Traduci

Visualizzazione post con etichetta vescovo J. Tobji. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta vescovo J. Tobji. Mostra tutti i post

venerdì 13 settembre 2019

La Croce segna il destino dei cristiani di Aleppo


14 settembre, festa della Croce Gloriosa particolarmente venerata dai Cristiani siriani. 
La tradizione riferisce che dobbiamo all'imperatrice Elena la scoperta della Vera Croce. La madre di Costantino seguì suo figlio fino a Costantinopoli, dove soffrì gravemente per gli eccessi dell'Imperatore, per questo si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme. 
L'imperatore Adriano (76-138), dopo aver distrutto Gerusalemme e cacciato gli ebrei dal loro paese (136), aveva ribattezzato la città Aelia Capitolina e l'aveva fatta ricostruire e rimuovere da ogni memoria giudaico-cristiana; sul Golgota, luogo del Calvario, fece innalzare un tempio a Venere. 
Sant'Elena non trovò altro che rovine e rovine pagane nella Città Santa. 
La leggenda dice che per trovare la Croce, Elena accese un fuoco sulla cima del Golgota: ecco per quale ragione a Maaloula e in altre città cristiane nella notte del 13 settembre si accende il fuoco della Santa Croce. 
"In hoc signo vinces".

“Noi cristiani nel limbo, la sanzioni uccidono come la guerra"



di Gian Micalessin

Monsignor Joseph Tobji ci riconosce, ci sorride da lontano, alza il bastone pastorale, indica la facciata della cattedrale. “Guardate com’è cambiata”. Alziamo lo sguardo. Per anni la cattedrale maronita di Sant’Elia è stata un simbolo della guerra di Aleppo. Le granate l’avevano colpita, trafitta, martoriata. Nel 2012, quando ci venimmo per la prima volta,  i ribelli erano un centinaio di metri poco più indietro. Per avvicinarsi, bussare e riuscire ad entrare bisognava sfidare i loro colpi di mortaio.
Per sei lunghi anni nulla era cambiato. Ora invece la vecchia cattedrale annerita dal fumo degli incendi, morsicata dalle granate  è nascosta da un intrico di ponteggi e impalcature. Da qualche settimana si è trasformata in un enorme cantiere a cielo aperto. Lì tra cavi e tramezzi si arrampicano come formiche operose restauratori  e muratori.  Il vescovo maronita ride felice. Rievoca i brutti tempi andati. “Questa cattedrale un tempo era sulla linea del fuoco. Una volta i ribelli sono arrivati fino al portone d’ingresso, un’altra un obice ha sfondato la camera da letto di un nostro  vicino e l’ha fatto a pezzi nel suo letto… dopo sette anni  è ancora così non l’hanno neppure rimessa a posto” –  ricorda il vescovo indicando la voragine al secondo piano  del palazzo alla  destra della cattedrale.
Nel 2012 le prime granate avevano colpito la cupola lassù, poi un paio di missili erano caduti sul tetto. Un giorno mentre stavo lavorando  nel mio ufficio nella torre una gragnuola di colpi ha fatto tremare tutto l’edificio. Quel giorno ho detto basta… io chiudo. Ora la stiamo ricostruendo, fra un po’ la riapriremo ai fedeli. Un po’ di soldi li abbiamo raccolti qui, un po’ sono arrivati dall’estero e questo ci ha consentito di dare il via ai lavori. Ma fondamentale è anche il lavoro di un gruppo architetti italiani che ci aiutano a rimettere insieme i pezzi”.
Monsignor Tobji si blocca. Alza la mano. “Ma attenzione ricostruire la chiesa non basta. Qui ad Aleppo Ovest non c’è un metro quadrato che sia rimasto sano, se non s’incomincia a rimettere in piedi  anche il resto la gente non torna”. Dice gente, ma pensa soprattutto ai cristiani, alla tribù perduta di questa città. Aleppo un tempo era il terzo centro cristiano del Medioriente, ospitava tra le sue mura oltre 200mila fedeli. Oggi oltre la metà ha abbandonato le proprie case, vive all’estero e si guarda bene dal tornare. “Perché mai dovrebbero tornare? Come possiamo chiedergli di farlo se non possiamo  offrirgli un lavoro, se non siamo in grado di garantirgli  il sostentamento delle loro famiglie” – sospira rassegnato il monsignore. “Molti dicono che la guerra è finita, ma non è vero. Qui nel centro di Aleppo la situazione è tranquilla, ma ai confini sud occidentali della città le bombe e i missili dei ribelli jihadisti di Idlib continuano ad uccidere. Perché la comunità internazionale non dice niente? Perché l’Europa non fa nulla?”.

Ad ogni parola, ad ogni frase la preoccupazione per il presente sembra scacciare la felicità per l’imminente rinascita della cattedrale. “Voi in Europa forse ve lo siete dimenticati, ma dove non arrivano le bombe arrivano le sanzioni. Uccidono anche quelle, sapete? Pensate ai bambini, ai malati, agli anziani  che non trovano cibo e medicine. Oggi da questo punto di vista è anche peggio di prima. Quando si sparava t’accontentavi di sopravvivere, di tutto il resto non t’importava. Oggi invece i cristiani tornano qui,  cercano di  capire se è possibile tornare a casa, ma scoprono che non si trova la benzina, che spesso non c’è il gas per il riscaldamento e che nelle farmacie mancano delle medicine indispensabili. E allora dopo aver  dato un occhiata rimettono i lucchetti alle case e se ne tornano all’estero. Alcuni fedeli rassegnati se ne sono andati negli ultimi mesi dopo aver resistito per tutti gli anni dell’assedio. Insomma la guerra forse è finita, ma  la situazione per noi cristiani non è migliorata. Sotto le bombe avevamo paura ma conservavamo la speranza. Oggi molti di noi hanno perso anche quella”.

venerdì 30 settembre 2016

"Aleppo che soffre, pezzo della guerra mondiale a pezzi" : vescovo Tobji

  Aleppo che soffre. Di questa tragedia sono pieni i quotidiani e le radio. Monsignor Joseph Tobji, arcivescovo di Aleppo dei maroniti, è testimone diretto di tali sofferenze. E ce ne parla a Roma, dov’è riuscito ad approdare momentaneamente in questi giorni.


Intervista di Davide Malacaria  


Sui giornali si legge di Aleppo assediata, la zona orientale, quella in mano ai ribelli, e si condannano i bombardamenti russi su quella zona della città.
Certo, le bombe di aereo uccidono. Ma uccidono anche i missili e i proiettili di artiglieria. Come anche le cosiddette armi leggere. E se Aleppo Est è sottoposta ai bombardamenti, anche nella parte occidentale, quella dove mi trovo io, si muore. Ogni giorno da quattro anni. Da quando i terroristi hanno preso una parte di Aleppo e hanno iniziato a tirare sui civili che vivono nelle zone libere i loro ordigni di morte. Ne hanno in abbondanza, Quelli fatti artigianalmente e quelli più che sofisticati forniti loro dall’Occidente e dall’Arabia Saudita.

Scusi ha parlato di terroristi, per l’Occidente sono ribelli. E ribelli moderati…
In Occidente c’è strano concetto di moderazione. Non fanno manifestazioni di piazza. Sparano con cannoni e mortai sui civili innocenti… sono questi i “moderati”?

Sì ma ci sono varie fazioni: al Nusra, jihadisti, Esercito libero siriano. Tutti uguali?
Certo che sì. E tanti di loro sono stranieri. Terroristi sauditi, libici, ceceni, ma anche d’Occidente, dove tornano poi a far stragi, come avete visto in questi anni.

Torniamo all’assedio di Aleppo Est da parte delle forze governative
Per molto tempo a essere tagliata via da ogni rifornimento è stata la parte sotto il controllo di Damasco. Abbiamo fatto la fame per mesi. E patito la sete, anche perché spesso i terroristi chiudevano i rubinetti dell’unica centrale idrica che è sotto il loro controllo (cosa che fanno ancora quando gli serve). Sofferenze che non hanno suscitato alcun interesse internazionale. Oggi che l’esercito siriano tenta di riprendere la zona controllata dai terroristi cercando di tagliargli le vie di rifornimento, ciò suscita interesse…

I media occidentali parlano di assedio
Sono gli stessi che approvano le sanzioni, che hanno avuto gli effetti di un assedio per la popolazione siriana, anzi peggio di un assedio. Le sanzioni hanno impoverito un’intera nazione, affamato un popolo. Tanti dei profughi che scappano verso l’Occidente lo fanno perché ridotti alla fame: non c’è lavoro, nessun futuro. Un assedio crudele, dove sono negate anche le medicine per i bambini, i ricambi per le apparecchiature mediche. E si scrive dell’assedio di Aleppo Est…

Ma in questi anni sono giunti anche aiuti umanitari.
A volte, anche ad Aleppo è arrivato qualcosa. Davvero poca cosa per l’immane bisogno. Cosa strana i convogli della Croce rossa erano destinati a tutta Aleppo. Così arrivavano sia alla parte assediata, che allora era quella sotto il controllo di Damasco, che alla parte sotto il controllo dei terroristi, che pure non era assediata ed era più che prospera.

Torniamo ai bombardamenti…
Certo, i bombardamenti addolorano, ci sono civili che abitano in quella zona, si tratta di innocenti. Io sono solo un pastore e al riguardo posso solo riportare l’opinione della gente della città, che ritiene che l’esercito siriano stia facendo quel che è giusto per proteggere i suoi cittadini dalle aggressioni di questi terroristi. Ancora oggi, tutti i giorni, nella parte occidentale continuano a piovere razzi e colpi di mortaio. E ogni giorno piangiamo i nostri morti. Ma, evidentemente, non fanno notizia come i morti altrui…

Come vivono i civili vivono sotto il controllo dei jihadisti?
Hanno loro leggi, ferree, di derivazione wahabita, i loro tribunali… non credo che ai siriani piaccia stare loro sottomessi. Basti pensare che le due aree di Aleppo, quella Est. occupata di terroristi, e quella Ovest, controllata da Damasco, hanno la stessa estensione territoriale. E avevano più o meno gli stessi abitanti. Oggi a Est ci sono 300mila abitanti, a Ovest un milione e 300mila. Chi ha potuto, è scappato dalle mani di questi fanatici.

Invece l’islam siriano è sempre stato moderato…
Certo, anche adesso, sotto le bombe, i rapporti tra cristiani e islamici sono più che buoni, com’è tradizione antica in Siria. Se vincono i terroristi tutto questo sarà spazzato via.

E la vita cristiana come procede sotto le bombe?
Grazie a Dio tante cose ci confortano e conservano alla fede. I fedeli continuano a venire a messa, anche se ormai viene celebrata nella cappella dell’arcivescovado, dal momento che le due chiese maronite della città sono state distrutte. E tanti sono i ragazzi che frequentano l’azione cattolica o i gruppi scout. Compatibilmente con la situazione, ovviamente. Cerchiamo di evitare ai ragazzi rischi eccessivi, ma alla fine c’è solo da affidarsi alla protezione di Dio.

A Roma ha incontrato il Papa
Gli ho portato un album che avevano fatto i ragazzi della parrocchia con le foto dei loro cari, amici e parenti, uccisi dalla guerra. Accompagnato dalle loro firme. Quando il Papa ha iniziato a sfogliarlo è rimasto scosso. Hanno dovuto sorreggerlo. Ha pianto. E con lui abbiamo pianto un po’ tutti…

Tanto dolore. Cosa può confortare?
Quello che fa il Signore. Siamo nel tempo della croce, associati alla passione del Signore. Al suo dono di carità per la salvezza del mondo. Ma anche alla sua resurrezione. E tante sono le testimonianze di carità tra la mia gente, sia nell’aiuto al prossimo, islamico o cristiano non ha importanza, che di fede.

Un esempio?
Due. Un tale che si professava cristiano è stato rapito. Era cristiano modo suo, secondo disegni misteriosi del Signore, dal momento che non frequentava la messa e non so se conoscesse qualche preghiera. Nonostante questo, i suoi rapitori gli hanno piantato un coltello alla gola per farlo abiurare. Ai tagliagole continuava a ripetere che lui era cristiano, facessero pure quel che volevano non avrebbe rinnegato Gesù. È finita che lo hanno liberato. La sua storia ha confortato tanti tra noi… Poi c’è un altro che, rapito, ha iniziato a far catechismo all’emiro che lo interrogava sempre più incuriosito. Capitano cose così in Siria. E tante altre, magari meno conosciute, che sostengono la nostra fede.

Cosa chiede all’Occidente?
La guerra siriana è solo un pezzo di quella guerra mondiale fatta a pezzi di cui parla spesso il Papa. Si devono mettere d’accordo russi e americani. Certo, il meccanismo delle tregue esplorato finora, e iniziato quando i terroristi hanno cominciato a essere messi alle strette, non ha dato risultati. Anzi, i sostenitori dei terroristi hanno usato le tregue per rifornirli di armi e far entrare in Siria altri miliziani, così che poi questi assassini hanno aumentato la ferocia dei loro attacchi. Così, quando sentiamo di nuove tregue, in Siria iniziamo a tremare… Pare che uno dei punti di contrasto tra i potenti sia la gestione futura delle ricchezze siriane e chi sosterrà la ricostruzione. Sono miliardi e miliardi di dollari.

Non vede speranze?
Come detto, non si può che sperare che i potenti del mondo trovino un accordo. Nel nostro piccolo possiamo solo pregare. Cosa che chiedo anche ai lettori di questa intervista. Non si tratta solo di pregare per dei fratelli che sono in difficoltà. Siamo un corpo solo: se un membro è ammalato, è tutto il corpo a soffrire. Così pregando per i fratelli lontani che sono nelle angustie, ognuno di fatto prega anche per sé, per la sua anima. Un aiuto a vivere la propria fede.