiuto.   La Siria ha bisogno di aiuto e non di guerra”.

https://www.agensir.it/quotidiano/2020/6/19/siria-padre-alsabagh-aleppo-il-covid-19-incombe-ma-qui-la-gente-adesso-muore-di-fame/

Potete contattare questo indirizzo per avere le informazioni  per sostenere i bambini di Aleppo:  g.sassoli@proterrasancta.org

mercoledì 29 gennaio 2020

La Quaresima anticipata dei siriani


Testimonianza di mons. Samir Nassar, arcivescovo maronita di Damasco, inviata ad AsiaNews che testimonia le drammatiche condizioni in cui versa la popolazione siriana. Quasi nove anni di guerra civile, le violenze dei gruppi jihadisti (da al-Nusra allo Stato islamico) che hanno insanguinato gran parte del territorio, l’emergenza profughi, le sanzioni internazionali contro Damasco e la crisi delle banche libanesi hanno messo in ginocchio il Paese. E i più colpiti, osserva mons. Nassar, sono “soprattutto i più fragili, i malati, i bambini e gli anziani“


Dall’austerità alla povertà
Immaginate che la vostra famiglia debba sopravvivere con un salario che è diminuito almeno del 50% in tre mesi. Uno scenario caotico che stravolge l’esistenza, che ha fatto innalzare in maniera vertiginosa i prezzi e che finisce per colpire la vita quotidiana di tutte le famiglie, in particolare modo quelle più povere e modeste. 
Infatti, l’inflazione vertiginosa e l’impennata dei prezzi si ripercuotono su cittadini che già vivono in condizioni di austerità, facendo sperimentare loro povertà e una grande miseria. 
La mancanza di carburante, del gas per uso domestico e della corrente elettrica, hanno fatto precipitare i più vulnerabili - soprattutto i più fragili, i malati, i bambini e gli anziani - nella più completa oscurità. Un dramma acuito dalle temperature glaciali, i cui effetti possono essere letali.  

Carità congelata
La crisi bancaria del Libano ha di fatto bloccato i conti correnti dei siriani, sia quelli dei privati cittadini che delle imprese. Fra queste ultime sono comprese anche le associazioni caritative, che oggi sono costretti a dichiararsi incapaci di operare in un contesto contraddistinto da profonde ed enormi difficoltà. Sono giorni di miseria. 
Oggi non è più possibile far fronte alle esigenze di base e ai bisogni primari e i poveri sono abbandonati a loro stessi e al loro triste destino. I loro miseri risparmi sono bloccati o congelati negli istituti bancari, pressoché inaccessibili.
Le condizioni socio-economiche della popolazione si fanno ogni giorno di più urgenti e drammatiche, e rischiano di aggravarsi ancora di più anche e soprattutto per il braccio di ferro in atto fra Iran e Stati Uniti. Uno scontro frontale che blocca la strada ai vari “Simone di Cirene” che cercano di portare aiuto, e impediscono di fatto qualsiasi forma di compassione, lasciando aperta la via dell’escalation e a un peggioramento ulteriore della situazione. 

Quaresima anticipata
Questa crisi mai vista prima, nemmeno durante gli anni della guerra, getta i nostri fedeli in un tempo di digiuno e di Quaresima anticipato. Assicurare il pane quotidiano e un po’ di cibo sulle tavole è diventato l’incubo ricorrente di ogni giornata. Questa condizione del tutto nuova ha impoverito la Chiesa stessa, un “muro del pianto” dove ciascuno viene per piangere lacrime, gridare aiuto, cercare senza ostentarlo e nel silenzio più assoluto un po’ di consolazione. Un modo per vivere la passione di Cristo ben prima della Settimana Santa.
Sta emergendo sempre più una nuova vocazione con i colori delle Beatitudini e fondata sull’amore, sul perdono, sulla condivisione, sulla compassione. Una vocazione che è illuminata dalla luce della speranza della Pasqua.

Quaresima 2020


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«Dopo la guerra delle armi, ora combattiamo la guerra della fame»
Intervista di Rodolfo Casadei a padre Ibrahim Alsabagh
TEMPI, 29 gennaio 2020

«Non è vero che la guerra ad Aleppo è finita tre anni fa. Mentre io sono qui in Italia, cadono razzi e bombe lanciati dai ribelli su Jamiet al-Zahra e Hamdaniya, i due quartieri più occidentali della città. Nel corso di questo mese sono morte già 12 persone e vari edifici sono stati distrutti. È il modo con cui i jihadisti si vendicano dell’offensiva governativa nell’Idlib, da dove non lasciano uscire i civili che vorrebbero trasferirsi in luoghi più sicuri, e invece cadono vittime del fuoco incrociato». Padre Ibrahim Alsabagh, parroco francescano della parrocchia latina di Aleppo, è in Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che le sofferenze dei siriani e le traversìe dei cristiani non sono affatto finite, anche se i media europei si occupano ormai di altre crisi internazionali: Libia, Iran, ecc.

Gas e elettricità
«Stiamo combattendo contro due mostri: il freddo e il carovita», esordisce. «Il gasolio per il riscaldamento scarseggia a causa delle sanzioni contro la Siria e contro l’Iran, solo in alcune zone della città si riesce ad acquistare quello del governo a prezzo calmierato, che è circa la metà del prezzo di mercato. Per le bombole del gas da cucina bisogna fare la fila dalle 5 di mattina, e magari si riesce a fare l’acquisto alle 11. C’è gente che si fa pagare per tenere il posto nella coda a chi non può stare lì tutta la mattina dall’alba. L’elettricità va e viene in modo del tutto irregolare anche nei quartieri più centrali di Aleppo come il nostro: ciò provoca cortocircuiti e incendi. La città continua ad essere economicamente soffocata perché continua a non disporre più del suo hinterland: a nord ci sono i territori controllati dai turchi e dai curdi, a ovest c’è la regione dell’Idlib dove i governativi combattono contro i jihadisti. L’autostrada che collegava Aleppo al sud del paese continua ad essere impraticabile: adesso è sotto il fuoco dell’esercito, che cerca di riconquistarla da anni. A questi problemi di vecchia data si è aggiunta la crisi del Libano: per tutti gli anni della guerra è stato un polmone per la Siria, tanti avevano spostato lì i loro conti bancari e attività finanziarie per aggirare le sanzioni. Ma da quando sono iniziate le proteste di piazza, anche il sistema bancario libanese è andato in difficoltà: le banche restano chiuse per giorni a causa delle manifestazioni, e quando sono aperte non permettono di prelevare più di 1.000 dollari alla settimana dai conti correnti bancari. Anche per chi deve aiutare i poveri e i bisognosi questo è diventato un grosso guaio».

La guerra della fame
L’insieme di tutti questi problemi, ai quali vanno aggiunti i contrasti fra il presidente e l’uomo d’affari più ricco del paese, suo cugino Rami Makhlouf, hanno provocato una forte svalutazione della lira siriana, che negli ultimi dodici mesi ha perduto metà del suo valore rispetto al dollaro, e nelle sole due prime settimane di gennaio 2020 il 33 per cento, col cambio che passava da 900 a 1.250 lire siriane per un dollaro. «Il governo ha arrestato alcuni speculatori e ha aumentato alcuni stipendi, ma non abbastanza da restituire il potere d’acquisto dei salari eroso dall’inflazione», riprende padre Ibrahim. «Ormai i siriani parlano di “guerra della fame” che ha preso il posto della guerra con le armi, che si continua a combattere nell’Idlib e nelle campagne attorno ad Aleppo. Quasi la metà delle 580 famiglie della nostra parrocchia vive sotto la soglia della povertà assoluta: recentemente abbiamo tenuto una riunione di emergenza per deliberare l’acquisto e il dono di 100 litri di gasolio a 250 nostre famiglie che altrimenti morirebbero letteralmente di freddo. Altre risorse importanti vanno alle cure mediche: è vero che in Siria funziona il progetto Ospedali Aperti per curare nelle cliniche private malati gravi che non hanno da pagare, ma ad Aleppo non c’è nessuno convenzionato per chi ha bisogno di chemioterapia, e la nostra gente dovrebbe andare a Damasco. Insieme ai pacchi alimentari periodici, ai pannolini e al latte in polvere per i neonati, queste sono le nostre spese principali».

Non dimenticatevi di noi
Padre Ibrahim conclude con un appello accorato: «Siamo riusciti a salire sopra l’onda che stava per travolgerci, grazie a Dio e a tutti quelli che ci hanno aiutato. Ma il momento decisivo per evitare che la presenza cristiana sia spazzata via da Aleppo viene adesso. Non dimenticatevi di noi».

lunedì 21 gennaio 2019

Padre Ibrahim da Aleppo: in mezzo alla morte, testimoni della Sua presenza

settimana di preghiera per l'unità dei cristiani ad Aleppo

Intervista di Francesco Inguanti
 
Padre Ibrahim, come è nata la guerra in Siria?
La guerra in Siria è nata dal cuore dell’uomo, che è capace di tanto bene, ma anche di tanto male. Nasce dall’egoismo e dall’avidità personale che è insita in ogni cuore umano. Ma quando questi mali assumono una dimensione comunitaria, si comincia a desiderare le energie economiche di un altro popolo, il vantaggio della sua posizione geopolitica e si pensa di risolvere i propri problemi a scapito di quelli di altri popoli.

E qual è la situazione sul campo?
Siamo giunti ormai all’ottavo anno di guerra; abbiamo censito un anno fa ben 10 eserciti internazionali, presenti sul campo senza nessun coordinamento fra di loro, alcuni più degli altri si fanno la guerra sul territorio siriano; è, dunque, una situazione molto complessa e delicata.

Si può raggiungere la pace?
È difficile fare la pace perché la guerra è più conveniente, per un motivo semplice: perché nel caos, nel disordine si può fare quello che nella pace non si può fare. Per esempio si possono vendere tante armi. Il commercio delle armi ha raggiunto nel Medio Oriente la cifra record di 700 miliardi di dollari, ma tutti pensano che sia molto più alta. Con le armi poi, si possono rubare le case, rapire le persone, appropriarsi delle risorse energetiche e degli impianti industriali. La guerra in Siria conviene a tanti.

Aleppo vive da due anni una situazione meno drammatica di prima?
Non so se è più o meno drammatica di prima. È vero che, dal 22 dicembre 2016, non cadono missili su diversi quartieri aleppini, ma continuano purtroppo a cadere sulla parte ovest della città, in modo particolare su tre quartieri. Giorni fa sono stati lanciati missili pieni di cloro, dai gruppi armati nella periferia di Idlib, che pur non avendo fatto morti, hanno provocato disturbi gravi a 110 persone, che sono state costrette a passare ore o giorni all’ospedale con la maschera d’ossigeno. Quindi, meno o più drammatica non si sa, ma è una situazione assurda.

Quale futuro vede per la Siria?
La Siria era un luogo di convivenza, un mosaico di diversi colori in cui c’era spazio per tutti. Adesso invece si va verso la creazione di zone ad influenza etnica o religiosa maggioritaria. Questo è contro la nostra storia e non risolverebbe il problema della convivenza. Sembra che la comunità internazionale non abbia imparato niente dalle due guerre mondiali. In Medio Oriente è in atto un pezzo della terza guerra mondiale a pezzi di cui ha parlato il Papa. Vediamo quindi nuvole nere che riempiono l’orizzonte; che tutto quello che è successo e succede in Siria è una possibile introduzione a un inverno freddo pieno di fulmini che potrà espandersi come guerra mondiale in tutto il mondo.

E ad Aleppo come si vive oggi?
Una volta Aleppo era la Milano della Siria dal punto di vista dello sviluppo economico: aveva il 60 per cento della produzione economica dell’intero paese. Adesso ha le ali tagliate e non riesce a tornare ad essere produttiva. Soprattutto non c’è lavoro e quindi non c’è sviluppo. I macchinari delle fabbriche sono stati derubati mentre le strutture sono state rase al suolo. Di conseguenza, c’è una povertà incredibile ed inimmaginabile che può trasformarsi da un momento all’altro nella carestia di un’intera città o di un intero popolo.

Ma chi rimane allora in città?
A causa di questa mancanza di futuro la gente continua a lasciare il Paese senza sperare di potervi tornare. Le minoranze e con esse i cristiani sono quelli che soffrono di più. Basti pensare che due terzi della popolazione della Siria e della comunità cristiana sono andati via. Quelli andati all’estero torneranno molto difficilmente, forse potranno tornare quelli spostati in altre città della Siria o in campi profughi del Libano. Abbiamo calcolato che da gennaio di quest’anno 10 famiglie della parrocchia sono tornate ad Aleppo a fronte di 10 famiglie che hanno lasciato la città. Tornando alla domanda, si può rispondere che solo i poveri che non potevano scappare sono rimasti nella città.

Di fronte a tanto male torna sempre la solita domanda: dov’è Dio? Perché rimane in silenzio?
Sicuramente, c’è il Mysterium iniquitatis; alcuni potranno inciampare in quello che chiamiamo il problema del male, accusando Dio di essere assente; è una tentazione. Noi invece vediamo Dio ogni giorno: un Dio soffrente, inchiodato sulla croce, nelle membra dell’umanità sofferente, derubate dalla sua dignità umana. Dio innanzitutto lo adoriamo come presente nelle ferite della popolazione, poi lo vediamo al timone di questa Chiesa in mezzo alle onde più alte di quelle del “mare di Galilea”, lo vediamo ogni giorno che si avvicina con tutta la sua tenerezza per curare noi e provvedere ai bisogni delle sue creature.

In tutto questo voi come riuscite a sopravvivere?
Molto spesso chi chiediamo: come mai noi siamo sopravvissuti? Siamo sopravvissuti a tanti missili, alla mancanza d’acqua, di elettricità e di molto altro. Questo è stato possibile solo perché Lui era presente con tutta la sua forza, una forza di bene, di cura, di provvidenza, che sempre ci ha sorpresi e continua ancora oggi a sorprenderci. Questo lo vediamo ogni giorno nelle piccole come nelle grandi cose, nelle persone che pregano per noi in tutto il mondo, ma anche in tante persone che fanno sacrifici per aiutarci, dal punto di vista concreto e anche i pochi spiccioli si moltiplicano come i pani e i pesci, fino a poter vedere anche gli avanzi. Nella nostra vita quotidiana ad Aleppo, in mezzo ai missili che cadono, noi siamo testimoni della Sua presenza tenera con noi.

Con quali aspettative è andato ad Aleppo?
Quando sono partito per Aleppo avevo le mani nude, ma un cuore disponibile; armato della mia fede e della mia carità. E posso assimilare questa carità coraggiosa e anche creativa a quella di una madre che quando nasce il primo figlio non sa come allattarlo, lavarlo, accudirlo, ma ha un istinto spirituale che la muove a fare ugualmente tutto questo. La carità è una cosa che scoppia dal cuore disponibile e che guida a fare cose che mai hai immaginato. Così sono scattati tutti i miracoli di questi quattro anni della mia presenza ad Aleppo.

Cosa significa in concreto?
Significa che il Signore mi ha chiesto di far fronte non solo ad un compito spirituale, ma di rispondere ad una emergenza che è oltre ogni limite. Ogni giorno mi trovo a fare l’infermiere, il medico, l’ingegnere, il poliziotto, l’architetto, l’assistente sociale. Quindi, come faccio il parroco? Facendo la volontà istantanea di Dio, rendendomi disponibile alle sue ispirazioni ogni istante. Ad Aleppo, è Dio che pianifica e esegue, mentre il parroco di Aleppo è soltanto un servo inutile.

Che cosa vuol dire per lei fare la volontà di Dio in questa situazione?
Non è rassegnazione, si tratta di un’attesa, come quella vissuta in questo periodo di Avvento. Siamo nel buio della notte, ma aspettiamo con certezza che l’alba arrivi. L’alba della pace non è arrivata ancora, viviamo nell’ansia che verrà, in quest’attesa sofferente, pazienti, di un mattino che dovrebbe arrivare, anzi arriverà. Non sappiamo quando, ma dovremo essere pronti e vigilanti.

E fare il parroco?
Tutto il lavoro di sostegno alla popolazione che soffre, cioè il lavoro di emergenza e di ricostruzione, lo sento come parte del lavoro pastorale. Se concepiamo la parrocchia come un “ospedale da campo”, come dice papa Francesco, certamente lì non si può parlare di Dio ad un bambino ammalato o ad una famiglia in difficoltà, prima di curare il bimbo e prima di ricostruire la casa distrutta e prima di pagare un intervento chirurgico cardiaco costoso. La prima forma della pastorale è andare incontro al bisogno concreto immediato. Poi, c’è l’abito che ci fa strada.

Cioè? Si riferisce al saio che indossa?
Sì, perché serve a ricordare a tutti che tutto ha senso a partire dall’evento di Gesù Cristo. È Gesù che mi manda a loro, ed io, frate e sacerdote, sono l’emanazione del Suo Amore e la Sua trasfigurazione nell’oggi della loro vita. Tutto quello che faccio, come servizio umanitario, non è altro quindi se non una testimonianza all’amore di Cristo verso le Sue creature. Quello infatti, che mi ha “rubato il cuore” e mi ha fatto “abbandonare le reti” è Gesù Cristo. Non ho lasciato la mia casa e la mia famiglia per una ideologia umanistica, ma perché me lo ha chiesto Uno che guida la storia e questo mi richiama a dare la vita come Lui.

Ma come si fa a parlare di futuro in un contesto simile?
L’intelligenza della fede ci impone di progettare il futuro, non soltanto di conservare qualcosa del presente. I giovani che si sposano e i bambini che nascono sono il nostro futuro, come Chiesa e come società, e le nostre attenzioni pastorali sono rivolte soprattutto a loro. Il progetto del matrimonio non è un progetto di due fidanzati. È un progetto che inizia con loro, ma che alla fine è un progetto di tutta la società e di tutta la Chiesa. Riconoscere questo, specialmente in una situazione di guerra, è fondamentale per saperlo mettere come priorità, come una cosa che interessa tutti e che tutti devono aiutare a nascere.

Può quantificare quello che state facendo, per avere un’idea?
L’anno scorso abbiamo raggiunto il massimo nella distribuzione di pacchi alimentari mensili a 3.700 famiglie bisognose; quest’anno invece, ci siamo limitati a mille famiglie. E lo stesso vale per l’assistenza sanitaria che ad Aleppo è quasi inesistente. Poi bisognava andare oltre il servizio di emergenza, così abbiamo iniziato con i progetti chiamati “progetti di ricostruzione”. Abbiamo messo mano alla ricostruzione delle case, riuscendo a rimetterne in piedi 1.250, dal 2016 ad oggi, grazie all’aiuto di otto ingegneri. Certo non abbiamo ricostruito la città, ma abbiamo procurato la casa a un numero elevato di famiglie che rischiavano di rimanere senza tetto. In questo campo, quello che abbiamo fatto va ogni oltre misura se si tiene conto che siamo solo una piccola parrocchia latina e non uno Stato. Abbiamo anche avviato 500 progetti di microeconomia per far ripartire il processo economico, per rendere le persone indipendenti dagli aiuti che ricevono.

Ma lei ripete sempre che il primo e più importante obiettivo è la ricostruzione della persona umana. Ce lo spiega?
Certamente la persona umana è quella che ha subìto il danno più forte; ha bisogno quindi di una vera “ricostruzione”. Per questo, abbiamo messo grande attenzione a creare dei progetti educativi dei bambini, per esempio con doposcuola a tanti soggetti molti dei quali considerati “irrecuperabili” dalle istituzioni scolastiche. Abbiamo anche creato ambienti accoglienti per loro (l’oratorio estivo di quest’anno ne ha coinvolto 1.300) aiutandoli a scoprire i propri talenti e a farli sviluppare da tutti i punti di vista, non soltanto dal punto di vista spirituale. Tutto ha l’obbiettivo di far avere al bambino di Aleppo una guarigione e una vita nuova.

Come fate a non rimanere isolati dal resto del mondo?
Siamo stati avvolti dalla tenerezza di Dio. Papa Francesco ha detto che “la Chiesa è la mano tenera di Dio”. Noi abbiamo visto Cristo, sperimentato la sua tenerezza, attraverso parrocchie, chiese, vescovi, sacerdoti e laici che hanno voluto manifestare la loro vicinanza aiutandoci in tanti modi. Le istituzioni sono arrivate alla fine, anche se in ritardo, ma tutto è partito dalla Chiesa e dal Papa che ha sempre parlato del dramma della Siria.

Come ha recepito le più recenti parole del papa all’Angelus su di voi?
Il Santo Padre ha pregato perché i cristiani rimangano in Medio Oriente. Lui sa quale importanza hanno i cristiani per essere ponti tra tante parti, per essere testimoni proprio in quella parte di mondo che ha visto la nascita delle prime comunità cristiane. Questa testimonianza, come egli spiega, passa attraverso “la misericordia, il perdono, la riconciliazione”.

Quindi voi attendete il papa in Siria?
Certo ci piacerebbe che venisse, ma oggi credo proprio che sia impossibile. Domani chissà! In ogni caso lo sentiamo ogni giorno vicino e presente con le sue parole e la sua preghiera. Ci sentiamo amati e voluti bene.

Cosa chiedete a noi che siamo in Europa?
Prima di tutto di pregare per noi, perché la missione della Chiesa ad Aleppo è parte della missione universale della Chiesa. Chiediamo poi a tutti di lavorare ciascuno nel proprio campo con le parole e con le opere per favorire una pace che purtroppo è ancora lontana. E poi chiediamo a voi di seguire le ispirazioni del cuore. Se ciascuno seguisse le proprie ispirazioni del cuore, com’è accaduto a me andando ad Aleppo, potremmo costruire e far espandere il Regno di Dio, non solo in Siria, ma anche in tutto il mondo. La quarta cosa è combattere contro il nostro male, piccolo e personale. Tutto nasce dal cuore dell’uomo, il bene e il male. Contrastare il male nei nostri cuori significa vincerlo in tutto il mondo e far vincere il Regno dei Cieli sul regno delle tenebre.

giovedì 7 giugno 2018

Aleppo. Nuovi inizi a partire dalla fede e dalla speranza

Fr. Ibrahim Alsabagh ha presentato in Italia il libro “Viene il mattino”, racconti di chi assiste personalmente al nuovo inizio di una delle città più antiche del mondo distrutta dalla guerra.

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Nuovi inizi a partire dalla fede e dalla speranza. Dal 2011 la Siria è stata messa in ginocchio dalla guerra e dalle tante morti, anche di civili. Nonostante questo, si possono vedere i primi passi di una nuova storia. È quanto Fr. Ibrahim Alsabagh ha raccontato della città di Aleppo nel libro “Viene il mattino”. Con il cessare delle ostilità nel 2016, il religioso ha visto nascere un nuovo inizio.
“Con questo contatto quotidiano, con questo respiro unico nella sofferenza, ci uniamo sempre con la carità di una madre a dare risposta alle necessità primarie della gente. Comprendere la necessità e rispondere immediatamente, senza indugi, a queste necessità”.

Fr. Ibrahim è francescano e vive ad Aleppo dal 2014. È nato in Siria, in un’epoca in cui il paese era noto per la convivenza tra le religioni. Di ritorno al suo paese, ha visto i suoi conterranei perdere tutto. Come parroco ad Aleppo ha visto la città distrutta dai missili e Fra Ibrahim ha raccontato che per molto tempo la gente non credeva che i bombardamenti ad Aleppo sarebbero mai finiti e, senza sapere da dove cominciare a ricostruire la città, la popolazione ha avuto e ha tuttora bisogno di un grande aiuto. 
“É inutile parlare di ricostruzione di case, di economia, di lavoro, senza parlare di un nuovo inizio nel cuore della gente e senza pensare a come guarire il cuore. Solo un cuore guarito e libero, come ha detto Papa Francesco, può sentirsi responsabile e potrà dare il meglio di sé. Per questo dobbiamo iniziare sempre dal cuore, dalla sua conversione, dalla guarigione di tanti cuori, per parlare di una vera ricostruzione della società e dell’intero paese”.

Aleppo è una delle città più antiche al mundo. Dopo anni di guerra, quel che resta di essa sono edifici distrutti, imprese e scuole chiuse. Migliaia di abitanti hanno già lasciato la città e chi è rimasto deve affrontare la difficoltà di mantenere la propria famiglia. Fr. Ibrahim ha evidenziato che, in mezzo a questa lotta, per parlare di speranza bisogna realizzare qualcosa di concreto. È così che i francescani, insieme con altre istituzioni della Chiesa, operano in questo processo di ricostruzione. Ci sono segnali tangibili che Aleppo ha un futuro.
“Ci sarà sempre speranza. La speranza è il punto fermo, soprattutto per noi cristiani. A nessuno è permesso disperarsi. A nessuno è permesso, anche in una realtà molto dura e difficile, non conservare la fede nella possibilità che il futuro possa essere molto migliore”.

Una situazione che sta a cuore anche a Papa Francesco. Il parroco di Aleppo ha incontrato il Papa e ha raccontato che il Pontefice prega sempre per la pace nel paese. Innumerevoli volte nel corso del suo pontificato ha chiesto ai fedeli di tutto il mondo di pregare per la fine del conflitto in Siria, oltre che invocare una negoziazione pacifica da parte della comunità internazionale. L’amore del Santo Padre per la popolazione del Medio Oriente ha incentivato ancor più Fr. Ibrahim a tornare e partecipare a questo processo di rinascita.

“Con te cresco”. Il nuovo centro estivo di Aleppo

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“Con te cresco.” È questo lo slogan scelto quest’ anno dalla parrocchia San Francesco D’Assisi di Aleppo per il centro estivo. Per due mesi quasi 350 giovani potranno partecipare a diversi corsi: dal canto, allo sport, a lavoratori artistici e linguistici.

S.E. Mons. GEORGE ABU KHAZEN ,Vicario Apostolico di Aleppo: 
“Con te cresco.” Con Cristo cresciamo e cresciamo tutti insieme, perché non possiamo crescere in Cristo se non cresciamo insieme. Cresciamo insieme se cresciamo nella pace, nell’ accettare l’altro e se possiamo vivere i nostri valori umani e cristiani.
Un tema che “nasce dal desiderio comune sia dei genitori sia della Chiesa che i nostri bambini crescano, dal punto di vista umano e da quello spirituale, come Gesù nella casa di Nazareth, “in età, sapienza e grazia davanti a Dio e davanti agli uomini”. 

MIKE HALLAQ, Dir. Esecutivo campo estivo:
"Il nostro obbiettivo è quello di far crescere i ragazzi, non solo quello di portarli qui e farli giocare. Certo vogliamo che giochino, siano felici, ma allo stesso tempo che possano fare qualcosa che li migliori.  Un progetto che quest’anno si è esteso anche alle altre parrocchie di altri riti della città: un impegno a far crescere questi bambini come discepoli di Cristo. Mettere al centro il bene di ciascuno e metterlo nelle condizioni di sviluppare le proprie capacità è uno degli obbiettivi primari di questo campo". 

ROULA MISTRIH, Responsabile campo estivo:
"Vogliamo che questo centro estivo sia per loro un “oasi felice”, una risorsa di gioia nelle loro vite. Mi auguro che possano migliorare la loro relazione con Gesù e allo stesso tempo accrescere i loro talenti e praticarli.
Un centro estivo che porta gioia, speranza e pace nel cuore di Aleppo 
Voglio migliorare nel disegno
Voglio migliorare nel nuoto
Voglio migliorare nella musica"